Il governo romeno resta in piedi, superato il voto di sfiducia
In parlamento la mozione che chiedeva le dimissioni del premier Grindeanu non ha raggiunto la maggioranza. Continuano le proteste di piazza contro la corruzione
Il governo romeno resta in carica nonostante le proteste popolari che dall’inizio di febbraio hanno riempito le piazze della capitale per sette giorni consecutivi. L’esecutivo di centrosinistra, guidato dal primo ministro Sorin Grindeanu, è uscito indenne dal voto di sfiducia che si è svolto l’8 febbraio in parlamento. I deputati che hanno votato sì sono stati 161, 232 i no.
Nella mozione di sfiducia i 123 firmatari avallavano la richiesta di dimissioni del premier sollevata dai manifestanti. Richiesta che Grindenau non ha mai preso in considerazione. “I romeni non vogliono che i politici corrotti vengano graziati e sottratti alla giustizia”, si legge nella mozione.
Le manifestazioni hanno raggiunto il picco il 5 febbraio, quando 250mila persone si sono radunate davanti al palazzo del Parlamento a Bucarest, dando vita alla più grande protesta dalla caduta del regime di Nicolae Ceaușescu. Sotto la pressione dei cittadini, il governo ha ritirato il contestato decreto sulla depenalizzazione dell’abuso di ufficio e di altri reati di corruzione, proponendo un disegno di legge sullo stesso argomento al dibattito parlamentare. Ma la marcia indietro non ha fermato la mozione di sfiducia avanzata dall’opposizione.
“Sono rimasto colpito dalle dimensioni della protesta”, ha detto in una intervista all’agenzia Associated Press il presidente della Repubblica Klaus Iohannis, che fin dalla prima ora si è opposto al decreto d’emergenza varato dal governo per depenalizzare i reati. Iohannis ha spiegato che l’esecutivo ha messo a punto un nuovo disegno di legge sulla corruzione, che ora sarà vagliato dal parlamento, avvertendo però che non basteranno un paio d’anni per sradicare la corruzione diffusa che ha pervaso il paese.
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