Campi di prigionia
Un rapporto di Amnesty mostra le immagini satellitari dei campi per prigionieri politici in Corea del Nord, in continua espansione
Prigionieri costretti a scavare la propria fossa e poi uccisi, detenuti strangolati a morte dalla polizia penitenziaria, donne obbligate a prostituirsi e poi fatte sparire. Succede nei campi di prigionia della Corea del Nord, dove si stima che siano rinchiuse circa 200 mila persone che soffrono ogni giorno tremende atrocità.
Il sistema è in continua espansione. L’associazione Amnesty International ha pubblicato l’analisi di alcune fotografie satellitari, scattate nel mese di ottobre, dei 2 campi di prigionia politica (Kwanliso) più estesi del Paese: il campo 15 a Yodok in provincia di South Hamgyong e il campo 16 a Hwaseong nella provincia del Nord Hamgyong. Le immagini, diffuse dalla Cnn, mostrano che il campo 16 si estende per 560 kilometri quadrati – tre volte la dimensione della capitale degli Stati Uniti, Washington Dc – e che in entrambi i campi sono in corso lavori di espansione, compresa la costruzione di nuovi blocchi di abitazioni e impianti di produzione.
L’associazione ha pubblicato inoltre un rapporto che include la testimonianza di una ex guardia carceraria del campo 16 e di alcuni sopravvissuti del campo 15 e denuncia che le strutture sono parte di “continue violazioni sistematiche, diffuse e gravi dei diritti umani in tutto il Paese”.
Nonostante le immagini satellitari e le testimonianze raccolte, Pyongyang continua a negare l’esistenza dei Kwalniso. Secondo Amnesty, molti prigionieri sono detenuti solo perché hanno guardato una soap opera straniera o perché hanno una particolare fede religiosa, altri perché sono legati a qualcuno considerato “politicamente indesiderabile”.
L’autore del rapporto, il ricercatore di Amnesty Corea del Nord, Rajiv Narayan, ha dichiarato alla Bbc: “Le persone vengono inviate nei campi di prigionia politici senza un’accusa, figuriamoci una prova, molti di loro semplicemente perché conoscono qualcuno che è caduto in disgrazia”. Narayan ha aggiunto: “Chiediamo alle autorità nordcoreane di riconoscere l’esistenza dei campi, chiuderli e consentire il libero accesso agli osservatori indipendenti per i diritti umani come Amnesty International.”
Già a settembre di quest’anno, un’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Corea del Nord aveva evidenziato le atrocità “indicibili” e “diffuse” che si verificano nei campi e richiedono una risposta internazionale. Tra queste, la storia di una madre costretta a soffocare il proprio bambino e un detenuto costretto a mangiare roditori e lucertole per sopravvivere.