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Se le donne tornano a lavoro

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La crisi spinge le donne italiane a lavorare, creando un effetto sorprendente per l'economia. L'analisi del Wall Street Journal

Con il diffondersi della crisi economica ha preso piede un fenomeno noto come “mancession”, che fondendo le parole “man” e “recession”, sta a indicare la scomparsa di molti lavori manuali svolti tradizionalmente dagli uomini nei Paesi occidentali.

Ma, come illustrato in un articolo del Wall Street Journal, in Italia la tendenza sta avendo un effetto collaterale sorprendente: non solo le donne adesso hanno più probabilità di mantenere i loro posti di lavoro, ma decine di migliaia di loro sono tornate a lavorare. In questo modo l’Italia, che ha uno dei più bassi tassi di occupazione femminile in Occidente, potrebbe ottenere una spinta economica nel lungo periodo.

Secondo l’Eurostat la percentuale di donne italiane che lavoravano nel 2012 era del 50.4 per cento, di gran lunga inferiore a quella della Svezia (76.8 per cento) e della Germania (71.5 per cento).

Il Wall Street Journal spiega questo dato facendo riferimento alla “cultura dominante” che, in particolare nel sud Italia, vede le donne come coloro che stanno a casa a occuparsi dei figli, lasciando agli uomini il compito di portare i soldi a casa. A ciò si aggiunge la diffusa discriminazione delle donne sul luogo di lavoro e la loro tradizionale assenza da posizioni di potere aziendale o politico. Un dato significativo, per esempio, rivela che quasi il 9 per cento delle madri italiane lavoratrici dicono di essere state licenziate a causa di una gravidanza.

“Ora, il protrarsi della crisi economica in Italia sta iniziando a spingere le donne nel mondo del lavoro, mentre i lavori tradizionalmente dominati dagli uomini scompaiono”, spiega il Wall Street Journal.

Infatti, seppure dal 2009 al 2012 il tasso complessivo di disoccupazione in Italia sia salito dal 7,8 per cento al 12 per cento, secondo l’Istat nel 2012 sono state 110.000 le donne italiane in più rispetto all’anno precedente che hanno iniziato a lavorare. E se nel 2008 solo il 5 per cento delle donne sposate con figli guadagnava più del marito, lo scorso anno la percentuale era pari all’8,4 per cento.

Per Magda Bianco, un’economista specializzata sulle questioni di genere presso la Banca d’ Italia, “la crisi ha dato vita a una sorta di rivoluzione involontaria nel mercato del lavoro italiano, un cambiamento che potrebbe finire per cambiare le dinamiche familiari e il potere contrattuale delle donne all’interno di esso.” L’aumento dell’occupazione riguarda settori che si sono rivelati più resistenti alla recessione, quali il servizio civile, l’assistenza sanitaria e le pulizie domestiche.

Gli economisti concordano sul fatto che la crescita del numero delle donne nel mercato del lavoro contribuirebbe nei prossimi anni a controbilanciare gli effetti di una riduzione della popolazione in età lavorativa, agevolando il benessere pubblico e aumentando la competitività.

In particolare, l’Ocse calcola che se i tassi di occupazione femminile in Italia diventeranno pari a quelli degli uomini entro il 2030, la forza lavoro italiana aumenterebbe del 7 per cento e il prodotto interno lordo pro capite crescerebbe di un punto percentuale l’anno per i prossimi 20 anni. Resta da vedere se l’Italia saprà cogliere questa straordinaria opportunità.

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