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Home » Esteri

Come per Charlie Gard, i medici potranno smettere di curare Alfie Evans contro il parere dei genitori

Immagine di copertina

Un giudice britannico ha dato ragione all'ospedale, ritenendo "disumano" proseguire le cure trasferendolo in una struttura italiana

Martedì 20 febbraio 2018 l’Alta Corte di Londra ha autorizzato i medici dell’ospedale pediatrico Alder Hey di Liverpool, in Gran Bretagna, a interrompere le cure di Alfie Evans, 21 mesi, nonostante il volere contrario dei genitori.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Il bimbo, nato il 9 maggio 2016, è affetto da una grave patologia neurologica degenerativa che i medici non sono ancora completamente riusciti a diagnosticare, che gli impedisce di respirare o nutrirsi senza l’aiuto delle macchine.

I genitori Tom Evans e Kate James, entrambi ventenni, avevano chiesto di poter trasferire il figlio all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, sottoposto alla giurisdizione della Santa Sede, ma i medici dell’ospedale britannico si sono opposti al trasferimento, ritenendolo inutile se non dannoso per l’infante.

La dolorosa vicenda ricorda quella del piccolo Charlie Gard, di appena dieci mesi, affetto dalla rarissima ed incurabile sindrome da deplezione del DNA mitocondriale, le cui cure vennero sospese alla fine del luglio 2017 per via di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che diede ragione ai medici contro i genitori.

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Anche in quel caso i genitori avevano programmato un trasferimento verso una clinica degli Stati Uniti, cui i medici si erano opposti per risparmiare al bambino ulteriori sofferenze e proteggerne la dignità. Dopo cinque mesi di processi, la corte di Strasburgo ha dato ragione all’ospedale.

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Alfie si trova in questo momento in stato semi-vegetativo, e le sue condizioni continuano a peggiorare. Di recente ha perso la capacità di udire, vedere, odorare o rispondere agli stimoli tattili, se non attraverso riflessi automatici che gli causano piccoli spasmi.

I genitori ritengono però che i suoi siano invece movimenti di risposta agli stimoli, come hanno dichiarato in tribunale, dove hanno deciso di difendere la loro posizione senza l’ausilio di un avvocato.

Michael Mylonas QC, difensore della struttura ospedaliera, ha spiegato alla corte: “Uno dei problemi di questo caso è che loro guardano [Alfie] e, eccetto i macchinari per farlo respirare e mangiare, è un dolce, adorabile bambino che appare normale, apre gli occhi, sorride”.

Gli ultimi esami mostrano però un costante peggioramento nella degradazione del tessuto cerebrale del bimbo, e anche i tre medici dell’ospedale di Roma che lo hanno visitato hanno concluso che i tentativi di trovare una cura sarebbero inutili.

Dopo una settimana di udienze il giudice Anthony Hayden ha deciso di concordare con gli specialisti, dichiarando “disumano” continuare a tenerlo in vita artificialmente, cosa che “nuocerebbe alla sua futura dignità”.

Il magistrato ha specificato di essere giunto a questa conclusione con il cuore colmo di tristezza.

Il padre, Tom Evans, è scoppiato a piangere in aula, e ha dichiarato alle telecamere che suo figlio è stato “condannato a morte”.

Tom Evans e Kate James con il figlio Alfie / Facebook

I genitori stanno ancora valutando l’ipotesi di appellarsi contro la decisione dell’Alta Corte, ma hanno promesso alle migliaia di sostenitori della loro causa (l’esercito di Alfie) che continueranno a lottare. “Nessuno mi porterà via il mio bambino”, ha dichiarato Evans.

La vicenda riporta a galla il dramma che accompagna ogni caso in cui una corte si trovi a dover decidere sull’interesse del minore, trovandosi di fronte a concezioni di vita, dolore e dignità opposte e spesso inconciliabili.

Anche in questa circostanza il child’s best interest è chiaramente interpretato in modo molto diverso dai medici e dai genitori del bambino, il quale non può ovviamente esprimersi per risolvere la questione.

“Ciò di cui Alfie ha bisogno ora è un trattamento palliativo di qualità”, ha concluso il giudice, ritenendo i piani di trasferirlo in Italia inconciliabili con il suo interesse. “Ha bisogno di pace, calma e privacy per poter concludere la sua vita come l’ha vissuta, cioè con dignità”.

L’ospedale pediatrico Alder Hey ha diffuso un comunicato in cui si legge: “Comprendiamo come questo sia un momento molto difficile per la famiglia di Alfie e continueremo a lavorare con loro per garantirgli il più appropriato piano di cure palliative”.

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