Appalti pubblici: la Commissione europea avvia una procedura d’infrazione contro l’Italia
Il 24 gennaio 2019 la Commissione europea ha avviato la procedura d’infrazione n. 2018/2273 contro l’Italia con la lettera di costituzione in mora indirizzata al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, per la mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici. In particolare: la direttiva 2014/23/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, la direttiva 2014/24/Ue sugli appalti pubblici e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali. Direttive europee che con il d.lgs. n. 50/2016, il Codice dei contratti pubblici, venivano recepite all’interno del nostro ordinamento giuridico, attesi gli obiettivi di armonizzazione che concernono lo Stato italiano in qualità di Stato membro dell’Ue.
Le direttive, intese come fonti del diritto dell’Unione europea dotate di efficacia vincolante, non hanno effetti diretti tali da essere immediatamente applicabili dagli operatori del diritto. Necessitano di essere recepite dal legislatore interno per mezzo di conformi provvedimenti di attuazione, eccetto il caso in cui contengano disposizioni self-executing, che, come i regolamenti, hanno il potere di incidere direttamente nella sfera giuridica del singolo cittadino.
Ed ecco che la Commissione rileva disposizioni non conformi con la normativa europea in diversi articoli del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e nell’articolo 16, comma 2-bis, del D.P.R. n. 380/2001, il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
In particolare negli appalti pubblici la Commissione contesta le seguenti violazioni:
1. Violazione di norme riguardanti il calcolo del valore stimato degli appalti.
2. Violazione di norme riguardanti i motivi di esclusione.
3. Violazione di norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti: a) Divieto di subappaltare più del 30 per cento di un contratto pubblico; b) Obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti; c) Divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore.
4. Violazione di norme riguardanti le offerte anormalmente basse.
L’Italia è quindi inadempiente all’obbligo di corretto recepimento della normativa sovranazionale e ai conseguenti obiettivi di armonizzazione contenuti nei Trattati Ue con le normative degli Stati membri, entrando così nel mirino delle istituzioni europee che avviano, a suo carico, un procedimento di infrazione che potrebbe sfociare nell’irrogazione di onerose sanzioni pecuniarie.
Il governo gialloverde annunciava già da mesi l’avvio di urgenti riforme al Codice dei contratti pubblici, attesa la necessità di sbloccare gli investimenti e di diminuire gli oneri burocratici con mezzi di semplificazione che contribuiscono a snellire le procedure ad evidenza pubblica. Il nuovo innalzamento della soglia per il settore lavori fino a 150mila euro, tramite affidamento diretto, è stato introdotto dalla stessa legge di bilancio, per un periodo transitorio stabilito fino al 31 dicembre 2019.
In data 11 febbraio, l’A.N.A.C., l’Autorità Nazionale Anticorruzione, alla luce della lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea, delle modifiche introdotte al Codice degli appalti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché di alcune criticità riscontrate nell’attività di vigilanza dell’Autorità, ha avviato delle consultazioni on line al fine di intervenire nuovamente sul testo delle Linee guida n. 4, di attuazione del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”.
Le modifiche che si intende apportare riguardano i seguenti aspetti:
– le modalità di calcolo del valore degli affidamenti per le opere di urbanizzazione e le procedure da seguire;
– l’applicabilità dell’esclusione automatica dell’offerta anomala;
– il periodo transitorio per le soglie relative ai lavori;
– la revisione della soglia di rilevanza per il criterio di rotazione;
– le modalità di superamento delle criticità rilevate.
La Commissione europea, inoltre, con la lettera di messa in mora contesta la non conformità con la normativa europea a discapito di un restringimento eccessivo dei poteri discrezionali accordati a ciascuna stazione appaltante, circa i provvedimenti di esclusione emanati nei confronti di ciascun operatore economico partecipante alla gara d’appalto, in caso di dubbi concernenti la sua moralità e affidabilità.
Cos’è la procedura di infrazione
La fase di pre-contenzioso, ai sensi dell’art. 258 TFUE, costituisce la prima fase della procedura d’infrazione in cui la Commissione europea procede all’invio di una lettera di messa in mora allo Stato membro, quando viene rilevata la violazione di una norma europea. In questo preciso caso l’Italia avrà pertanto il termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni.
Successivamente, qualora lo Stato membro non rispetti il termine indicato nella lettera di messa in mora, oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest’ultima potrà emettere un parere motivato in cui definire in fatto ed in diritto l’inadempimento contestato e diffidare lo Stato a porvi fine. Nel caso in cui quest’ultimo non si adegui al parere motivato, la Commissione può presentare ricorso contro lo Stato in questione per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia.
Terminata la fase di pre-contenzioso, si passa quindi ad una vera e propria fase di giudizio, diretta ad accertare l’inadempimento dello Stato membro agli obblighi imposti dall’Unione, che si conclude con una sentenza. Le conseguenze di questo procedimento, in sintesi, potrebbero portare all’irrogazione di sanzioni pecuniarie che consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell’inadempimento.
