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Il nuovo parlamento in Myanmar guidato dal partito di Aung San Suu Kyi

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Da Lunedì 1° febbraio 2016 il partito della Lady birmana ha il controllo delle due camere. È l'inizio di una nuova era?

Dopo mezzo secolo di dominio militare incontrastato in Myanmar, il partito di Aung San Suu Kyi ha preso possesso del nuovo parlamento birmano, insediatosi lunedì primo febbraio 2016, grazie a una maggioranza che permetterà al premio Nobel per la pace di instaurare un governo democraticamente eletto per la prima volta da cinquant’anni a questa parte.

Le elezioni del novembre 2015 hanno assegnato l’80 percento dei seggi disponibili alla Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi135 seggi della camera alta e 255 seggi della camera bassa. Il giuramento della leader birmana si è tenuto contestualmente all’ingresso formale dei rappresentanti del suo partito in parlamento: un momento atteso da oltre 25 anni.

All’esercito sono invece destinati un quarto dei seggi complessivi (56 alla camera alta e 110 alla camera bassa). Nel 1962 i militari avevano rovesciato l’ultimo governo democraticamente eletto e preso il potere, difendendolo nel corso degli anni con una repressione spesso feroce.

Lo sa bene Aung San Suu Kyi, leader della nuova maggioranza parlamentare e premio Nobel per la pace nel 1991, che ha scontato diversi anni di detenzione – perlopiù domiciliare – a causa del suo attivismo politico.

Il suo partito aveva già vinto le elezioni del 1990. In quell’occasione, la giunta militare si era rifiutata di riconoscere il risultato del voto.

Alle elezioni successive – tenutesi solo vent’anni più tardi, il 7 novembre del 2010 – ad Aung San Suu Kyi non venne consentito di partecipare. Venne rilasciata dai domiciliari sei giorni dopo le consultazioni.

Nel 2012, quando vennero indette elezioni straordinarie per riempire i seggi vacanti, il partito di Aung San Suu Kyi vinse 43 dei 45 seggi in palio.

Il Myanmar si è imbarcato in un lento processo di riforme volte a una maggiore democratizzazione della società sotto la guida del presidente Thein Sein, un ex generale. È stato il suo governo ad annunciare nel corso del 2015 che si sarebbero tenute le elezioni poi vinte con ampio margine dal partito di Aung San Suu Kyi.

Il presidente Thein Sein lascerà il suo posto il prossimo aprile, quando verrà sostituito da un nuovo presidente. Tuttavia, la costituzione in Myanmar non permette ad Aung San Suu Kyi di diventare presidente del paese perché i suoi due figli hanno la cittadinanza straniera (britannica).

Non è ancora chiaro chi sarà il candidato della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyivisto che il suo partito non ha ancora individuato un vice-leader.

Ciascuna delle due camere del parlamento proporrà il suo candidato, mentre un terzo concorrente verrà selezionato dai militari. Le camere voteranno quindi in seduta congiunta e i due candidati esclusi serviranno come vice-presidenti.

Aung San Suu Kyi ha dichiarato di essere perfettamente in controllo della situazione, aggiungendo di essere “al di sopra del presidente” grazie alla sua maggioranza parlamentare.

Nella lenta transizione democratica, però, i militari hanno mantenuto il controllo di alcuni ministeri chiave: come quello dell’Interno, della Difesa e degli Affari di Frontiera.

L’ambasciatore dell’Unione Europea in Myanmar, Roland Kobia, ha elogiato i progressi compiuti dal paese sulla via della democratizzazione.

“Il Myanmar sta, passo dopo passo, confermando le proprie aspirazioni a un vero cambiamento democratico e una nuova direzione politica genuina. Resta ancora molto da fare, ma un progresso significativo è possibile con l’impegno del popolo del Myanmar e la volontà politica dei suoi leader”, ha detto Kobia.

Gli fa eco il dipartimento di Stato americano, che ritiene l’insediamento del parlamento un passo in avanti molto importante per la transizione democratica del Myanmar, anche se precisa che l’ottenimento di una democrazia completamente sviluppata necessita di ulteriori passi.

“L’impegno che hanno preso i leader politici del Myanmar di lavorare insieme nello spirito dell’unità nazionale e della riforma ci incoraggia, e speriamo che questo atteggiamento diventi una costante per tutta la durata del periodo di transizione e oltre”, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano John Kirby.

Secondo il presidente uscente della camera bassa del parlamento del Myanmar, Shwe Mann, il popolo nutre la speranza che una volta che il partito di Aung San Suu Kyi avrà preso le redini del governo, tutti i problemi saranno risolti e il paese riceverà investimenti stranieri, rilanciando un’economia fiacca segnata da anni di isolamento.

Nota dolente per l’aspirante democrazia asiatica è la costante esclusione delle minoranze del paese. Infatti, centinaia di migliaia di persone, inclusa la minoranza musulmana Rohingya, non hanno la cittadinanza e non hanno potuto votare alle elezioni.

— Leggi
anche: La storia di Aung San Suu Kyi
 

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