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L’Iraq dovrà essere diviso in tre stati

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Secondo Masrour Barzani, capo del consiglio di sicurezza del Kurdistan iracheno, quando l'Isis sarà sconfitto sciiti, sunniti e curdi avranno ognuno il suo stato

Una volta che l’Isis sarà stato sconfitto, l’Iraq dovrà essere diviso in tre entità separate, creando uno stato sciita, uno sunnita e uno curdo, per prevenire lotte fratricide di stampo confessionale, ha dichiarato un alto funzionario curdo giovedì 16 giugno 2016.

L’esercito iracheno ha espulso il sedicente Stato islamico da alcune delle città occupate dai miliziani nel 2014 e sta avanzando verso Mosul, la città più grande in mano al gruppo. La sua caduta potrebbe provocare la fine dell’autoproclamato califfato.

Ma anche se l’Isis dovesse essere eliminato, l’Iraq resta profondamente diviso. Le violenze settarie proseguono e l’accordo (informale) di spartizione del potere ha portato a un profondo malcontento, all’impasse politica e alla crescente corruzione.

Masrour Barzani, figlio del presidente del Kurdistan iracheno e capo del consiglio di sicurezza, ha detto che ormai la sfiducia reciproca impedisce di restare “sotto lo stesso tetto”.

“La soluzione federativa non ha funzionato, quindi dobbiamo muoverci nel senso della confederazione o della separazione”, ha dichiarato Barzani a Reuters. “Se avremo tre stati confederati, ci saranno tre capitali e nessuna di esse sarà al di sopra delle altre”.

I curdi hanno già fatto alcuni passi verso l’indipendenza dall’Iraq, che dalla caduta di Saddam Hussein è sotto il controllo della maggioranza sciita.

Gestiscono gli affari interni e hanno le loro forze armate, i peshmerga, che combattono l’Isis con l’aiuto della coalizione guidata dagli Stati Uniti.

Ai sunniti sarà data la possibilità di realizzare altrettanto in quelle province dove rappresentano la maggioranza, nel nord e ovest del paese, ha detto Barzani.

“Ciò che offriamo è una soluzione. Non significa che vivremo sotto lo stesso tetto ma potremo diventare buoni vicini. Una volta che ci sentiremo tutti a nostro agio e avremo di fronte a noi un futuro brillante e sicuro, potremo cominciare a cooperare l’uno con l’altro”.

Il presidente Massoud Barzani ha chiesto quest’anno un referendum sull’indipendenza del Kurdistan dato che la regione è coinvolta in una disputa territoriale e fiscale con il governo centrale.

Baghdad ha sospeso i pagamenti del budget federale per convincere il Kurdistan a vendere il greggio prodotto nel suo territorio attraverso la compagnia di stato e non in modo indipendente. I curdi ritengono che la regione di Kirkuk, ricca di petrolio, faccia parte del proprio territorio.

Barzani ha detto che la popolazione sunnita si sente emarginata dalla leadership sciita e che questo ha facilitato l’avvento dell’Isis.

Inoltre, l’Iraq è stato paralizzato da mesi di impasse politica mentre il primo ministro procedeva a un rimpasto di governo nel tentativo di mettere un freno alla corruzione.

A maggio, il movimento di protesta ha fatto irruzione nella Zona Verde della capitale che ospita gli edifici governativi e le rappresentanze diplomatiche.

I sunniti, tuttavia, ritengono che il piano proposto da Barzani sia difficile da implementare. Essi sono infatti sparpagliati sull’intero territorio iracheno e demarcare un’area porterebbe a nuovi conflitti.

Diversamente dai curdi, che si concentrano nel nord e nordest del paese, i sunniti sono presenti anche nel cuore del territorio sciita a sud di Baghdad e nella zona di Basra.

“Dividere l’Iraq significa ancora distruzione, ancora violenza e ancora guerra”, ha dichiarato Hassan al-Shwerid, deputato sunnita a capo della commissione parlamentare sulle relazioni estere.

Abdul Rahman Sultan, membro del consiglio provinciale di Niniveh ha detto che conferire maggiori poteri alle regioni per la gestione degli affari interni, replicando il modello del Kurdistan, è una soluzione migliore della spartizione. “Ci sarebbero conflitti per la terra e per le risorse”, ha aggiunto Sultan. 

“Dopo aver sconfitto Daesh, gli iracheni dovranno sedere insieme e trovare un accordo su come amministrare congiuntamente il paese e non su come dividerlo”, ha commentato un altro deputato sunnita, Ahmed al-Misari. “Se vogliamo un Iraq unito, tutte le comunità devono avere gli stessi diritti”.

Secondo Barzani, prima della capitolazione di Mosul le comunità cittadine dovranno accordarsi su come gestire l’indomani per non rischiare che la città appena liberata cada nel caos.

La popolazione di Mosul prima dell’avvento dell’Isis era di 2 milioni, in maggioranza sunniti, inclusi cristiani, sciiti, yazidi, curdi e turcomanni.

Quasi tutti gli appartenenti alle comunità non sunnite hanno lasciato la città all’arrivo dell’Isis, insieme a centinaia di migliaia di sunniti.

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