Cosa pensano i siriani in Turchia della svolta pro-Assad del presidente turco Erdogan
Con la guerra civile che sembra inseguirli oltre il confine turco, i rifugiati siriani accettano le trattative con Putin e Assad purché possano portare a un accordo
Secondo Ahmed, un siriano di Al-Bab emigrato in Turchia, nella sua cittadina nella Siria settentrionale i turchi starebbero assediando l’Isis facendo strage di civili.
“Muoiono almeno 50 persone al giorno, vuoi per i colpi di mortaio turchi o perché cercano di fuggire saltando sulle mine dell’Isis, che circondano la città”.
Al-Bab è stata a lungo oggetto delle attenzioni degli osservatori, visto che è stata circondata da forze nemiche dell’Isis ma diverse fra loro. I turchi con l’Esercito Libero Siriano da nord, i curdi da est e da ovest, le forze di Assad da sud.
Dopo l’attentato di Istanbul, che l’Isis ha giustificato anche in relazione al conflitto con Ankara nella Siria settentrionale e in particolare ad Al-Bab, i turchi hanno intensificato le operazioni.
“Adesso è saltato qualunque tipo di connessione, non riesco a sentire parenti e amici ad Al-Bab”, continua Ahmed, “non oso pensare cosa stia accadendo”.
Lo zio di Ahmed è stato detenuto per un anno nelle carceri dell’Isis, con l’accusa di avere un parente nelle fila dell’Esercito Libero Siriano. Per un anno non ha avuto acqua per lavarsi, luce, possibilità di tagliarsi unghie e capelli, pasti migliori di un tozzo di pane da dividere con decine di carcerati affamati.
Poi è riuscito a fuggire scavando un buco nel muro della cella: ci ha messo due mesi.
Ora si trova nella cittadina frontaliera turca di Kilis. Nel frattempo ad Al-Bab i turchi conducono l’assedio con l’assistenza dei russi, a cui si sono riavvicinati dopo mesi di freddezza dovuti all’abbattimento dell’aereo di Mosca nel Novembre 2015.
Il ritorno della Turchia al tavolo con Mosca, dopo un conflitto le cui radici profonde affondavano proprio nella guerra siriana, crea preoccupazioni fra i detrattori di Assad che temono che Erdogan stia abbandonando le opposizioni.
Ma Ahmed non si sente tradito.
“Non me la sento di accusare Erdogan di incoerenza”, dice, “il conflitto siriano è un caos, è normale che i turchi rivedano le proprie posizioni alla luce degli sviluppi nel paese, per esempio alla luce di come cambia il campo dell’opposizione. Incontreranno i russi ad Astana fra qualche settimana, e allora? Per me l’unica cosa che conta è mettere fine ai massacri nel paese”.
Ad Ankara un siriano di Damasco la pensa come lui. “Non ci importa chi, come, e quando. Vogliamo solo che si trovi un accordo”.
Dice invece Mohammed, un rifugiato di Aleppo che lavora in un caffè letterario siriano nel quartiere di “Fatih” ad Istanbul: “Siamo indubbiamente confusi dall’atteggiamento di Erdogan, che prima si presentava come paladino della resistenza anti-Assad mentre ora sembra avvicinarsi a Putin e quindi anche al regime”, premette.
Ma poi conclude allo stesso modo: “L’esasperazione è tale che vogliamo soltanto si arrivi a un accordo, poco importa se richiede il benestare di Putin”.
Bayan, un’altra collaboratrice del caffè letterario, non legge più notizie e non vuole più sentir parlare di politica, come molti siriani in Turchia. “Ho perso ogni speranza, e non vedo perché dovrei informarmi sulle trattative se tanto tutto avviene sotto banco”, dice.
Non tutti i siriani sono però concilianti o indifferenti rispetto al riposizionamento di Erdogan sulla scacchiera della guerra civile.
A Kilis, vicino alla frontiera siriana, l’ex combattente dell’Esercito Libero Alì denuncia il “voltafaccia” del rais turco.
“Diversi gruppi dell’Esercito Libero Siriano si sentono sacrificati all’altare di Putin, i più oltranzisti di ispirazione islamista potrebbero realizzare attentati in Turchia e compromettere ulteriormente la sicurezza nel paese. In maniera simile a quanto era avvenuto con l’Isis, che si è rivoltato contro la Turchia dopo essere stato tollerato da Ankara nelle fasi iniziali”.
A suo parere il risentimento per il riavvicinamento coi russi c’è, ed è forte.
“Quando sono iniziati i bombardamenti dei russi a fine 2015 è stata presa di mira in particolare la zona di Azaz, da cui provengo io”, continua Ali. Azaz è la zona della Siria settentrionale immediatamente a sud di Kilis.
“Le esplosioni erano assordanti, facevano tremare le finestre anche qui a Kilis, sembrava ci fosse un terremoto”. E ancora: “I russi hanno finto di attaccare solamente l’Isis, mentre in realtà decimavano l’Esercito Libero Siriano. È grazie a loro se ora Assad sta avendo la meglio, ed è inaccettabile che ora Erdogan voglia trattare con Putin”.