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Home » Esteri

Cosa sta succedendo tra Stati Uniti e Corea del Nord

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Tra i due paesi la situazione sembra farsi sempre più tesa

Il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha detto, nel marzo del 2017, che gli Stati Uniti sono pronti a svolgere un “preemptive attack” (un attacco preventivo in presenza di una concreta minaccia) qualora la Corea del Nord non mostrasse la volontà di porre fine al suo programma militare. A queste affermazioni, è seguita la decisione del presidente Donald Trump di inviare la portaerei Carl Vinson con il suo gruppo di battaglia al largo delle coste nordcoreane.

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Negli stessi giorni, i media hanno parlato della possibilità di un nuovo test nucleare da parte di Pyongyang, al quale, secondo la NBC, gli Stati Uniti sarebbero pronti a rispondere con il preemptive attack di cui ha parlato Tillerson, che sarebbe – sempre secondo l’emittente statunitense – già stato messo a punto.

A queste azioni, il 15 aprile il governo nordcoreano, nel giorno della festa per i 105 anni dalla nascita del fondatore del paese Kim-Il-sung, ha dichiarato di essere pronto a rispondere a un attacco nucleare con un attacco nucleare.

Non sappiamo se quello cui stiamo assistendo sia solo uno scontro diplomatico portato avanti con il deterrente di un possibile conflitto armato o se siamo veramente di fronte ai preparativi di una guerra tra due paesi che dispongono nel proprio arsenale di armi nucleari, ciò che è certo è che da anni tra i due paesi non si assisteva a una simile tensione.

A rendere ancora più complicata la situazione ci sono due elementi: l’alone di mistero e di segretezza su ciò che avviene in Corea del Nord e la totale imprevedibilità che finora ha mostrato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella sua politica estera. Due elementi che rendono ancora più difficile capire cosa stia succedendo nella penisola coreana.

TRUMP FA SUL SERIO?

La prima questione è quella legata agli Stati Uniti. Donald Trump ha chiaramente deciso di cambiare approccio da parte degli Stati Uniti verso la Corea del Nord. Washington nelle scorse amministrazioni si è sempre limitata ad azioni quali sanzioni o dichiarazioni pubbliche, oltre a mantenere fin dalla guerra di Corea conclusasi nel 1953 un importante contingente militare presente in Corea del Sud che ha contribuito a funzionare come deterrente per un conflitto nella penisola.

Una strategia sostanzialmente più attendista che altro, prima in parte dettata dal fatto che la Corea del Nord era apertamente difesa dalla Cina, paese che col tempo, di fronte ai nuovi test nucleari di Pyongyang si è mostrata maggiormente insofferente verso il proprio vicino. Un fatto che ha portato gli Stati Uniti ad una forma di attendismo diversa, forse nella speranza che le pressioni cinesi facessero cambiare atteggiamento ai nordcoreani.

Tuttavia, visto che la Corea del Nord non ha cessato i propri test nucleari, Trump ha voluto cambiare la strada da seguire nei rapporti con Pyongyang. E l’invio di una portaerei, oltre a un’aperta minaccia di un attacco, non sono tutto.

Ci sono due episodi che hanno visto protagonisti gli Stati Uniti e che, secondo alcuni analisti, sarebbero dei messaggi indiretti alla Corea del Nord.

Il primo di questi è stato il bombardamento contro una base del regime siriano di Assad in seguito all’accusa verso quest’ultimo di aver usato armi chimiche contro i ribelli. Il secondo, invece, l’uso della MOAB, il più potente ordigno non atomico esistente, contro una base dell’Isis in Afghanistan.

Diversi analisti hanno infatti visto nel primo gesto un messaggio alla Corea del Nord relativo al fatto che gli Stati Uniti non hanno intenzione di tollerare alcun utilizzo di armi, chimiche o nucleari, non autorizzato. E neanche il regime di Assad, fino a quel momento mai toccato direttamente dagli attacchi statunitensi, avrebbe fatto eccezione.

Il secondo, sarebbe un altro messaggio. Ovvero che gli Stati Uniti dispongono di armi non atomiche in grado di colpire in maniera particolarmente dura ed efficace.

Ma la domanda è: se davvero questi gesti sono stati dei messaggi alla Corea del Nord, uniti all’invio della portaerei Vinson, c’è la reale volontà di Donald Trump a muovere guerra a Pyongyang o si tratta solo di una strategia volta a mettere i nordcoreani sulla difensiva e, magari, evitare di svolgere test nucleari, magari dietro la pressione del vicino cinese preoccupato da una possibile escalation nella regione?

L’INCOGNITA NORDCOREANA

La Corea del Nord è uno stato che ha fatto dell’alone di mistero che la avvolge una delle sue forze. Questo paese dispone sulla carta della più numerosa forza militare del paese, pari a oltre sette milioni di persone tra militari attivi, riservisti e forze paramilitari. Oltre a questo, dispone di armi nucleari, sulla carta capaci di percorrere migliaia di chilometri.

Se sulla potenza numerica dell’esercito i media occidentali non hanno mai messo in dubbio alcunché, diversa è la questione relativa all’atomica nordcoreana. I media occidentali hanno dichiarato che molti dei test balistici dei missili non sarebbero andati a buon fine e che in realtà Pyongyang non sarebbe in grado di lanciare per un raggio particolarmente lungo queste armi.

Il fatto è che se l’occidente non sa, non può davvero conoscere fino in fondo di quante testate nucleari e rampe di lancio disponga la Corea del Nord e dove le tenga nascoste. In altri termini, non è detto che gli Stati Uniti siano in grado di eliminare con un “preemptive attack” l’intero arsenale nucleare nordcoreano il quale, anche non fosse in grado di lanciare missili intercontinentali, potrebbe avere tutti gli strumenti per colpire il vicino sudcoreano e le truppe statunitensi presenti lì.

In altri termini, gli Stati Uniti, anche dovessero lanciare un attacco molto preciso, non avranno mai la certezza di poter evitare un attacco atomico di Pyongyang.

I VICINI

In tutto ciò Cina e Russia, i due paesi che oltre alla Corea del Sud confinano con la Corea del Nord, hanno definito la situazione in corso come potenzialmente molto pericolosa. Qualsiasi processo pacifico nella regione dovrebbe passare, oltre che da Washington, anche da loro. Forse è proprio a loro che si sta dirigendo un possibile messaggio lanciato da Donald Trump, in particolare modo a Pechino, che è sempre stato il governo che più ha difeso Pyongyang.

Altro elemento importante è l’altro vicino, appunto la Corea del Sud, formalmente in uno stato di armistizio con Pyongyang dal 1953, quindi sostanzialmente non una vera pace ma un’interruzione della guerra di Corea di quegli anni e che, in caso di attacco statunitense, difficilmente potrebbe rimanere tale.

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