Airbnb, il caso Bologna: trovare casa è impossibile, così l’app ha ucciso il mercato degli affitti agli studenti
Il boom turistico nel capoluogo emiliano ha messo in crisi i fuorisede, costretti a cercare casa per mesi, barcamenandosi tra caro affitti, richieste assurde, "casting" e annunci che escludono a priori meridionali e stranieri
La vita da studenti fuorisede, si sa, è piena di ostacoli. Bisogna adattarsi a una città che non si conosce, farsi nuovi amici, trascinare valigie da una parte all’altra dell’Italia per completare un trasloco che non ha mai fine, ma soprattutto si deve trovare casa.
Uno dei primi problemi che ci si trova ad affrontare riguarda proprio la stanza da prendere in affitto in tempo per l’inizio delle lezioni, abbastanza vicina all’Università, non troppo costosa, con almeno il minimo indispensabile per vivere degnamente, da condividere con numero rispettoso di persone, con il senso dell’igiene e – diciamocelo – sane di mente.
Per chi si trasferisce in grandi città universitarie di solito la scelta è abbastanza ampia, per cui ci si può permettere di selezionare la zona in cui si desidera abitare, il numero di coinquilini e soprattutto il budget che si è disposti a spendere.
Ma a Bologna, dove si trova uno degli atenei italiani più rinomati che ogni anno richiama migliaia di studenti da tutta Italia e non solo, non è così. Soprattutto negli ultimi anni.
Le selezioni – I gruppi Facebook “Cerco e offro stanze a Bologna” continuano a essere ricchi di offerte e di domande, ma se la disponibilità di sistemazioni diminuisce non è lo stesso per il numero di studenti alla ricerca di un’abitazione.
La dura legge della domanda e dell’offerta impone anche in questo caso le sue regole e si presenta sotto forma di annunci accompagnati da liste più o meno accurate di caratteristiche che l’aspirante nuovo inquilino deve possedere.
Si passa dai divieti più assurdi, come quello di non friggere, al bando per gli studenti appena immatricolati o che hanno scelto di studiare al DAMS, fino alla selezione dell’area geografica di provenienza, a discapito di chi proviene dal sud Italia.
La sorte peggiore però tocca a chi viene da un altro paese, a tutto danno di quella componente internazionale che le università dovrebbero invece incentivare, ma che il mercato degli affitti di Bologna allontana sempre più.
L’Associazione per studenti stranieri della città emiliana conferma che sono tanti gli Erasmus che hanno dovuto rinunciare all’UniBo per le troppe difficoltà incontrate nella ricerca di un alloggio, influendo negativamente anche sulla reputazione internazionale dell’Ateneo.
Ma non finisce qui. Come ci racconta Federica, una studentessa di 24 anni, una volta trovato l’annuncio giusto, hanno inizio le selezioni. C’è chi chiede una mail “di presentazione”, in cui bisogna raccontare chi sei, cosa studi o che lavoro fai, da dove vieni e persino che orari hai durante la giornata per evitare sovrapposizioni nell’uso del bagno.
Se la lettera di presentazione è abbastanza convincente, si passa alla fase successiva: l’incontro con gli inquilini. Nel migliore dei casi un solo appuntamento è sufficiente per entrare in possesso dell’ambita stanza, ma è raro che il passaggio sia così breve: molto più spesso bisogna tornare per un secondo incontro insieme a pochi altri che hanno anche loro passato la prima fase. Se lo stallo prosegue, c’è chi ricorre al sorteggio tra i tre o quattro candidati che sono arrivati in finale.
Insomma, se un tempo chi metteva l’annuncio doveva “vendere bene” la stanza rimasta sfitta, adesso i ruoli si sono ribaltati e sta a chi cerca dimostrarsi un degno coinquilino.
I prezzi e le condizioni delle case – Data la scarsità di stanze disponibili e l’impossibilità di far colpo su tutti, una volta ottenuta una stanza è difficile rifiutarla, anche se non corrisponde ai propri desideri.
In questo modo, si corre il rischio di prendere una stanza che, nel peggiore dei casi, non vale il prezzo pagato perché presenta numerosi problemi: cinque piani a piedi, stanze umide, cucine impraticabili, chilometri di distanza dall’università senza nemmeno risparmiare sul prezzo dell’affitto.
