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Come vivono gli invisibili di Roma

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Migliaia di persone nella capitale sono costrette a vivere in strada. Un reportage di TPI racconta come vivono e perché sono stati costretti a questa scelta

Vivono in dormitori o in alloggi di fortuna, comprese auto e roulotte. I ponti e i viadotti restano i loro punti di riferimento, soprattutto nei dintorni della stazione Termini, dove spesso volontari vanno loro incontro per fornire cibo e aiuti di altro tipo. Sono gli invisibili di Roma, i nuovi poveri, persone che hanno perso la casa o che non l’hanno mai avuta, che si trovano a dover sfidare la sorte e le intemperie, passando la notte dove riescono.

Non è una cosa facile quantificare il loro numero, invisibili per definizione. Secondo l’Istat, nel 2011 a Roma erano 7.827, mentre nel 2014 la fondazione Debenedetti ne ha stimati 3.276, escludendo però chi dorme in ostelli o alloggi temporanei. Non è un caso che, secondo gli operatori, il numero di queste persone non è cambiato, per quanto dare una stima precisa sia quasi impossibile.

La fondazione è precisa su come sono distribuiti gli individui che vivono . Il 57.8 per cento dorme in strada, il 36.3 per cento in un camper o una roulotte e il 5.9 per cento in un’automobile.

Si tratta in ogni caso di un fenomeno soprattutto maschile, dal momento che, sempre secondo le stime della fondazione Debenedetti, le donne senzatetto di Roma sono circa il 13 per cento delle persone che dormono in strada e il 22 per cento di quelle nei dormitori.

Eppure, è proprio una donna, morta oltre 30 anni fa, un simbolo di queste persone invisibili. Si tratta di Modesta Valenti, senzatetto della stazione Termini, che vittima di un malore non fu soccorsa dall’ambulanza, che la ritenne troppo sporca. Modesta è diventata il simbolo della battaglia contro la povertà a Roma, portata avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, ed è un nome familiare tra i senzatetto della capitale, dal momento che compare sulle carte d’identità di molti di loro.

Via Modesta Valenti è un indirizzo di residenza frequente tra i senza fissa dimora. Tuttavia, né il più preparato tassista né il più abile autista di autobus vi ci potranno portare. Via Modesta Valenti è infatti una strada fittizia, istituita per far accedere i senzatetto di Roma a tutti i servizi di cui, senza una residenza, non potrebbero usufruire.

Quando si trovano senza casa, spesso i clochard trovano un alloggio nel centro della città. In quella zona, infatti, tra residenti, persone che vi si recano a lavorare e turisti, è più facile ricevere elemosina o, in altri casi, svolgere accattonaggio. E sono anche le zone dove l’attività caritatevole di organizzazioni come la Caritas e Sant’Egidio è più frequente.

Chi vive in strada vive alla giornata e cerca di arrangiarsi. Una tenda, alcuni cartoni o una semplice coperta possono trasformarsi in un riparo. A dargli un sostegno ci sono mense, dormitori e luoghi dove possono ricevere assistenza anche solo per lavarsi o curarsi. Per venirgli incontro, la Comunità di Sant’Egidio ha realizzato la “Guida a dove mangiare, dormire, lavarsi“.

Questa pubblicazione annuale ricorda in tutto e per tutto le guide che acquista un qualsiasi turista, ma non vi si trovano né i monumenti né i locali più in voga del momento. Al posto degli alberghi, ci sono dormitori pubblici o a bassissimo costo; al posto dei ristoranti, le mense per poveri, anch’esse gratuite o accessibili a prezzi simbolici. Oltre a questo, sono segnati tutti i posti dove ci si può lavare, curare, e ottenere qualsiasi altro tipo di assistenza.

Perchè finiscono a vivere per strada

Sono tante le ragioni che possono portare una persona a finire a vivere per strada, ma quasi sempre la loro permanenza nasce come qualcosa di provvisorio.

“Sono venuto dalla Romania pensando di trovare lavoro alcuni mesi fa”, racconta un senzatetto accampato con una tenda in una strada vicino la stazione Termini. ” É una cosa provvisoria”, aggiunge, “perché vorrei trovare i soldi per tornare nel mio paese”.

