Dieci bufale sul referendum costituzionale
Ecco una raccolta delle bufale più diffuse, dal Senato non eletto al numero di firme per i referendum, fino all'articolo 117 e al parlamento illegittimo
Il prossimo 4 dicembre i cittadini italiani saranno chiamati a esprimersi sulla riforma costituzionale. La nostra Costituzione, all’articolo 138, prevede infatti che le leggi costituzionali o di revisione costituzionale siano soggette a referendum popolare, se sono state approvate dal Parlamento con una maggioranza inferiore ai due terzi.
L’attuale riforma ha ottenuto il via libera definitivo della Camera, il 12 aprile 2016, con 361 voti favorevoli, sette contrari e due astenuti, per un totale di 368 votanti. La campagna referendaria ha raggiunto spesso, in entrambi gli schieramenti, toni esasperanti e allarmisti, anche attraverso la diffusione di informazioni faziose che raccontano solo mezze verità, indicazioni fuori contesto, fino a vere e proprie bufale create ad arte. Eccone alcune, smontate:
IL SENATO NON SARÀ ELETTIVO — Questa è l’affermazione a cui i sostenitori del No si sono appigliati più di frequente. Eppure non è vero. Il Senato sarà composto da cento membri, 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali (74 consiglieri regionali e 21 sindaci) e cinque senatori nominati dal presidente della Repubblica. La riforma prevede che le modalità di elezione dei 95 membri siano demandata a legge ordinaria. È già pronta, inoltre, la proposta di legge firmata dal parlamentare del Partito Democratico Vannino Chiti secondo la quale siano indicati sulla scheda elettorale regionale i nomi dei consiglieri che andranno a fare i senatori. Questi saranno a tutti gli effetti scelti dagli elettori e non nominati. Comunque, a prescindere dalla legge che ne normerà i dettagli, si tratta di di figure politiche assolutamente elette dai cittadini, alla carica locale, e in alcun modo nominate.
IL COMBINATO DISPOSTO TRA RIFORMA COSTITUZIONALE E ITALICUM FAVORISCE LA DERIVA AUTORITARIA — In questo caso c’è da dire che la riforma non assegna alcun potere in più alla maggioranza e al governo. Il premio di maggioranza previsto dall’Italicum scatta al raggiungimento del 40 per cento più uno dei voti o va a chi vince il ballottaggio. Non rischia quindi di trasformare una maggioranza relativa di voti – potenzialmente anche molto modesta – in una maggioranza assoluta di seggi e non vi è, a differenza del Porcellum, una grave alterazione della rappresentanza democratica. Il premier avrà gli stessi identici poteri di adesso, non potrà sciogliere le Camere né revocare ministri. E l’Italicum, già approvato a maggio del 2015, non è materia di referendum.
LA RIFORMA TRIPLICA LE FIRME NECESSARIE PER I DISEGNI DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE — La campagna del No si focalizza sul fatto che le firme passeranno da 50mila a 150mila. Ma la riforma garantisce che le leggi popolari siano votate entro tempi certi, mentre al momento quasi nessuna legge di questo tipo viene effettivamente presa in considerazione e discussa dal Parlamento. Dal 1979 al 2014, infatti, sono state discussi solo il 43 per cento dei disegni di legge di iniziativa popolare e di questi solo quattro sono diventati legge. L’articolo 71 prevede inoltre l’introduzione di due nuovi tipi di referendum popolari, quelli propositivi e d’indirizzo, per ampliare la partecipazione dei cittadini.
AUMENTA IL NUMERO DELLE FIRME PER I REFERENDUM ABROGATIVI — Non è vero che aumenta il numero delle firme da raccogliere per un referendum abrogativo. Rimangono 500mila, ma è introdotto un quorum minore per i referendum sui quali sono state raccolte 800mila firme anziché 500mila. In questo caso, per rendere valida la consultazione basterà la metà dei votanti delle ultime elezioni politiche, invece della metà degli iscritti alle liste elettorali. Stando all’affluenza delle ultime elezioni, il quorum sarebbe del 37,6 per cento.
LA RIFORMA È STATA APPROVATA DA UN PARLAMENTO ILLEGITTIMO — La sentenza della Corte Costituzione n.1 del 2014 dice che l’attuale Parlamento, pur essendo stato scelto con la legge elettorale Porcellum, definita incostituzionale, è perfettamente legittimato a legiferare. Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto.