Perché uno dei problemi riguarda proprio i costi di locazione. Se prima prendere una stanza in periferia ti permetteva di risparmiare, adesso, come spiega Marco, non è più così. Vivere in centro o fuori dalle mura fa ben poca differenza e ci si ritrova a pagare un affitto irragionevolmente alto, se paragonato alle condizioni della casa.
Il turismo – Come è possibile che nel giro di pochi anni la situazione sia cambiata così tanto, a tutto sfavore degli studenti? La risposta è nel boom turistico registrato a Bologna (la città è stata visitata nel solo 2017 da 1.397.976 di turisti), a cui ha fatto seguito l’aumento del numero di stanze e appartamenti disponibili sulla piattaforma Airbnb.
Come si legge sul sito della Camera di commercio di Bologna, secondo i dati più recenti risalenti al 2017 la sharing economy ha registrato guadagni pari a 30 milioni nel settore degli alloggi, con 5.494 strutture pubblicizzate sul famoso sito Airbnb.
Sempre più proprietari quindi preferiscono fittare stanze o interi appartamenti ai turisti, piuttosto che agli studenti, facendo quindi diminuire l’offerta per chi decide di studiare nel capoluogo emiliano e portando a un aumento dei prezzi, oltre alla selezione sempre più rigida dei coinquilini.
Sempre secondo i dati della Camera di commercio, a essere interessato da questo cambiamento è stato soprattutto il centro storico della città: se nel 2015 l’1 per cento del patrimonio immobiliare era destinato a Airbnb, nel 2016 si è passati al 2,4 per cento, con un aumento del 140 per cento.
Il turismo è sicuramente un settore importante per l’economia locale, ma nel caso di Bologna, famosa per la sua università, è diventato un problema da non sottovalutare e che necessita di maggiore controllo e regolamentazione.
L’Università – L’UniBo è, tra le mega università, la più importante in Italia secondo i dati del Censis: basti pensare che nel solo anno accademico 2017-18 gli iscritti erano 63mila di cui 35mila fuorisede. Il sistema Er.go, che gestisce gli alloggi studenteschi, ha a disposizione solo 1.600 posti letto, troppo pochi per soddisfare la domanda abitativa e né il Comune né l’Ateneo hanno i fondi necessari per risolvere il problema.
La risposta, da una parte, sembra essere la privatizzazione: Palazzo d’Accursio ha affidato alla catena olandese The Student Hotel la ristrutturazione dell’ex Telecom, che verrà trasformato in uno studentato privato. Questa struttura, insieme ai nuovi studentati da realizzare nelle aree ex Ervet ed ex Oma dovrebbero fornire 1.500 posti letto, raddoppiando l’offerta della città. Resta poco chiaro il prezzo a cui le stanze verranno fittate, ma trattandosi di un servizio privato è facile immaginare la cifra che gli interessati dovranno versare.
Dall’altra, il Comune ha invitato gli studenti a cercare casa nell’area metropolitana di Bologna, senza però aver aumentato i servizi di trasporto pubblico necessari a garantire la mobilità di chi accetta di vivere lontano dall’Ateneo.
La risposta degli studenti – Per cercare di aiutare gli studenti fuorisede alla disperata ricerca di una stanza che non possono permettersi uno o anche cinque mesi in un ostello e in un albergo, i comitati Ritmi Lenti e Link Bologna hanno dato vita al progetto Welcome Fuorisede.
Gli aderenti mettono a disposizione gratuitamente un letto o un divano per un breve periodo di tempo e raccolgono le storie di chi è stato sul punto di rinunciare all’esperienza di studio a Bologna a causa del problema abitativo.
Oltre a organizzare il servizio di couchsurfing, i comitati studenteschi hanno manifestato contro la speculazione degli affitti in città, presentando le loro istanza a Comune e Ateneo, ma ad oggi non sembra esserci soluzione al problema.
Anzi, come rivela lo studio pubblicato ad aprile 2018 dall’Istituto Cattaneo, “il mercato dell’affitto turistico a breve avrà un potenziale di espansione economica non indifferente” e se non si interverrà prontamente l’emergenza abitativa di Bologna non farà che aumentare, a discapito non solo degli studenti, ma anche del tessuto sociale.