Bambina rom scomparsa a Cagliari, la confessione del padre: “Morta soffocata da un boccone. L’ho poi bruciata in un frigo”
Ha preso la sua bambina, morta soffocata, l’ha chiusa in un vecchio frigo ai bordi della strada statale 130 e poi ha appiccato il fuoco. Slavko Seferovic, 28 anni, padre della bambina rom di un anno e mezzo scomparsa misteriosamente il 23 dicembre scorso alla periferia di Cagliari, ha raccontato nei dettagli la drammatica fine della figlioletta al gip durante l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Uta, dove è rinchiuso assieme alla moglie, Dragana Ahmetovic, da sabato 19 gennaio.
Gli inquirenti si stanno recando nel posto indicato dall’uomo per cercare di recuperare i resti della piccola. I parenti della coppia, che viveva in un campo rom vicino a Carbonia, hanno appreso solo in tarda mattinata dall’avvocato Daniele Condemi, che difende gli arrestati, della morte della bambina.
Ancora da chiarire la posizione della moglie che afferma di aver consegnato la figlia ancora viva al marito il quale le avrebbe detto che l’aveva portata in un istituto per curarla. I fatti risalirebbero ai primi di dicembre.
Da qui il racconto della coppia ai parenti sulla malattia della bambina poi smentito agli inquirenti. I due rom, che in un primo momento avevano avanzato l’ipotesi di un rapimento da parte di un gruppo di rumeni per presunti debiti di droga, si sono contraddetti più volte nel corso degli interrogatori ai quali erano stati sottoposti subito dopo l’arresto.
Da quanto si è appreso il padre avrebbe fatto quindi fatto letteralmente sparire la bambina nel timore che gli venissero portati via gli altri quattro figli.
I resti del frigo dato alle fiamme con all’interno il corpo della bimba sono stati trovati al dodicesimo chilometro della strada pedemontana che dalla zona industriale di Macchiareddu che conduce a Uta, nel Cagliaritano.
Si tratta esattamente del luogo indicato da Slavko Seferovic che – secondo quanto si apprende da fonti investigative – dopo aver bruciato il cadavere della figlia sarebbe tornato il giorno dopo per recuperare i resti e buttarli in un torrente nelle vicinanze, come se volesse celebrare una sorta di funerale della bambina.
Gli inquirenti, recuperati i resti, dovranno verificare l’eventuale presenza di tracce organiche per accertare la veridicità di quanto raccontato dall’uomo.