Il campo rom che il comune di Roma voleva chiudere resterà aperto ma senza servizi
A Roma sono ore cruciali per capire le sorti della baraccopoli istituzionale di Camping River. Secondo il piano della giunta romana guidata dalla sindaca Virginia Raggi, presentato lo scorso maggio, il campo avrebbe dovuto essere chiuso il 30 settembre, ma negli ultimi mesi è diventato sempre più chiaro che non c’era una vera alternativa abitativa per il centinaio di famiglie ospitate nel campo.
Il 4 luglio alle famiglie è stato comunicato che si sarebbe tenuto un accertamento patrimoniale da parte della guardia di finanza. Chi fosse risultato aderente ai requisiti avrebbe potuto godere di un aiuto, da richiedere compilando una domanda.
Secondo i dati a disposizione dell’Associazione 21 luglio, che tutela i diritti umani e in particolare quelli della comunità rom in Italia, solo 5 delle 94 famiglie presenti sul campo non sono risultate beneficiarie gli aiuti, ma alcune di queste hanno fatto ricorso. Le altre 420 persone invece hanno compilato la loro domanda firmando con riserva. La riserva è stata apposta perché non venivano specificati nel documento l’entità o il tipo di aiuti. Le 89 famiglie firmatarie si impegnavano così a lasciare il campo entro il 30 settembre.
È iniziato a questo punto l’iter di audizioni di questi nuclei familiari al Dipartimento politiche sociali del comune di Roma (finora 22 famiglie sono state ascoltate, ne mancano ancora 67). Alle famiglie ascoltate è stato detto che, non appena avessero trovato un’abitazione, il comune le avrebbe aiutate per la caparra o per l’affitto. Nessun contributo è stato però quantificato.
Tuttavia, non avendo un reddito e non essendo a conoscenza della quantità e della tempistica sugli aiuti del comune, trovare una casa per queste famiglie era una missione praticamente impossibile.
“Domani finisce la convenzione con Isola Verde, la cooperative che gestisce il campo da 12 anni”, ha detto a TPI Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, il 29 settembre. Ma a sorpresa arriva una delibera del 15 settembre, diffusa tre giorni fa, che dice che le famiglie, in alternativa a un aiuto economico, potranno restare per sei mesi in una struttura ricettiva a permanenza temporanea. Si tratta appunto del Camping River, che quindi cambia nome ma resta uguale nella sostanza.
“Questa mattina il presidente del municipio Simonelli ci ha garantito che i rom resteranno lì, anche perché non hanno dove andare. Il problema è che si viene a creare una situazione di limbo estremo. Infatti le utenze, intestate alla cooperativa, saranno disattivate. Così anche il servizio di guardiania e lo sportello medico-legale. Per questo occorre trovare una soluzione”.
L’Associazione 21 luglio sottolinea che la situazione che si è venuta a creare evidenzia un doppio fallimento del piano che Grillo aveva presentato come “un capolavoro”.
Da un lato, infatti, il primo campo di cui era stata annunciata la chiusura resterà aperto. Dall’altro anche la promessa di utilizzare solo fondi europei per risolvere la questione delle baraccopoli istituzionali è venuta meno: per l’operazione Camping River, infatti, sulla base di una delibera del 28 giugno i finanziamenti sono tutti comunali.