Roma, dentro l’ex hotel Eurostars occupato: “Lasceranno i nostri 140 bambini in strada per Natale?”
Siamo stati all'interno della struttura occupata da 500 persone, che oggi vivono senza corrente elettrica e acqua potabile, con lo spettro dello sgombero che potrebbe attuarsi a Natale. Ecco cosa abbiamo visto
“Il Natale si avvicina e lo spettro dello sgombero è sempre più reale. Abbiamo paura che vogliano lasciare i nostri bambini in strada. Uno sgombero non è mai bello, ma è Natale è davvero disumano”.
Queste sono le parole di una donna marocchina che TPI ha incontrato all’interno dell’Hotel Eurostar, conosciuto come il “4stelle”, una struttura che ha chiuso i battenti nel 2011 e che è poi stata occupata da circa 140 famiglie nel 2012.
Oggi nelle due palazzine che compongono l’ex albergo vivono 500 persone. 141 sono bambini.
Come spiega Margherita, una delle attiviste del Movimento per la Casa, l’occupazione ha da sempre avuto la peculiarità di avere molti bambini e le famiglie hanno cercato fin da subito di creare delle condizioni di vita migliori all’interno dello stabile arrangiandosi come meglio potevano.
TPI è stata all’interno di questa struttura per capire oggi quale sia la situazione, specialmente dopo l’incendio divampato la notte del 13 novembre, e a seguito del quale l’ex albergo è stato dichiarato inagibile.
Da allora, nonostante l’inagibilità dichiarata, molte famiglie sono rientrate, per volontà e necessità di riprendere i ritmi naturali, e anche perché gran parte del 4stelle è in realtà agibile.
Dal giorno dell’incendio, o con il diffondersi delle notizie sull’occupazione, molti degli “inquilini” del 4 stelle hanno ricevuto insulti e minacce, dopo aver parlato pubblicamente agli organi di stampa.
È per questo motivo che ora la diffidenza è massima, si ha paura a parlare di fronte alle telecamere, ma resta il desiderio di trovare una soluzione e di spiegare le proprie motivazioni.
Così, alcuni di loro, si lasciano intervistare sotto anonimato: “Abbiamo bambini piccoli, vogliono davvero fare un sgombero sotto Natale?”, si domanda una donna di origini sudamericane.
“Abbiamo degli amici che possono ospitarci per un periodo limitato, poi cosa potrà succedere? In famiglia lavoro soltanto io come colf e badante. Non riesco da sola a pagare affitti alti come quelli che ci chiedono”.
“La parte dove è scoppiato l’incendio è stata isolata, tutte le persone sono state recensite. Oggi però siamo senza corrente elettrica e senza acqua”, spiega Margherita.
I bambini non vedono la differenza tra il giocare a lume di candela o al freddo con i guanti. Per loro il gioco è sempre lo stesso. Le mamme però sono preoccupate, e temono che presto, anche questa situazione precaria possa peggiorare, ed essere tutti messi in strada o separati in varie soluzioni temporanee.
“Queste sono famiglie che non chiedono di essere assistite, stanno chiedendo di avere una loro possibilità di autonomia. Vogliono pagare un affitto proporzionato a quanto guadagnano”, prosegue Margherita.
“Siamo senza corrente elettrica e senza acqua potabile, ma preferiamo restare qui. Siamo spaventati”, racconta un’altra donna questa volta tunisina, “dal fatto che vogliano sgomberare lo stabile. Dove andremo? Dove porteremo i bambini”, si domanda la donna.
Gli attivisti spiegano agli occupanti quali sono le opzioni offerte dal Comune. Una coppia di signori anziani non è potuta andare a via Ramazzini dalla Croce Rossa perché c’erano troppe poche richieste e volevano separarli.
La gente qui si è creata una sua vita, una sua continuità alloggiativa, sanitaria. Ora non vede prospettive.
Una donna di origini marocchine racconta la sua storia: “Sono venuta in Italia 16 anni fa, ho sempre lavorato, i miei figli si sentono a casa qui. Ho sempre pagato le tasse, non sono come dicono una di quelle che vuole stare gratis. Ho parlato con il responsabile del Comune che mi ha illustrato le proposte, gli ho chiesto per quanto tempo possiamo stare nelle soluzioni che ci propongono, loro parlano di settimane, poi cosa faccio? Ho bambini piccoli, posso stare in strada? Voglio solo pagare un affitto che sia proporzionato a quanto guadagno”.