Gli Stati Uniti hanno bombardato postazioni Houthi in Yemen
L'attacco arriva dopo che una nave da guerra statunitense nel Mar Rosso era stata attaccata da alcuni missili per la seconda volta in pochi giorni
L’esercito americano ha attaccato alcune postazioni militari dei ribelli Houthi in Yemen dopo che una nave da guerra statunitense nel Mar Rosso era stata attaccata da alcuni missili per la seconda volta in pochi giorni.
Il Pentagono ha riferito che i siti radar colpiti, che si trovavano nel territorio controllato dai ribelli Houthi, sono stati distrutti. Gli attacchi erano stati autorizzati dal presidente Usa Barack Obama.
L’attacco è stato effettuato con missili da crociera Tomahawk lanciati dal cacciatorpediniere USS Nitze, secondo i funzionari degli Stati Uniti.
“Questi raid di autodifesa sono stati condotti per proteggere il nostro personale, le nostre navi, e la nostra libertà di navigazione in questo importante passaggio marittimo”, ha detto il portavoce del Pentagono, Peter Cook.
“Gli Stati Uniti risponderanno ad ogni ulteriore minaccia per le nostre navi e traffico commerciale, a seconda dei casi”, ha proseguito. La coalizione internazionale a guida saudita, sostenuta anche dagli Stati Uniti, sta portando avanti una campagna aerea contro il movimento Houthi.
Tuttavia la posizione degli Stati Uniti, dopo l’attacco nella capitale Sanaa che ha ucciso 140 persone, e che ha attirato la condanna internazionale, è vacillante. Washington ha detto di voler rivedere il suo sostegno per “allinearlo meglio con i principi statunitensi, con i valori e gli interessi”.
Il governo saudita non ha riconosciuto pubblicamente di essere stato responsabile degli attacchi, ma ha avviato un’indagine. Ha anche detto che faciliterà l’evacuazione di yemeniti feriti nell’attacco che hanno bisogno di cure mediche all’estero.
Secondo l’Onu, almeno 4.125 civili sono stati uccisi e 7.207 feriti da quando la coalizione è intervenuta nel conflitto tra le forze leali al governo riconosciuto a livello internazionale dello Yemen e i ribelli Houthi nel marzo 2015.