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Non dimentichiamoci degli abitanti di Lampedusa

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I cittadini dell'isola siciliana vogliono aiutare i migranti, ma si domandano fino a che punto possano continuare ad assisterli perché temono la loro stessa sopravvivenza

“Andate a casa! Via! Via!”. Sono queste le parole che vengono urlate in via Roma, il corso principale di Lampedusa, dopo il passaggio di una macchina che ospita al suo interno circa una mezza dozzina di rifugiati provenienti dall’Africa.

Non parlano l’italiano, ma dalla veemenza dei toni riescono a intuire la rabbia dei residenti. “Perché non dovrebbero essere arrabbiati? Non ci conoscono”, commenta il diciannovenne Ahmed Ali, di origine somala, arrivato sull’isola siciliana pochi giorni fa.

Cos’altro dovremmo fare? Se fossi rimasto nel mio Paese, sarei morto. L’Italia per me è solo l’ennesima fermata di un lungo viaggio”.

Lampedusa è un comune italiano di appena 6mila anime, chiamato a far fronte a un’ondata migratoria che, solo nell’ultimo mese, ha raggiunto il picco di 10mila persone.

L’isola siciliana rappresenta la scelta naturale per le popolazioni dell’Africa e del medio oriente, vista la sua posizione nel Mediterraneo, più vicina alla Tunisia rispetto alla Sicilia, che la rende la porta d’ingresso immediata per il continente europeo.

La collocazione geografica di Lampedusa ha costretto gli abitanti a domandarsi se l’assistenza verso i migranti debba essere considerata un dovere o se, invece, sia un loro diritto allontanarli dalle coste italiane, e proteggere la maggiore fonte di reddito dell’isola: il turismo.

Quest’ultimo, però, rischia di essere schiacciato dal peso dell’emergenza umanitaria.

C’è chi, come Salvatore Maggiore, pescatore lampedusano in pensione, guarda con preoccupazione al numero crescente di rifugiati, ma al contempo comprende le ragioni che spingono queste masse ad abbandonare la propria terra di origine.

“Non ho nulla contro di loro, sono solo alla ricerca di una vita migliore, ma bisogna guardare il fenomeno anche dalla nostra prospettiva”, ha raccontato a Usa Today.

“Quando le gente guarda la tivù e vede che Lampedusa è invasa dai migranti, smette di considerarla come meta per le vacanze. Senza turisti, saremmo nei guai”, ha aggiunto.

Altri invece, come il 72enne Damiano Bolino, si chiedono quanto possa essere giusto far ricadere su Lampedusa le conseguenze di conflitti che avvengono altrove.

La realtà, tuttavia, è che l’emergenza dei migranti non riguarda solo l’isola siciliana: secondo quanto dichiarato dalle Nazioni Unite, nell’ultimo anno sono stati 170mila i migranti che hanno raggiunto l’Europa passando per l’Italia, troppi per essere gestiti dalla sola amministrazione lampedusana.

In Italia c’è chi ha chiesto che le navi dei rifugiati venissero affondate prima di raggiungere le coste italiane. Il governo ha invitato le regioni ad accogliere il maggior numero possibile di migranti, ma la volontà di assistenza non è stata unanime.

Il sentimento prevalente a Lampedusa, però, è quello di solidarietà verso chi decide di affrontare la traversata in mare, e vede nell’isola l’unica speranza di sopravvivenza.

“Abbiamo il dovere di fare del nostro meglio per prestare assistenza”, ha detto il vicesindaco dell’isola siciliana Damiano Sferlazzo.

“Ma questo non esclude la possibilità per Lampedusa di essere una meta turistica. Il cibo è ancora ottimo; la vista e le spiagge sono ancora meravigliose. Non c’è ragione per cui l’isola non possa mantenere entrambi i ruoli”.

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