Bambini dai 7 ai 9 anni costretti a prostituirsi con il consenso dei genitori per pochi euro: il fenomeno della prostituzione minorile in Italia
In provincia di Palermo alcune indagini hanno fatto luce su un giro di prostituzione minorile imponente. Ma quali sono le conseguenze di queste violenze sui bambini?
A Trappeto, a 60 chilometri da Palermo, una bambina di 9 anni era costretta dai genitori a compiere atti sessuali con degli “amici” del padre.
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La somma per la prestazione della bambina, da quanto riportato da lei stessa agli investigatori in presenza degli psicologi, era di 5 euro per un bacio sulla guancia e 25 per “qualcosa in più”.
A rendere ancora più tragica la vicenda della piccola, la quale viveva con la famiglia in una situazione di totale degrado, il fatto che la madre non solo partecipava a questi incontri insieme alla figlia ma aiutava il padre nella gestione degli appuntamenti.
La bambina racconta nei dettagli ciò che subiva: veniva portata dal padre, bracciante agricolo, a raccogliere i pomodori.
Ad attenderli c’era un uomo anziano.
A quel punto il padre, come faceva spesso, le abbassava i pantaloni e le mutande e assisteva alla violenza.
I fatti, resi noti in questi giorni, risalgono all’estate del 2017 quando i militari notarono sul ciglio di una strada appartata la bambina con un uomo.
I genitori della vittima e i clienti, un uomo di 61 anni e un pensionato di 78 sono stati arrestati. La bambina è stata affidata a una casa famiglia.
Ma questo è solo l’ultimo caso avvenuto in Italia.
Nel 2014 nel quartiere ZEN di Palermo, una madre ha venduto la figlia di 14 anni a diversi clienti nel corso di due anni e in quell’occasione si seppe pure di dodicenni vendute per un abbonamento a Sky.
Il 24 giugno dello stesso anno Chicca, una bambina di 6 anni residente a Caivano, precipita dall’ottavo piano di un palazzo a Parco Verde. Chicca viene portata lì dall’orco, conoscente della madre. La bambina di dimena, si oppone, non vuole e così l’uomo a quel punto decide di lanciarla dal balcone.
Le prime indagini hanno fatto luce su un giro di prostituzione minorile imponente a cui non solo la bambina era sottoposta dal silenzio della madre e dei parenti ma che coinvolgeva diversi minori. In molti sapevano, ma nessuno ha parlato.
Nell’ottobre del 2016 queste vicende toccano anche Roma: battezzate dalla stampa le “baby prostitute dei Parioli” queste giovanissime di circa 14 anni offrivano il loro corpo a diversi uomini per cifre che superavano i 300 euro. Tra gli indagati risulterà anche Mauro Floriani, marito dell’Onorevole Mussolini, il quale patteggerà con la procura della Repubblica la pena di 1 anno di reclusione e una multa di 1800 euro.
Purtroppo questi sono solo i casi più noti.
Stando a quanto riporta il Telefono azzurro sembra che siano in aumento anche i casi di violenza sui bambini non accompagnati che giungono sulle nostre coste.
Bambini che spariscono nelle falle dei centri di accoglienza e di cui poi non si sa più nulla.
Ma quali sono le conseguenze di queste violenze sui bambini?
TPI ha intervistato il Professore Pietro Ferrara, coordinatore del tavolo tecnico abuso e maltrattamento della Società Italiana di Pediatria e Giudice Onorario presso il Tribunale per i minorenni di Roma.
Quali sono le conseguenze psicofisiche su un bambino che subisce violenza?
Se una persona subisce una violenza sessuale contemporaneamente subisce varie fattispecie di violenza e maltrattamenti.
Da qualche anno infatti in maniera più completa si parla di adverse childhood experiences cioè di esperienze avverse vissute nell’infanzia.
Le conseguenze sono sia sul piano psicologico che sul piano fisico.
Dal punto di vista psicologico e comportamentale si possono sviluppare ansia, depressione, comportamenti cosiddetti eccessivi come tendenze suicidarie, condotte violente come aggressività e cambi del carattere. Dal punto di vista comportamentale possiamo riscontrare isolamento sociale e riduzione dell’ autostima.
Questi tipi di stress possono determinare anche conseguenze sul piano organico: è stato dimostrato da tanti studi in letteratura che un bambino che subisce violenza sessuale ha delle attivazioni di aree cerebrali che normalmente non verrebbero attivate e riduzioni significative di parti del cervello, come l’ippocampo.
Vi sono conseguenze più gravi sul bambino se a fare violenza è un familiare stretto, come un genitore, o una persona estranea?
Dobbiamo prima di tutto considerare i fattori di vulnerabilità come l’età (più è piccolo il soggetto e maggiori saranno le conseguenze), le età al di sotto delle quali le conseguenze sono maggio sono comprese tra i 9 e i 10 anni.
Un altro fattore che incide in maniera significativa sulle conseguenze di un abuso, è rappresentato dal grado di parentela dell’autore della violenza, in quanto più il soggetto abusante è “vicino” al bambino più quest’ultimo ne subirà le conseguenze, in quanto il bambino perde la fiducia nel suo punto di riferimento: si sente tradito da colui che doveva proteggerlo più di tutti.
Non si può, inoltre, trascurare la durata del maltrattamento e dell’abuso: più l’evento si ripete nel tempo maggiori saranno le conseguenze per la vittima.
Geneticamente ci sono persone che hanno capacità di resilienza maggiore e questo permette a qualcuno di elaborare prima il trauma e “cicatrizzare” prima una ferita che comunque resterà per sempre.
Se un genitore sospettasse una violenza sul figlio, cosa dovrebbe fare?
I comportamenti da adottare sono differenti a seconda del tipo di abusi e, molte volte, come nel caso della violenza assistita o nelle separazioni altamente conflittuali, i genitori non si rendono nemmeno conto di stare maltrattando i propri figli.
Quando si notano nel bambino lesioni o cambiamenti improvvisi di carattere bisogna parlarne immediatamente con il proprio pediatra, figura fondamentale di riferimento, il quale valuterà
sulla base della clinica e della storia, se vi sono campanelli di allarme in modo da prendere provvedimenti, come segnalare il caso all’Autorità Giudiziaria.
È fondamentale intercettare il prima possibile questi segnali di cambiamento improvviso del carattere, ma anche di repentino calo del rendimento scolastico e della autostima.
La presa in carico di una persona maltrattata varia da soggetto a soggetto, soprattutto in base ai fattori di vulnerabilità sopracitati.
Serve un supporto psicologico in cui non bisogna far finta di nulla ma elaborare ciò che è accaduto.
Una bella metafora è quella del vaso rotto: un volta rotto, il vaso, anche se ricomposto con cura, mostra sulla sua superficie il segno della “frattura”. L’importante è cominciare a vedere la crepa non come qualcosa che deturpa il vaso ma come un qualcosa che lo arricchisce.