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Home » Esteri

Il muro di Berlino, 29 anni fa

Immagine di copertina

Il 9 novembre 1989 cadeva il simbolo della Guerra Fredda e della divisione del mondo in due blocchi

La mattina del 13 agosto 1961 i cittadini di Berlino si svegliarono trovando la loro città diversa.

Era in corso la costruzione di un muro sul confine che separava a metà la capitale tedesca dalla fine della seconda guerra mondiale.

— “I muratori della nostra capitale sono essenzialmente occupati alla costruzione di alloggi. Nessuno ha l’intenzione di costruire un Muro”, Walter Ulbricht, leader della Germania Est (15 giugno 1961, due mesi prima della costruzione del Muro).

La Porta di Brandeburgo

Erano state le autorità della filosovietica Germania Est, la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), a costruirlo, facendo il più in fretta possibile. Lo chiamarono Antifaschister Schutz-wall, ovvero barriera di protezione antifascista, sostenendo che servisse a proteggere la città da eventuali aggressioni dall’ovest.

Ma non era dai fascisti né dall’ovest che dovevano proteggersi, bensì dalle numerose fughe dei propri cittadini verso la democratica Berlino ovest. Si stima infatti che quasi 3 milioni di tedeschi dell’est tra il 1948 e il 1961 siano fuggiti nella Germania Ovest. Una media di oltre 2mila fughe al giorno, fatto che spinse la nomenclatura della DDR a correre ai ripari in modo drastico.

Potsdamer Platz 

La divisione di ciò che rimaneva del vasto territorio tedesco dopo la seconda guerra mondiale fu sancita ufficialmente nel 1949 con la nascita di due diversi stati: la Repubblica Federale Tedesca (RDT) a ovest, nei territori che al termine della seconda guerra mondiale furono occupati dalle potenze alleate, e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), in corrispondenza con l’area di occupazione sovietica.

Le fughe da est a ovest non erano dovute alla sola volontà di spostarsi in uno stato più libero o più ricco: la divisione della Germania portò, infatti, interi nuclei familiari e sociali a essere forzatamente divisi in due stati differenti.

Il muro, e l’intera città di Berlino, divennero presto uno dei simboli della divisione del mondo in due blocchi. Fu poco dopo la costruzione del muro, il 26 giugno 1963, che l’allora presidente americano John Fitzgerald Kennedy dal Rathaus Schoneberg – la sede del sindaco e del governo cittadino di Berlino ovest dal 1948 al 1990 – portò la questione berlinese all’attenzione di tutto il mondo.

— “Tutti gli uomini liberi, ovunque si trovino, sono cittadini di Berlino. Come uomo libero, quindi, mi vanto di dire: Ich bin ein Berliner”, John Fitzgerald Kennedy (26 giugno 1963).

“Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire ‘Civis Romanus Sum’. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire ‘Ich bin ein Berliner’”, disse l’allora presidente americano in un discorso che ha scritto la storia, ricordando così ai berlinesi dell’ovest, isolati in un fazzoletto di territorio circondato dalla DDR, che non erano soli.

Peter Fechter Memorial

Tra il 1961 e il 1989 – rispettivamente gli anni di costruzione e di demolizione del famigerato muro – nella sola città di Berlino furono oltre 100mila i cittadini che scapparono da est a ovest. Di queste, oltre 600 sono state uccise dai colpi di arma da fuoco dei militari della DDR (che avevano l’ordine di sparare a vista su chi tentava di scavalcare il muro) o in incidenti avvenuti nel tentativo di fuga verso Berlino ovest.

— “Meglio mezza Germania tutta che tutta la Germania a metà”, Konrad Adenauer.

Il timore delle fughe – che rischiavano di trasformarsi in una vera piaga demografica per la DDR – fu tale che il muro non fu ritenuto sufficiente. I punti di attraversamento, infatti, furono ridotti a tre: i checkpoint Alpha, Bravo e Charlie, quest’ultimo nella centralissima Friedrichstrasse e tutt’oggi meta di numerosi turisti.

Nel 1975 fu creata intorno al muro, sul versante orientale, una “striscia della morte”, come era chiamata, composta da recinzioni, torri di guardia e un fossato anticarro con l’obbiettivo non solo di non far arrivare i propri cittadini a Berlino Ovest, ma di non farli nemmeno avvicinare al muro.

Checkpoint Charlie

I tentativi di fuga, tuttavia, non avvennero solo da est a ovest, ma anche in senso contrario, seppur più limitatamente. La Germania ovest lasciava notevole libertà ai propri abitanti di avvicinarsi al muro, perciò la maggior parte delle fughe erano dovute alla contrarietà verso l’esistenza stessa di quella barriera, che aveva diviso in due la città. In questo senso, il militante pacifista canadese John Runnings nel 1986 percorse il muro camminandovi in equilibrio per circa 500 metri, finché le autorità della DDR non lo costrinsero a scendere per rimandarlo all’ovest.

