Il biotestamento è una conquista per la dignità della persona, ora spetta a noi rendere effettivo questo diritto
Il commento di Domenico Pittella e Vincenzo Davide Greco all'indomani dell'approvazione della legge sul biotestamento
È stata approvata il 14 dicembre 2017 in via definitiva la legge su “Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”, ed è entrata in vigore il 31 gennaio 2018.
La riforma ha il merito di rendere effettivo il dettato della Costituzione, laddove si opta per la centralità della persona e si accoglie il principio di autodeterminazione in ambito sanitario, alla luce dagli articoli 2, 13 e 32.
Non solo viene chiarito che il consenso informato è alla base del rapporto paziente – operatore sanitario ma, ed è questa la più rilevante novità, si potrà manifestare la propria volontà in materia di trattamenti sanitari anche per i casi in cui eventi sopravvenuti non rendano possibile decidere in maniera attuale.
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La disposizione riporta alla mente il caso di Eluana Englaro, costretta a rimanere in una condizione di stato vegetativo permanente, fino al momento in cui, all’esito di infinite battaglie legali, si è ricostruita la volontà che Eluana avrebbe manifestato qualora avesse conosciuto del suo stato di salute.
È proprio a questa ipotesi che il legislatore ha fatto riferimento quando ha specificato che le disposizioni anticipate di trattamento riguardano anche “le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”.
Autodeterminazione significa dignità ed è questa l’opzione accolta dalla riforma: quando il soggetto si trova sottoposto a cure artificiali, il proseguimento di questa condizione potrebbe essere in conflitto con il suo senso di dignità ed è allora giusto che vengano rispettate le sue volontà.
Rifiuto delle cure artificiali non è eutanasia né suicidio assistito, non previsti nel nostro ordinamento.
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La riforma è netta nel principio accolto ma occorre dare effettiva attuazione alla stessa, quanto meno sotto due versanti.
Il primo è quello relativo ai “beneficiari” della riforma: occorre informare sulle modalità previste per dare attuazione al diritto di scelta in maniera tale che chi vorrà potrà depositare le proprie volontà.
Il secondo è quello relativo all’obiezione di coscienza: occorre organizzare il sistema sanitario per garantire effettivamente il diritto riconosciuto. Ancora una volta può ricordarsi quanto accaduto ad Eluana: nonostante un provvedimento del giudice avesse condannato la Regione Lombardia ad interrompere le cure artificiali, quest’ultima si trincerò dietro l’obiezione di coscienza.
Ma i giudici hanno chiarito che “solo gli individui hanno una coscienza, mentre la coscienza delle istituzioni è costituita dalle leggi che le regolano”.
Occorrerà allora assicurare che nelle strutture sanitarie vi sia personale disposto a garantire l’autodeterminazione dei pazienti, anche con riferimento alla interruzione di cure artificiali. A tal fine ben vengano bandi ad hoc sul modello del bando “Zingaretti” sull’interruzione di gravidanza.
Da ultimo, va detto che il personale sanitario esce rafforzato con questa riforma perchè se da un lato si chiarisce l’importanza del consenso informato, dall’altro si assicura che gli operatori sanitari non possano rispondere civilmente o penalmente per gli atti eseguiti nel rispetto dell’autodeterminazione del paziente.
Intanto, deve prendersi atto che il principio di dignità della persona è stato accolto in maniera inequivocabile: spetterà a ciascuno di noi rendere tale diritto effettivo.
Il commento è a cura di Domenico Pittella, docente in diritto sanitario deontologia e bioetica all’Università La Sapienza ROMA e Vincenzo Davide Greco, Dottore di ricerca in diritto amministrativo dell’Università degli studi Rome Tre.