Nelle stime individuate dal Dipartimento italiano per le Politiche Europee, si legge che le cifre indicate dalla Commissione per l’Italia ammontano a minimo 8.916.000 euro per la somma forfetaria e oscillano da 10.753,5 a 645.210 euro al giorno per la penalità di mora.
a) La Commissione europea contesta la non conformità dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 con le direttive 23 e 24/UE/2014, in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.
La normativa nazionale prevede infatti l’esclusione dell’operatore economico, qualora sussistano violazioni definitivamente accertate contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Il legislatore italiano ha pertanto delimitato il potere discrezionale della stazione appaltante di escludere gli operatori economici con mezzi di prova adeguati qualora sussistano dubbi sulla loro integrità o affidabilità.
L’art. 80, in particolare, concerne i requisiti morali che devono sussistere in capo all’operatore economico per questioni attinenti alla sua integrità, tale da renderlo affidabile in sede di procedura di aggiudicazione in nome del principio di buon andamento, ai sensi dell’art. 97 Costituzione. Nelle Linee Guida A.N.A.C. n. 6, considerate dalla dottrina come atti amministrativi generali e strumento di omogeneità di prassi, non si fa menzione della violazione in questione, ma soltanto della clausola meramente esemplificativa, e non tassativa, dei gravi illeciti professionali.
Le imprese, infatti, in sede di espletamento di gara d’appalto per la verifica del possesso dei requisiti, hanno l’obbligo di presentare tutta la documentazione necessaria tramite il Documento di Gara Unico Europeo, compreso il D.U.R.C., Documento Unico di Regolarità Contributiva rilasciato telematicamente dall’I.N.P.S. Le modifiche concernenti la violazione di norme riguardanti i motivi di esclusione, pertanto, dovranno riferirsi all’ampliamento dei poteri di tipo discrezionale delle stazioni appaltanti tali da escludere con provvedimenti motivati – e mezzi di prova adeguati – le imprese che, anche senza alcuna decisione resa in sede giudiziaria o amministrativa, abbiano posto in essere violazioni riguardanti gli obblighi di pagamento di imposte o di contributi previdenziali. L’onere della prova sussiste infatti in capo a ciascuna amministrazione aggiudicatrice.
b) La Commissione europea ritiene che in caso di esclusione di un operatore economico, anche in riferimento ad un suo subappaltatore, l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016 viola l’art. 57, paragrafo 4, lettera g) della direttiva 2014/24/UE e l’art. 38, paragrafo 7, lettera f), della direttiva 2014/23/UE, giacché, nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione, preclude alla stazione appaltante ogni valutazione circa l’affidabilità di tali offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata.
L’articolo 80, comma 5, lettera c) disciplina i motivi di esclusione degli operatori economici dalla partecipazione alla procedura d’appalto in riferimento alla categoria esemplificativa dei gravi illeciti professionali; tra questi rientrano anche le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne abbia causato la risoluzione anticipata, non ancora contestata in sede di giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero che abbia dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni.
La valutazione da parte di ciascuna amministrazione aggiudicatrice circa l’affidabilità di ciascun subappaltatore, in caso di grave illecito professionale, o di risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o di concessione, dovrà determinarsi indipendentemente da qualsiasi decisione resa in sede di giudizio. Il legislatore italiano, pertanto, dovrà conferire maggior potere discrezionale a ciascuna stazione appaltante, anche in caso di subappalto, circa i mezzi di prova adeguati tali da escludere gli operatori economici, in caso di mancanza di requisiti concernenti la loro moralità e affidabilità.
Ciò implica maggiori poteri discrezionali in seno a ciascuna amministrazione aggiudicatrice. In questo nuovo Codice dei contratti pubblici, infatti, non sussiste più alcuna tassatività dei motivi di esclusione, come nella disciplina previgente, essendo la clausola dei gravi illeciti professionali meramente esemplificativa.
Il tema è abbastanza “caldo” tra gli operatori del diritto, tanto da aver scatenato negli ultimi mesi un’ampia débâcle in giurisprudenza. Sono stati realizzati molteplici rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia da parte degli stessi giudici amministrativi, che, con ordinanze interlocutorie, hanno rilevato l’incompatibilità delle norme in materia di appalti pubblici e gravi illeciti professionali con la normativa europea.
Attese le tanto decantate riforme al Codice dei contratti pubblici da parte del governo gialloverde, non resta che auspicare un’urgente modifica alle norme sugli appalti circa le violazioni rilevate dalla Commissione europea nella procedura di infrazione recentemente avviata contro l’Italia. La quale, entro i prossimi due mesi, a partire dallo scorso 24 gennaio, dovrà interloquire con i propri tecnici legislativi al fine di porre rimedio alle inadempienze rilevate in sede di obblighi di conformità della normativa nazionale con quella europea.
A pena di irrogazione di onerose sanzioni pecuniarie che ammontano ad un minimo di 8.916.000 euro per la somma forfetaria e oscillano da 10.753,5 a 645.210 euro al giorno per la penalità di mora. La stessa Autorità Nazionale Anticorruzione ha tempestivamente proceduto ad avviare consultazioni on-line per l’aggiornamento delle Linee Guida n. 4, che disciplinano le procedure di affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria, entro il termine del 21 febbraio 2019.
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