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Blitz Bardonecchia, il sindaco: “Ecco cosa non torna nella ricostruzione del ministro francese”

Immagine di copertina
Il sindaco di Bardonecchia Francesco Avato

Il sindaco di Bardonecchia, Francesco Avato, risponde al ministro francese Darmanin sull'irruzione della polizia francese nelle sale della Ong

“Abbiamo rapporti con i comuni francesi di frontiera che funzionano benissimo, è chiaro che questo episodio ci ha preso alla sprovvista, faremo forse un incontro venerdì con tutti i sindaci di confine per ribadire la nostra amicizia. Noi, qui a Bardonecchia, stiamo risolvendo un problema ai francesi”.

A parlare è Francesco Avato, sindaco del piccolo comune piemontese, che abbiamo incontrato nelle sale del Municipio.

Le sue parole giungono all’indomani dell’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal ministro francese dei Conti pubblici con competenza sulle dogane, Gérald Darmanin, che è tornato sull’episodio di venerdì 30 marzo, quando la polizia della dogana francese ha fatto irruzione senza autorizzazione in un centro di accoglienza utilizzato dalla ong Rainbow4Africa (TPI ha intervistato Eloisa Franchi della Ong “Rainbow4Africa”) per svolgere un controllo sanitario a un migrante.

I nostri accordi di cooperazione doganale sono assolutamente classici. Regolano un ‘diritto di seguito’ per i controlli cominciati in una parte della frontiera e proseguiti dall’altra, e danno ai doganieri italiani le stesse facoltà sul suolo francese che hanno i nostri su quello italiano. Tengo a sottolineare questa reciprocità. In ottemperanza a questi accordi, è stato previsto che quei locali siano messi a disposizione dalle Ferrovie italiane ai doganieri francesi.

Quel che mostra il controllo effettuato venerdì scorso è un malinteso sull’utilizzo dei locali messi a disposizione dal 1990 nella stazione di Bardonecchia. I nostri doganieri, che li utilizzano due o tre volte al mese, avevano capito che gli stessi locali erano usati occasionalmente, da qualche mese, per permettere a persone in situazione precaria di passarvi la notte”, ha detto il ministro.

Proprio su questo punto il sindaco Avato ha chiarito: “Da febbraio 2017, le stanze dove è avvenuta l’irruzione sono state date in concessione da RFI (le Ferrovie Italiane) alla polizia di Bardonecchia, che ne ha la piena disponibilità”.

“In realtà”, prosegue il sindaco, “già da fine dicembre ci siamo attivati per chiederne la disponibilità e mettere quelle sale a disposizione del numero crescente di migranti che – intenzionati a compiere la nuova rotta verso la Francia – finivano per dover essere soccorsi e aiutati dai nostri volontari una volta riportati in stazione dalla polizia francese, che li aveva respinti al confine. È per questo motivo che, dopo aver istituito un tavolo operativo, abbiamo dato le sale ai volontari di Rainbow4Africa e ai mediatori culturali che stanno facendo un ottimo lavoro”.

“I gendarmi francesi frequentano la stazione tutti i giorni, sanno bene come funzionano le cose. Per questo mi suonano strane le parole del ministro”, ha proseguito Avato.

Ma proprio sui doganieri francesi il ministro Darmanin ha detto: “Credo che i doganieri francesi abbiano fatto il loro lavoro in modo rigoroso, nel rispetto del diritto e del nostro quadro di cooperazione. Il rapporto non menziona alcuna arma, contrariamente a quanto mi è parso di sentire. Nelle nostre procedure, l’utilizzo di armi in pugno è autorizzato unicamente per far fronte a una situazione di pericolo. Per quanto è a mia conoscenza, questo non è stato il caso”.

“Gli agenti della dogana francesi sono un corpo di polizia a tutti gli effetti, e sono quindi dotati di armi, ma il punto non è questo”, ha specificato il sindaco piemontese.

“Operazioni di polizia giudiziaria condotte da un corpo straniero su suolo italiano devono essere compiute solo in compresenza con la polizia del territorio, o previa autorizzazione di un magistrato, o ancora nel caso in cui ci sia una flagranza di reato e un inseguimento, ma con con immediata comunicazione alla polizia italiana: tutte condizioni che non si sono verificate”.

“Peraltro”, sottolinea il sindaco, “fino a poco prima dell’irruzione, i gendarmi francesi hanno lavorato in pattuglia mista con le nostre forze di polizia, dopo un po’ si sono distaccati e hanno preso questo ragazzo che dalla Francia arrivava in Italia. Poi si sono introdotti lì dentro dove c’è un cartello che esplicitamente dice “vietato l’ingresso ai non autorizzati”.

“È stata fatta una cavolata, che l’abbiano fatta per dare un segnale, perché sono sprovveduti o perché si ritengono più furbi di noi non è dato sapere. Noi qui lavoriamo non certo per favorire l’espatrio di ragazzi, ma esattamente per il contrario, cosa che a loro non può che giovare”, ha concluso il sindaco.

Ma anche sui controlli effettuati sul migrante, in possesso, peraltro, di tutti i documenti necessari, le affermazioni del ministro francese non tornano: “La persona oggetto dei controlli ha dato il suo consenso per iscritto a sottomettersi al test delle urine. I nostri doganieri hanno preferito effettuarlo nel locale della stazione di Bardonecchia piuttosto che sul treno. Questo per garantire la privacy della persona. Hanno chiesto all’associazione presente nel locale di permetterne l’accesso. Cosa che, a mia conoscenza, non è stata loro rifiutata”, ha detto Darmanin.

Nella giornata di giovedì 5 marzo, Il sindaco di Bardonecchia e un funzionario delle Ferrovie sono stati sentiti, in Questura a Torino, come persone informate sui fatti riguardo al blitz dello scorso 30 marzo.

TPI ha incontrato anche Roland, mediatore culturale della rete dei comuni solidali “Recosol”, presente durante l’irruzione della polizia francese del 30 marzo, che ha nettamente smentito il ministro: “Il ragazzo non ha firmato assolutamente nulla, non ha dato il suo consenso, peraltro non capiva il francese, ma solo l’inglese e l’italiano, abbiamo chiesto infatti ai poliziotti francesi se avessero bisogno di aiuto per la traduzione”.

Roland ha aggiunto: “Il ragazzo aveva un treno Parigi-Milano, aveva tutti i documenti in regola. I poliziotti sono entrati qui armati, non hanno chiesto nulla, non era un atteggiamento di chi chiede il permesso. Nessuno è entrato mai qui armato prima d’ora. La colpa del ragazzo era solo quella di essere sul treno sbagliato”.

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