La Libia divide ancora di più il governo. Di Maio: “Porti chiusi? Misura occasionale”
Il caos di queste settimane in Libia, con gli scontri tra le truppe del generale Khalifa Haftar e l’esercito del governo guidato da Fayez al-Serraj, alimenta le divisioni all’interno del governo italiano.
Se sia Lega che Movimento Cinque Stelle hanno escluso l’intervento militare in Libia, c’è un punto su cui i due leader del governo giallo-verde non sono per niente d’accordo. Quello sugli sbarchi dei migranti in arrivo dal paese africano, considerato “un porto sicuro” da Matteo Salvini prima dell’escalation degli ultimi giorni.
L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha sottolineato invece l’urgenza della questione. Come spiegato anche dalla ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, in caso di guerra in Libia, le persone che arrivano da quel paese devono essere accolte obbligatoriamente, in quanto rifugiati e non più “solo” migranti.
Davanti al rischio di un aumento degli sbarchi dalla Libia, dunque, Di Maio ha spiegato come l’emergenza in Libia imponga all’Italia una riflessione e una risposta che non sia solo quella dei porti chiusi.
“Chiudere un porto è una misura occasionale – ha dichiarato il leader del M5s in un’intervista al Corriere della Sera – e di fronte a un intensificarsi della crisi non basterebbe. Quella dei porti chiusi è una misura risultata efficace in alcuni casi quando abbiamo dovuto scuotere l’Unione europea, ma pur sempre occasionale”.
“Sarebbe utile – ha continuato Di Maio – se il premier Conte e i ministri competenti convincessero Viktor Orbán (il presidente ungherese fortemente contrario alla redistribuzione dei migranti, ndr) e i suoi alleati in Europa ad accettare le quote di migranti che arrivano in Italia”.
“Non ci si può lamentare dei migranti – ha continuato – se poi si stringono accordi con le stesse forze politiche che ci voltano le spalle”. Un riferimento, quest’ultimo, neanche troppo velato all’alleanza sovranista della Lega in vista delle prossime elezioni europee.
Secondo il vicepremier, infine, sul caos in Libia “bisogna avere testa e lavorare con responsabilità perché quello che sta accadendo non è un gioco, non è Risiko”.