L’Arabia Saudita condanna a morte 14 persone con l’accusa di terrorismo
A gennaio erano state giustiziate 47 persone, di cui 43 militanti sunniti e quattro sciiti
Mercoledì 1 giugno l’Arabia Saudita ha condannato a morte quattordici persone con l’accusa di terrorismo. I condannati erano stati arrestati dalla polizia nella provincia orientale di Qatif, a maggioranza sciita, durante alcune proteste anti-governative.
A gennaio erano state giustiziate 47 persone, di cui 43 militanti sunniti e quattro sciiti, sempre con l’accusa di terrorismo. Dal 2014 l’Isis ha compiuto numerosi attacchi nelle aree a maggioranza sciita del paese.
Gli sciiti in Arabia Saudita, una nazione a maggioranza sunnita, sostengono di essere discriminati dal governo. L’esecuzione di un importante religioso sciita a gennaio aveva provocato scontri settari tra le due comunità e un innalzamento della tensione con l’Iran, la più importante nazione sciita nel mondo islamico.
Le associazioni per la difesa dei diritti umani criticano il sistema giudiziario saudita e denunciano l’assenza di un equo processo, l’utilizzo della tortura negli interrogatori e il fatto di utilizzare in alcuni casi l’accusa di terrorismo anche per condannare i manifestanti pacifici.
In Arabia Saudita le esecuzioni avvengono tramite decapitazione in pubblico. La legge punisce con la pena di morte anche crimini come l’adulterio, la rapina a mano armata, la stregoneria, l’apostasia e i crimini legati all’uso e al traffico di droga. Possono essere giustiziati anche i minori.
Spesso i parenti delle vittime non vengono avvisati delle esecuzioni e, talvolta, non possono nemmeno celebrare i funerali perché non vengono restituiti loro i corpi.
Secondo i dati pubblicati in un rapporto di Amnesty International del 2015, la pena capitale in Arabia Saudita uccide una persona ogni due giorni. Da gennaio 1985 a giugno 2015 almeno 2.208 persone sono state vittime della pena di morte nel paese.
Nel rapporto sulla pena di morte di Amnesty International relativo al 2014, l‘Arabia Saudita è stata preceduta solamente dalla Cina, anche se in questo caso non esistono dati precisi in materia perché sono considerati segreto di stato, e dall’Iran, dove nel 2015 sono state giustiziate 694 persone.