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Home » News

Un giorno tra i migranti sgomberati dal Baobab di Roma

Immagine di copertina

Siamo andati a vedere qual è la condizione dei migranti transitanti che da inizio ottobre vivono in un limbo infinito come fantasmi, senza una soluzione a breve termine

Capannoni che ospitano attività artigianali, meccanici e magazzini: è questo lo scenario di via Cupa, una strada che solca in due un isolato, che va a insinuarsi tra la città della vita di tutti i giorni – il quartiere Nomentano – e la città dei morti – il cimitero del Verano.

Un isolato di transizione, che da ormai oltre un anno è noto per essere il punto di riferimento per migliaia di persone in transizione che proprio qui, in questa strada, hanno trovato rifugio lungo la loro rotta che dall’Africa e dal Medio Oriente li ha condotti in Europa.

Via Cupa, a Roma, significa centro Baobab, ovvero uno dei luoghi simbolo dell’accoglienza dei migranti. Ma oggi in questa via le tende dei migranti – che spesso dovevano stanziarsi in strada, dal momento che non riuscivano a essere ospitati tutti nella struttura – non ci sono più. Il Baobab è chiuso con una catena e una camionetta del reparto mobile della Polizia è fuori a presidiare la strada.

VIDEO-REPORTAGE: UN GIORNO TRA I MIGRANTI DAL BAOBAB DI ROMA 

Dal 30 settembre i volontari e gli ospiti del centro Baobab sono infatti stati sfrattati. Non si tratta del primo sgombero della struttura: era già avvenuto a dicembre del 2015, quando, circa un mese dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, le forze dell’ordine decisero che non si poteva accettare che in via Cupa ci fossero centinaia di persone non identificate.

Successivamente, nel giugno 2016, era avvenuto un secondo sgombero, stavolta parziale, che aveva riguardato solo i migranti accampati in strada. Quello del 30 settembre è stato il terzo, e ha colpito 109 migranti ospiti della struttura, che sono stati identificati dalle forze dell’ordine.

Ma terminate le operazioni di sgombero e di identificazione, ci si è trovati di fronte a un grosso problema: a Roma non si sono trovate strutture in grado di ospitare tutti i migranti che si trovavano al Baobab, né tantomeno quelli che hanno raggiunto la capitale nel frattempo.

Oggi via Cupa è una strada deserta, presidiata da una camionetta della polizia che fino a pochi giorni fa lasciava accedere soltanto i residenti e coloro che lavorano sulla strada. Ora la situazione è più tranquilla, e la strada si può percorrere nuovamente, ma – raccontano gli abitanti del luogo – non sono mancati tentativi da parte di alcune persone di far ritorno al Baobab.

Ma se non al Baobab, i migranti devono pur dormire da qualche parte. Decine di loro hanno trovato un giaciglio provvisorio di fronte alla basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Il parroco, finché ha potuto, li ha ospitati nel giardino che è accanto alla basilica, ma quando hanno iniziato a essere troppi non ha potuto più accoglierli.

Alle sette di mattina è possibile trovarli in quel rettangolo di piazza che si insinua tra la basilica e il cimitero. Un luogo sufficientemente distante dalle abitazioni in cui non attirano troppe attenzioni – su piazzale del Verano ci sono solo la basilica, il cimitero, laboratori di marmisti, l’obitorio e uffici della vicina università della Sapienza.

Vengono soprattutto da Eritrea e Sudan, e i dieci gradi di temperatura, cui spesso si aggiunge anche la pioggia notturna di questo ottobre romano, non offrono un clima ospitale per nessuno, tanto meno per chi viene da paesi caldi e ha dovuto attraversare mezza Africa e il Mediterraneo.

Oggi sono tutti a Roma, ma quasi nessuno di loro sembra intenzionato a rimanerci. “Se trovo lavoro sì”, dice un migrante eritreo, ma gli altri dicono tutti che, almeno nelle loro intenzioni, sono qui di passaggio. “Meglio la Norvegia o la Germania?” chiede uno di loro. Difficile rispondergli, quando non si sa cosa si prova nel fuggire da un paese dove non si ha alcuna speranza.

I migranti della basilica di San Lorenzo si fidano degli italiani. Lo dicono chiaramente. “Benefactors“, li chiama uno in un inglese stentato ma chiaro. “Italians are good, Italian politicians are good“, dice un altro. I migranti sanno che il parroco e i volontari del Baobab che la mattina, all’ora di pranzo, alla sera, cercano di aiutarli fanno verso di loro un gesto gratuito e non scontato.