— “Mister Gorbaciov, apra questa porta, Mister Gorbaciov, abbatta questo Muro…”, Ronald Reagan (12 giugno 1987).

Diverso, invece, il caso avvenuto nel 1988, quando le amministrazioni di Berlino est e Berlino ovest pianificarono uno scambio di territori – fatto reso possibile grazie a un accordo del 1971 – relativo al Lenneè Dreieck, una piccola zona giuridicamente controllata dalla Germania Est, ma che si trovava a ovest del muro (diversamente da quanto si possa pensare, il tragitto del muro non coincideva in tutto e per tutto con il confine tra Germania Est e Germania Ovest).

(Nella foto: una giovane ragazza della Germania Ovest piccona contro il muro di Berlino, il 19 novembre 1989)

Prima che lo scambio entrasse in vigore, però, un gruppo di punk del quartiere occidentale di Kreuzberg si stabilì nell’area – di fatto terra di nessuno – creando un proprio villaggio di baracche. Quando l’ovest prese possesso dell’area il primo luglio 1988, i punk dettero luogo a un’insolita fuga di massa verso est, scavalcando il muro.

— “Una riunificazione troppo rapida potrebbe porre problemi politici enormi a Gorbaciov, che rischierebbe di essere rovesciato. E ciò sarebbe una catastrofe per tutto il mondo”, Margaret Thatcher (25 gennaio 1990).

La svolta per la storia dell’innaturale divisione della città, però, non arrivò dalla Germania. Mentre nell’Unione Sovietica avvenivano riforme volte a garantire la libertà ai cittadini, i cambiamenti iniziarono ad arrivare anche nei diversi Paesi del blocco orientale filosovietico.

Fu l’Ungheria a far scoccare la prima scintilla, il 23 agosto 1989, aprendo le proprie frontiere verso la vicina Austria. Da quel momento, 13mila tedeschi dell’est abbandonarono la loro nazione, per recarsi in Ungheria e da lì andare a ovest della cortina di ferro. Il successivo annuncio del governo ungherese che diceva che l’attraversamento del confine con l’Austria era consentito solo agli ungheresi non li scoraggiò, e le migliaia di profughi si rifugiarono nelle ambasciate della Germania ovest di Praga e Budapest.

(Nella foto qui sotto: i cittadini di Berlino ovest di fronte al checkpoint Charlie, nel luglio del 1963)

Il dado era ormai tratto, e il processo che aveva avuto inizio risultò irreversibile. In Germania Est iniziarono grandi manifestazioni contro i dirigenti politici che governavano incontrastati il Paese dalla sua nascita. Il leader della DDR Erich Honecker fu costretto a dimettersi dal suo incarico il 18 ottobre.

— “Il Muro esisterà ancora fra cinquanta e anche fra cento anni, fino a quando le ragioni della sua esistenza non saranno venute meno”, Erich Honecker, presidente della Germania Est (Gennaio 1989).

Il 4 novembre oltre mezzo milione di tedeschi dell’Est manifestarono a Berlino, ad Alexanderplatz, e pochi giorni dopo il nuovo leader della DDR, Egon Krenz, decise che sarebbero stati concessi permessi ai cittadini dell’est per viaggiare verso ovest.

Proprio su questo argomento, il 9 novembre 1989, il ministro della Propaganda Gunther Schabowski tenne una conferenza stampa, e alla domanda “Quando sarebbe entrato in vigore il permesso di recarsi a ovest per i cittadini della DDR?” rispose: “Se sono stato informato correttamente, quest’ordine diventa efficace immediatamente”.

(Nella foto qui sotto: cittadini della Germania Est si arrampicano sul muro di Berlino appresa la notizia del’apertura del confine, il 10 novembre 1989)

— “Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due”, Giulio Andreotti, in occasione della riunificazione.

Appresa la notizia, migliaia di tedeschi dell’Est si recarono ai posti di confine per trasferirsi oltre il muro, rendendo la situazione in breve tempo ingestibile e costringendo le guardie di frontiera ad aprire i posti di blocco. Dall’altra parte del muro, i tedeschi dell’ovest accolsero i loro fratelli a braccia aperte.

Il muro aveva perso così ogni sua funzione, e fu una liberazione per migliaia di tedeschi poter iniziare ad avvicinarsi, abbattere quel muro che da decenni solcava in modo innaturale la città. Era il 9 novembre 1989.

(Nella foto qui sotto: la Torre di Berlino nei giorni della celebrazione del 25esimo anniversario della caduta del muro)

Quel giorno, 28 anni fa, è ricordato come la data della caduta del muro di Berlino. Nel marzo del 1990, la Germania Est tenne le uniche elezioni libere nella storia del Paese.

Il 3 ottobre 1990 la DDR cessò di esistere, e il suo territorio iniziò a far parte della Repubblica Federale Tedesca. La Germania, finalmente, era tornata una sola.

(Nella foto qui sotto: il leader sovietico Mikhail Gorbachev e il leader della Germania Est Erich Honecker, il 21 aprile 1986)

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