Apologia del fascismo: quali sono le leggi che la considerano come reato
Apologia del fascismo | Le leggi in Italia | Applicazioni | Eccezioni
Il 25 aprile 2019 un gruppo di ultras della Lazio si è radunato in Piazzale Loreto, a Milano, prima della partita Milan-Lazio, esponendo uno striscione con scritto “Onore a Mussolini”.
Alcuni giorni dopo, il 28 aprile, è stato esposto uno striscione sul ponte di via degli Annibaldi a Roma per onorare l’anniversario della morte di Benito Mussolini: il gesto è stato poi rivendicato da Forza Nuova.
Nei primi giorni maggio, in occasione del Salone del Libro di Torino, il fondatore della casa editrice Altaforte, Francesco Polacchi, militante di Casapound, è finito al centro delle polemiche per essersi dichiarato più volte apertamente fascista.
Altaforte, che recentemente ha pubblicato anche il libro-intervista del vicepremier leghista Matteo Salvini, è stata denunciata dalla sindaca di Torino, Chiara Appendino, e dal governatore della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, per apologia al fascismo. Conseguentemente Polacchi è stato indagato.
Sono passati circa 67 anni dall’approvazione della Legge Scelba, precisamente il 20 giugno 1952. Era la legge che introduceva la cosiddetta “apologia del fascismo”, considerata un reato.
I numerosi avvenimenti che ancora dominano la cronaca italiana pongono una questione fondamentale: in che misura in Italia è riconosciuto il reato di apologia del fascismo? In cosa consiste? E quando si configura?
Qui di seguito i riferimenti normativi che oggi esistono nell’ordinamento italiano:
Costituzione Italiana 1948- XII Disposizione transitoria
L’Assemblea costituente aveva introdotto nelle cosiddette “disposizioni transitorie” e in particolare la numero 12 secondo cui: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.
Si specificava inoltre che erano state stabilite delle limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime.
Anche se contenuta nelle 18 disposizioni transitorie, questa aveva avuto sin da subito carattere permanente e quindi non circoscrivibile al dato periodo di tempo.
Legge Scelba del 1952
Promulgata il 20 giugno 1952, la legge punisce e sanziona i comportamenti che inneggiano o utilizzano metodologie che in qualche modo richiamino a quelle del decaduto regime fascista.
In particolare definisce i termini perché si abbia una effettiva “riorganizzazione del disciolto partito fascista”.
“Quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”
Questa punisce dunque non solo le azioni violente e antidemocratiche, ma qualsiasi tipo di atteggiamento che esalti i principi fondanti dell’ideologia fascista. La pena è la reclusione dai cinque ai dodici anni ed è applicabile anche a chi inneggi a esponenti o fatti che si riferiscono al partito.
Apologia del fascismo | La legge Mancino del 1993
Questa legge, entrata in vigore anni dopo, viene a sostenere ulteriormente i principi fondanti della legge Scelba.
Qui si pronunciano più genericamente, sentenze in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
In particolare, nell’articolo 4 sono elencati i comportamenti che, per la legge costituirebbero un reato:
“chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.”
Inoltre, se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni.
Apologia del fascismo | Dove sorge il problema?
Quello che in molti si sono chiesti, durante queste giornate di forte tensione è: “Perché effettivamente queste leggi non vengano applicate viste azioni che chiaramente fanno riferimento alle circostanze descritte?”
La risposta è in parte, in una sentenza, la numero 74 della Corte Costituzionale del 1958 dove si ricorda che il pericolo vero e proprio di riorganizzazione del partito fascista esiste solo in determinate circostanze.
In particolare la Sentenza afferma che l’applicazione rigida delle due leggi era lecita in quel particolare momento storico, dove vi era la necessità di impedire che si riorganizzasse in qualunque forma il partito fascista.
Era il periodo in cui la democrazia si andava a ricostituire e, qualunque gesto o azione che rimandasse al precedente regime, avrebbe potuto considerarsi una minaccia.
La stessa sentenza dice che tuttavia, in circostanze di normalità, dovrebbe sussistere una reale ed effettiva situazione di pericolo per classificarla come apologia del fascismo.
In riferimento alla Legge Scelba, la sentenza afferma che chi esamini il testo dei singoli articoli in maniera isolata e de contestualizzata rispetto ad altre disposizioni dando un’interpretazione letterale: “può essere indotto, come è accaduto alle autorità giudiziarie che hanno proposto la questione di legittimità costituzionale, a supporre che la norma denunziata preveda come fatto punibile qualunque parola o gesto, anche il più innocuo, che ricordi comunque il regime fascista e gli uomini che lo impersonarono ed esprima semplicemente il pensiero o il sentimento, eventualmente occasionale, di un individuo, il quale indossi una camicia nera o intoni un canto o lanci un grido.”
Va anche sottolineato che la legge che condanna l’apologia come forma di reato, indipendentemente dal contesto e dalle modalità in cui viene applicata, andrebbe anche a scontrarsi con l’articolo 21 della Costituzione che tutela la libertà di pensiero attraverso la parola o qualsiasi altro mezzo di diffusione.
Apologia del fascismo | Le posizioni politiche
Nel 2017, il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano ha tentato di far fronte alla discrezionalità con la proposta di un disegno di legge.
Questa chiedeva che venisse punita la condotta di chiunque faccia “propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti”
Prendeva inoltre in considerazione anche il richiamo pubblico della simbologia o della gestualità del partito fascista o nazista.
Tale proposta è stata rifiutata, anche date le contestazioni fatte dal partito M5S in commissione che definirono il provvedimento come “liberticida”.
La questione è tornata prioritaria nei giorni che precedono il Salone del Libro 2019 di Torino per il quale diversi esponenti del mondo della cultura come Zerocalcare e Wu Ming si sono rifiutati di essere presenti con i propri stand vicino a case editrici che potessero simpatizzare per il regime.
Alla luce di queste nuove proteste, il presidente della Regione Sergio Chiamparino e la sindaca di Torino Chiara Appendino hanno presentato il 7 maggio un esposto alla procura della Repubblica affinché i giudici possano rilevare l’effettiva sussistenza del reato di apologia di fascismo per Francesco Polacchi, direttore di Altaforte.