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Pacchetto democratico

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Diritti alle minoranze. Velo in pubblico. Abbassamento della soglia elettorale. Ecco cosa Erdogan promette alla Turchia

Un preambolo ampio e ripetitivo, molti ringraziamenti a figure politiche del passato, omaggi ai “martiri” della guerra al terrorismo e poche frasi, succinte e dirette, sulle riforme.

Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan, lunedì scorso, durante la presentazione del tanto atteso “pacchetto democratizzazione”, si è impegnato per celebrare i suoi 11 anni di operato ed elogiare gli obiettivi raggiunti e gli ostacoli superati.

Dopo aver evidenziato con insistenza la funzione indicativa del pacchetto, sottolineando l’impossibilità di soddisfare in una sola volta tutte le richieste, ha precisato che questo è solo l’inizio, “il primo passo” verso una Turchia delle libertà e della democrazia.

A seguito del lungo preambolo, ha chiarito i punti centrali del pacchetto: legalizzazione dell’insegnamento in lingue diverse dal turco presso le scuole private e libertà di utilizzo di lingue diverse dal turco per la comunicazione politica e le campagne elettorali (purché in affiancamento e non in sostituzione della lingua ufficiale); revoca del divieto di utilizzare le tre lettere appartenenti alla lingua curda (Q, X e W) nell’alfabeto. Anche i nomi delle località curde, turchizzati dopo la fondazione della Repubblica 1923, potranno essere nuovamente utilizzati.

Tra le altre misure rivolte alle minoranze ha menzionato il cambiamento del nome di un’Università in omaggio a un famoso personaggio alawita, la restituzione del monastero Mor Gabriel a una fondazione di siriaci e l’istituzione di centri di cultura e lingua Rom.

Inoltre, saranno inasprite le pene per coloro che sono accusati di incitare all’odio e alla discriminazione.

Per quanto riguarda il sistema elettorale, molto discusso a seguito delle proteste di Gezi Park, è stato ufficialmente aperto il dibattito riguardo alla soglia di sbarramento (attualmente al 10%) e il governo ha proposto tre opzioni: il mantenimento dello status quo, l’abbassamento al 5% o la totale abolizione della soglia. Un cambiamento positivo potrebbe essere l’accesso ai sussidi per i partiti, per il quale è stata abbassata la soglia dal 7 al 3 % (in base al risultato elettorale). Le riforme toccano anche la legge sulla privacy e la libertà di manifestazione.

Punto scottante del pacchetto è la liberalizzazione del velo che riguarda gli uffici pubblici ma non si estende agli ufficiali della polizia, dell’esercito e tutti quei dipendenti per i quali esiste una divisa.

Ma anche la minima liberalizzazione, insieme a quella di non pronunciare più l’“andı” nelle scuole elementari – una sorta di ode alla “turchicità” recitato ogni giorno dagli alunni – potrebbe creare malumori tra le frange kemaliste, che ancora temono la minaccia ai valori fondanti della Repubblica e al patriottismo basato sugli stessi.

Il pacchetto era tanto atteso perché presentato come una necessaria risposta alla richiesta del Bdp (Partito per la Pace e la Democrazia) e del Pkk (Partito dei Lavoratori Curdi) di presentare un programma di governo che rispettasse i diritti per le minoranze, in seguito all’avvio del processo di pace tra il movimento ribelle curdo e lo stato turco e il ritiro parziale dei gruppi armati curdi dal territorio nazionale.

Erdoğan ha tuttavia affermato che il pacchetto non è stato frutto di trattative né di pressioni.

Si attendono adesso le reazioni della popolazione e dei partiti di opposizione a delle riforme che in qualche modo costituiscono un punto di rottura storico: sia dal punto di vista politico – se davvero si aprirà il dibattito sulla soglia di sbarramento – che sociale.

Intanto, segnali positivi sono arrivati dall’Unione Europea, che ha dichiarato di attendere la pubblicazione del testo integrale per un’analisi accurata.

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