Non è diversa la situazione di un invisibile marocchino, che vive sulle banchine del Tevere. “Otto anni fa ho perso il lavoro, stavo nel nord Italia. Sono venuto a Roma, dove la gente è migliore. Ma è una cosa provvisoria”. Anche dopo otto anni e un’apparente abitudine alla vita in strada, nessuno si rassegna al fatto di affrontare una quotidianità da senzatetto, basata nella maggior parte dei casi su un’attesa provvisoria, che rischia di trasformarsi in permanenza definitiva.

Lo stesso uomo racconta che viveva sotto il centrale ponte Garibaldi, che collega largo di Torre Argentina a Trastevere. Tuttavia, si è dovuto spostare dopo che le forze dell’ordine hanno sgomberato le banchine della zona, dopo che qui, nel luglio 2016, era stato ucciso lo studente americano Beau Solomon.

In un mondo di persone che vivono alla giornata, c’è anche chi ha provato a creare una propria attività. Andando sotto il viadotto che separa via Ettore Rolli da piazzale della Radio, nella zona Portuense, possiamo trovare due bancarelle di libri usati. I gestori sono entrambi senzatetto.

(sotto: il video del senzatetto che vende i libri, realizzato da Tiziano Rugi)

Il primo è un signore tedesco, dalla lunga barba grigia e dai modi amichevoli. Vende libri a “centocinquanta centesimi”, dice. Dopo essere stato arrestato nella Germania est, dove aveva “fatto una grossa cazzata”, è venuto a vivere a Roma, dove, per l’amore dei libri, ha iniziato a fare il libraio e a diventare un punto di riferimento per i romani del quartiere, che spesso vengono a trovarlo, parlando con lui e regalandogli biglietti gratta e vinci.

La sua esperienza è stata un simbolo di emulazione, perché l’altro senzatetto che vende libri usati sotto al viadotto racconta di aver preso esempio proprio dal collega. “Vivevo sotto il ponte dell’Industria, ma ho saputo che qui c’era un uomo che vendeva i libri, e ho iniziato a farlo anche io”. Quest’altro mercante viene dalla Romania, e in Italia svolgeva soprattutto lavori di trasporto materiali. Proprio durante uno di queste mansioni, l’uomo si ruppe la schiena, non potendo più lavorare e rimanendo senza casa.

Questi uomini raccontano volentieri le loro storie e si intrattengono con gentilezza verso chi si avvicina. Lasciano anche che si facciano riprese ai luoghi in cui vivono, ma preferiscono sempre non apparire. Sembra che quel provvisorio permanente che li avvolge continui a essere un compagno delle loro esistenze; che non vogliano apparire, come se la speranza di non vivere più ai margini della società non venga mai meno, anche quando le loro parole sono di totale rassegnazione o di fiera scelta di una vita da homeless.

Ma sono solo queste le storie di chi è povero a Roma e di chi ha perso la casa? Ovviamente no, ed è estremamente difficile poterne raccontare un campione rappresentativo. Il rapporto del 2014 di Sant’Egidio ha evidenziato come nell’anno precedente il PIL della capitale fosse sceso del 9 per cento, con la disoccupazione al 12 per cento e il conseguente aumento di richieste di aiuto anche da parte di italiani.

Nel 2014, per esempio, il 90 per cento degli italiani costretti a dormire per strada — il dato è della fondazione Debenedetti — sono in possesso di un indirizzo di residenza, e questo lascia intendere che si tratta di persone cadute in povertà da poco tempo.

Tra gli stranieri, invece, il 46 per cento è arrivato privo di documenti. Un fatto strettamente collegato all’emergenza migranti, esplosa negli ultimi anni, che ha portato a Roma, soprattutto a livello di transito, un alto numero di persone costrette a vivere in alloggi di fortuna o estremamente precari. Si tratta, per esempio, dei migranti che dopo la chiusura del centro Baobab di via Cupa hanno trovato rifugio sotto ai portici della basilica di San Lorenzo fuori le Mura.

Video realizzato da Tiziano Rugi

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