Il 9 agosto l’agente di polizia Darren Wilson ha ucciso con sei colpi di pistola il diciottenne Michael Brown a Ferguson, Missouri.
Ieri il Grand Jury americano ha stabilito che Wilson non verrà incriminato dell’omicidio per “insufficienza di prove”. La decisione ha fatto scoppiare violente proteste a Ferguson e manifestazioni in varie città americane.
Brown è diventato il nuovo simbolo dei pregiudizi razziali negli Stati Uniti. Sono molti, oggi, gli americani che denunciano la disparità di trattamento tra cittadini bianchi e quelli afroamericani da parte della polizia.
Una giornalista, Shirin Barghi, ha raccolto alcuni casi recenti di afroamericani morti per mano di agenti delle forze dell’ordine e li ha riassunto le loro storie in una sola frase, l’ultima pronunciata dai ragazzi prima di morire.
Nella foto sopra, il caso di John Crawford, 22 anni, fermato e ucciso dalla polizia in un centro commerciale dell’Ohio. Il ragazzo stava parlando al telefono con la madre quando è stato raggiunto dai proiettili. “Non può essere vero”, sono state le sue ultime parole. Gli agenti hanno spiegato di aver aperto il fuoco perché il giovane non aveva lasciato andare l’arma di plastica che stava comprando, come gli avevano ordinato.
Nella foto sopra, la storia di Michael Brown, 18 anni, ucciso dagli spari di un agente di Ferguson dopo essere stato fermato. “Non ho un’arma, smettete di sparare”, ha detto.
Nella foto sopra, il caso di Jonathan Ferrel, 24 anni, raggiunto da dieci spari mentre cercava aiuto dopo un incidente d’auto. Lo hanno ucciso prima che potesse provare a spiegare le sue azioni.
Nella foto sopra, il caso di Kendrec McDade, 19 anni, ucciso dalla polizia che pensava fosse armato. A suggerire che avesse una pistola era stato un cittadino che, sperando di accelerare l’intervento del 911, aveva esagerato la descrizione del ladro.
Nella foto sopra, la storia di Trayvon Martin, 17 anni. Stava andando a casa del padre quando una persona del quartiere gli ha sparato. L’omicida aveva segnalato l’adolescente al 911 definendolo “un personaggio sospetto”. La polizia gli aveva consigliato di non scendere dalla macchina e di aspettare l’intervento degli agenti, ma l’uomo non ha seguito il consiglio. “Perché mi segui?”, le ultime parole della vittima.
Nella foto sopra, la storia di Oscar Green, 22 anni, ucciso a Capodanno del 2009. L’agente che l’ha ucciso ha spiegato che aveva intenzione di usare il Taser ma che invece aveva tirato fuori la pistola. “Mi hai sparato! Mi hai sparato!”, le ultime parole di Oscar.
Nella foto sopra, il caso di Sean Bell, 23 anni, ucciso da 50 colpi mentre lasciava la festa dell’addio al celibato. “Ti voglio bene anch’io!” aveva urlato all’amico Joseph Guzman che stava scappando dalla sparatoria.
Nella foto sopra, il caso di Amadou Diallo, 23 anni, futuro studente universitario, scambiato per un’altra persona da poliziotti in borghese. L’ultima cosa che ha detto è stata: “Mamma, andrò al college”. Amadou era riuscito a mettere da parte 9mila dollari da investire negli studi.
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