Durante il giorno non hanno dove andare: qualcuno di dirige verso la stazione, magari nel tentativo di raggiungere il nord Europa, ma è difficile orientarsi per chi si trova in un paese completamente estraneo. Altri cercano un Internet point, per comunicare con le famiglie. Molti restano di fronte a San Lorenzo, ammazzando il tempo insieme ai volontari, e – tutto il mondo è paese – giocando a calcio.

In piazzale del Verano incontriamo Andrea Costa, il responsabile dei volontari del Baobab. Lui e altri suoi colleghi hanno chiesto al comune di trovare una sistemazione per i migranti che erano ospiti in via Cupa, perché ogni giorno che questa decisione viene rinviata è un giorno in più in cui sono costretti a dormire all’aperto.

“Serve che il comune trovi uno spazio da attrezzare per ospitare queste persone”, ci dice. Pochi giorni prima il consiglio comunale si è riunito per affrontare questa situazione, senza però trovare al momento soluzioni.

“C’è l’ex stabilimento ittiogenico, accanto alla stazione Tiburtina, che è abbandonato. Abbiamo proposto di attrezzarlo per ospitare i migranti, ma niente”, dice Costa. Perché il comune non prende questa decisione? Costa non fa dietrologie, né si pone problemi. “Non so se manca la volontà o semplicemente non sono capaci, ma intanto qua continuano a dormire per strada”, risponde.

Il sindaco di Roma Virginia Raggi, il giorno del consiglio comunale straordinario, ha detto che non si trova un’alternativa in modo rapido come prima, perché una volta “bastava chiamare Buzzi e si trovava una soluzione”.

Salvatore Buzzi è il capo della cooperativa sociale 29 giugno, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito del processo su Mafia Capitale. Chiediamo ad Andrea Costa conto di questa affermazione della Raggi, che risponde: “Se il sindaco vuole distinguersi da chi diceva che con gli immigrati faceva più soldi che con la droga, allora deve trovare una soluzione per i migranti che vivevano al Baobab”.

Ma nonostante la solidarietà che c’è nei confronti dei migranti di San Lorenzo, non tutti vedono di buon occhio la situazione venutasi a creare: “Mi fanno pena, poracci. Dovrebbero non farli entrare più” dice un marmista che ha il laboratorio proprio su piazzale del Verano.

“È una situazione inaccettabile, questi fanno i loro bisogni in giro per la piazza, nel giardino non si può passare, ora non si sente perché ha piovuto, ma c’è una puzza terribile”, dice invece una fioraia, anche lei in piazza del Verano. “Vedo questi migranti che passano, ma credevo fossero ancora in via Cupa, neanche mi ero accorto che si erano spostati sotto la basilica”, è invece il commento di un giornalaio.

C’è poi un gruppo che ha denunciato più volte il degrado di questa situazione, un comitato dei cittadini della zona di piazza Bologna e della stazione Tiburtina, nel quartiere Nomentano, tra cui c’è Giovanni Provenzano, un ex consigliere municipale di questo territorio per Fratelli d’Italia.

Tra di loro c’è una signora figlia di italiani d’Eritrea: sembra quasi sia un cerchio che si chiude, un punto d’incontro tra gli italiani che tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento erano andati in Eritrea, e gli eritrei che oggi vengono in Italia in cerca di fortuna, come quelli incontrati di fronte a San Lorenzo.

“Una volta il Baobab era un punto di riferimento del quartiere, aveva un ristorante, organizzava eventi. Poi ha iniziato a ospitare sempre più migranti e la situazione è degenerata. Ora l’hanno chiuso, ma era un luogo che non si poteva più frequentare e creava disagi”, racconta la stessa signora.

Provenzano dice che secondo lui i migranti non andrebbero più accolti in Italia, e che quelli che oggi si trovano a Roma dovrebbero essere accolti in strutture dignitose, non lasciati in mezzo alla strada provocando danni sia a loro che ai cittadini. Gli chiedo della proposta di usare lo stabilimento ittiogenico. “Credo sia un modo per quelli che gestivano il Baobab di spostarsi da un’altra parte e gestire un altro luogo”, risponde.

Nel frattempo, i migranti sono di nuovo radunati a San Lorenzo, per ricevere un pasto che i volontari del Baobab gli portano. Le istituzioni cercano soluzioni, i volontari cercano di aiutarli, chi li vorrebbe rimandare al loro paese storce il naso, chi è compassionevole rimane tale. Ma anche stanotte, i migranti di San Lorenzo, dormiranno all’aperto.

(Il video è stato realizzato da Tiziano Rugi) 

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