Perché non me ne sono andata
Quando si subisce violenza dentro le mura di casa, non è facile trovare la forza di lasciare il proprio partner
Una notte l’ha scaraventata dentro la doccia, nuda sotto il getto d’acqua bollente, per poi sbatterla fuori di casa e abbandonarla sul pianerottolo.
Lei si è nascosta per due ore sulle scale, finchè il suo partner non è tornato in lacrime, promettendo che non avrebbe mai più fatto una cosa simile.
Meredith Vieira, giornalista americana di 60 anni, racconta a USA Today i dettagli della sua relazione con un uomo violento. “Ho passato molto tempo a cercare di spiegarmi le ragioni per cui sono rimasta, e penso che in buona parte sia stato per paura. Avevo paura di lui. Avevo paura che se avessi cercato di andarmene, mi sarebbe potuto succedere qualcosa di peggio”.
In un sondaggio effettuato nel Regno Unito nel 2004, più della metà delle persone vittime di abusi ha dichiarato di essere in imbarazzo nel raccontare la propria sofferenza alla famiglia o agli amici. Oggi, dieci anni più tardi, l’hashtag “why I stayed” – “perchè sono rimasta” o “perchè non me ne sono andata” – è uno fra i trend topic su Twitter.
L’iniziativa è stata lanciata dall’autrice americana Beverly Gooden, anche lei vittima di abusi domestici, per incoraggiare chi subisce violenza a raccontare la propria storia e aiutare a far capire agli altri perchè non è facile trovare la forza di lasciare il partner.
Nelle settimane passate si è discusso molto di violenza domestica, in particolar modo negli Stati Uniti, anche a causa del video reso pubblico che mostra un noto giocatore di football americano, Ray Rice, prendere a pugni in un ascensore quella che all’epoca era la sua fidanzata, Janay Palmer.
In seguito alla diffusione del video, la donna ha difeso pubblicamente il comportamento del suo partner, che nel frattempo è diventato suo marito.
L’atteggiamento della fidanzata di Ray Rice non è piaciuto a molti, tra cui il commentatore di Fox News Brian Kilmeade, che durante una trasmissione televisica ha dichiarato: “Le donne che decidono di rimanere a fianco di un partner violento mandano un messaggio terribile” a chi si trova in situazioni simili. È stato precisamente questo tipo di approccio che ha scatenato la campagna virale di “why I stayed”.
Beverly Gooden ha scritto sul suo blog che “dopo che il video in cui Ray Rice prende a pugni e sputa addosso a sua moglie, gli utenti di internet sono esplosi con mille domande a lei indirizzate. Perché non se ne è andata? Perché lo ha sposato? Perché è rimasta? Io non posso parlare per Janay Palmer-Rice, ma posso parlare per me stessa. Perché io sono rimasta?”
Il tweet seguente della Gooden racchiude in 140 caratteri quelle che possono essere le enormi difficoltà di chi si trova a far fronte a una relazione segnata dagli abusi: “Ho provato a lasciarlo, a uscire di casa dopo l’ennesimo episodio di abusi e lui mi ha bloccata. Ha dormito davanti alla porta per tutta la notte”. Per questo è rimasta.
Migliaia di utenti di Twitter hanno seguito il suo esempio. “Aveva sparato al mio cane. Mi diceva che sarei stata la prossima se l’avessi lasciato di nuovo. Le vittime hanno un 75 per cento di probabilità in più di essere uccise nel momento in cui se ne vanno”, ha scritto Terry Ann Thaxton, una poets, saggista e professoressa ameriana, autrice tra le altre cose di “Getaway Girl” e “The Terrible Wife”.
Andarsene non è mai semplice. In media, una vittima di abusi compie sette tentativi, a volte anche nell’arco di diversi anni, prima di riuscire a concludere ogni tipo di rapporto con il proprio partner.
Una volta terminata la relazione, inizia quella che statisticamente parlando è la situazione più pericolosa. Il partner percepisce che sta perdendo il controllo sulla relazione e questo può spingerlo/a a commettere atti ancora più rischiosi del solito, pur di ristabilire la sua superiorità.
La maggior parte degli omicidi legati alla violenza domestica negli Stati Uniti ha come vittime uomini e donne che avevano già concluso la propria relazione con il partner violento.
Per quello che riguarda l’Italia, un sondaggio Istat del 2007 rivela che solo il 18 per cento delle donne è consapevole che uno schiaffo ricevuto dal partner costituisce un reato.
Parlando proprio dell’Italia, la relatrice speciale dell’Onu sulla violenza di genere Rachida Manjoo aveva già dichiarato nel 2012: “Purtroppo, la maggioranza delle manifestazioni di violenza non è denunciata perché le vittime vivono in un contesto culturale maschilista dove la violenza in casa non è sempre percepita come un crimine e dove le vittime sono economicamente dipendenti dai loro aggressori”.