L’ARTICOLO 117 È SEGRETO E PREVEDE IL TOTALE ASSOGGETTAMENTO DELL’ITALIA ALL’UE — L’attuale testo costituzionale recita: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. La riforma lo modifica così: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali”. É stata così aggiornata la definizione, da Comunità europea a Unione europea. Gira tanto, in questi giorni, la notizia di un famigerato articolo 117 segreto, che potrebbe significare la definitiva perdita della nostra sovranità nazionale all’indomani del voto, perché dentro la nostra Costituzione ci sarà scritto che l’Italia dovrà eseguire gli ordini di Bruxelles. Non si tratta né di un articolo segreto né dello smascheramento di un complotto. Il testo della riforma è pubblico da mesi e quello definitivo, approvato dalla Camera, si trova su tutti i siti istituzionali e di informazione del paese. Parlare di segretezza o di complotto è quantomeno fuorviante, per non dire disonesto. Per quanto riguarda il merito dell’articolo, non introduce nulla che non fosse già esplicitato nel precedente articolo 117, si limita a sostituire il generico “ordinamento comunitario” con “ordinamento dell’Unione europea”, mantenendo poi la dicitura “obblighi internazionali”.
SI TRATTA DI UNA RIFORMA FATTA DAL GOVERNO, “A BOTTE DI FIDUCIA” — Il governo ha solo presentato il ddl. Il testo della riforma, che ha poi subito centinaia di modifiche nei vari passaggi parlamentari, è stato presentato dal presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e dal ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, e approvato dal Consiglio dei ministri il 31 marzo 2014 e presentato al Senato l’8 aprile 2014. Mai una volta è stato posto il voto di fiducia.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ ESSERE ELETTO DA UNA MAGGIORANZA RISICATA — Attualmente la sola maggioranza può eleggere il presidente della Repubblica, a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Con l’Italicum la maggioranza avrà 340 parlamentari, ma per eleggere il presidente ci vogliono almeno 438 voti, dunque la maggioranza dovrà trovare un accordo con altre forze politiche. La riforma prevede che il presidente sia eletto solo da deputati e senatori senza, i delegati regionali — dal momento che gli stessi senatori sono espressione degli enti territoriali. Cambiano anche i quorum per l’elezione: ai primi tre scrutini servirà la maggioranza dei 2/3, dal quarto al sesto i 3/5 degli aventi diritto e dal settimo i 3/5 dei votanti.
IL QUESITO È STATO FORMULATO VOLUTAMENTE IN MANIERA INGANNEVOLE — In questo caso vi sono stati ricorsi contro il quesito referendario, tutti respinti. Si tratta di quello presentato dal Movimento Cinque Stelle e Sinistra italiana al Tar del Lazio, e di altri due presentati al tribunale civile di Milano dall’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, contro la legge istitutiva del referendum, la n. 352 del 1970. Secondo Onida, la legge sarebbe incostituzionale nella parte in cui non prevede che il voto referendario debba svolgersi su un quesito omogeneo e, di conseguenza, apre alla possibilità che un unico quesito referendario contenga anche temi diversi al suo interno. In entrambi i casi i tribunali hanno ritenuto perfettamente legittimo il quesito posto così com’è, ossia con il titolo della riforma: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione», approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”.
PIL E RISPARMI – “Se vince il Sì aumenta il Pil”, dicono i sostenitori del Sì, ma è impossibile dichiararlo con certezza. Il Sì potrebbe significare stabilità, favorevole per i mercati, ma non basta per dichiarare un aumento del Pil. Così come sono molti i dubbi sulla portata dei risparmi effettivi derivanti dalle modifiche introdotte dalla riforma. Il governo parla di 500 milioni di euro l’anno, ma è impossibile calcolarlo adesso con certezza.
GOVERNO TECNICO – Sempre a proposito dei toni allarmistici e catastrofici dei sostenitori del Sì, c’è da dire che non è vero, come sostengono, che l’Italia sarà condannata ad avere governi tecnici in eterno. È una conclusione esagerata.
ALTRE BUFALE SPARSE — Un’altra diceria, condivisa migliaia di volte sui social network, e nata probabilmente con intento ironico, sostiene che ci sarebbe in atto un complotto per cancellare i voti espressi a matita per modificarli e consiglia quindi di portare una penna. Inutile dire che presentarsi al seggio elettorale con una penna equivale all’annullamento del voto. Non si contano poi le foto artefatte, i fotomontaggi che associano personaggi insospettabili all’una o all’altra campagna, o che mettono in bocca frasi false di sostegno al Sì o al No.
— LEGGI ANCHE: Perché votare Sì o No al referendum costituzionale, l’intervista a Vincenzo Cerulli Irelli e Giovanni Maria Flick