Il referendum sulle trivelle del 17 aprile per i giacimenti petroliferi nel Mar Adriatico
Si terrà il 17 aprile 2016 e sarà valido solo se andrà a votare la maggioranza degli aventi diritto al voto. Ecco cosa prevede e quali conseguenze può avere
Il 17 aprile si terrà il cosiddetto referendum anti-trivelle. Il 15 febbraio 2016, su proposta del Consiglio dei ministri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha indetto il referendum abrogativo, poi pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
Il referendum del prossimo 17 aprile è stato promosso da nove regioni italiane contro i progetti petroliferi del governo: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Inizialmente erano dieci, poi l’Abruzzo si è tirato indietro.
La Costituzione italiana prevede infatti che un referendum possa essere indetto su richiesta di almeno 5 consigli regionali. È la prima volta nella storia che questa possibilità viene messa in atto.
Le associazioni ambientaliste si stanno dando da fare per informare i cittadini sulla questione delle trivellazioni del Mar Adriatico. Il 24 febbraio scorso Greenpeace era entrata in azione in centro a Roma per invitare i cittadini a votare SÌ, mostrando un lungo striscione: “L’Italia non si trivella”.
Secondo quanto sostiene Greenpeace, le trivelle sono una grave minaccia per i mari e condannano l’Italia alla dipendenza dalle fonti fossili: un favore alle lobby del petrolio che espone a rischi enormi economie importanti come il turismo e la pesca.
Il quesito referendario recita: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Sono materia di referendum solo le trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa.
L’attuale legge in materia, il decreto legislativo 152 del 2006, il cosiddetto codice dell’ambiente, all’articolo 6, comma 17 stabilisce che “ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare”.
Il quesito propone di abrogare una frase dell’articolo che recita: “I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”, che permette di continuare a sfruttare il giacimento finché ci sarà gas o petrolio e non finché scadrà la concessione.
Tante sono state le polemiche sul fatto che la data del referendum non sia stata fatta coincidere con le amministrative di giugno, in un unico election day, rendendo così più facile il raggiungimento del quorum previsto dai referendum abrogativi e rappresentando un notevole risparmio economico per le casse dello stato.
Sarebbe però stato impossibile dal momento che la legge che in Italia regola l’election day, il decreto legge 98 del 2010, non prevede che i referendum vengano fissati nella stessa data delle altre elezioni.
L’articolo 7 dice infatti che le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei Presidenti delle province e delle regioni, dei Consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un’unica data nell’arco dell’anno. I referendum non rientrano nell’elenco.
Secondo l’articolo 75 della Costituzione, la proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
È necessario quindi un quorum per renderlo valido e la coincidenza con le elezioni amministrative avrebbe certamente reso questo obiettivo più facile.
Se vincerà il SÌ non sarà possibile continuare a sfruttare i giacimenti petroliferi dopo la scadenza delle concessioni entro le 12 miglia. Tale disposizione in ogni caso non si applicherebbe alle trivellazioni sulla terraferma e a quelle che si trovano oltre le 12 miglia. Se vincerà il NO nessuna frase della legge verrà abrogata e tutto rimarrà com’è.