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Vaccinazioni in Lombardia: si parte con gli Over 80, ma servono più strutture – Il documento dell’ATS

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Vaccinazioni in Lombardia: si parte con gli Over 80

“Rivedere la Legge 23 è indispensabile: serve una medicina più vicina alla comunità”. A dirlo non è un esponente dell’opposizione in Regione Lombardia o uno dei numerosi addetti ai lavori che nel corso di quasi un anno di pandemia hanno evidenziato le criticità del sistema sanitario lombardo. Sono parole che Letizia Moratti, erede di Giulio Gallera alla guida dell’assessorato al Welfare, ha pronunciato nel corso del webinar “Dalla sanità alla promozione della salute: un nuovo paradigma per lo sviluppo del Welfare locale”, organizzato da Anci Lombardia.

La vicepresidente della Lombardia ha spiegato che “in questo momento l’assoluta priorità è il tema vaccinale, ma il percorso della Legge 23 prosegue. Mi sono presa del tempo, in questo momento sto facendo un processo di ascolto sentendo gli stakeholder e studiando i suggerimenti che sono arrivati. Da una logica ospedalocentrica si dovrà arrivare ad una medicina del territorio. Servono modelli organizzativi che avvicinino la medicina alla comunità e in questo il ruolo dei comuni è fondamentale nell’ottica di un collegamento tra chi eroga servizi e i cittadini”.

Intendiamoci. Quello che dice Moratti in questa occasione non è giusto: è perfetto. E’ esattamente lo scopo al quale tendono tutte le critiche che anche noi di TPI abbiamo evidenziato in questi mesi drammatici ed è quindi molto positivo che l’assessora le accetti nel merito. Semmai, per completezza di informazione, va ricordato che una presa di posizione in questo senso non è una libera scelta da parte di Regione Lombardia, ma una stringente necessità alla quale è costretta dalla bocciatura della Legge 23 da parte del Ministero della Sanità: entro aprile, la Lombardia è tenuta a produrre una nuova normativa che sostituisca quella approvata nel 2015 con Roberto Maroni Presidente.

Altrettanto giusto è che Moratti consideri prioritaria la questione dei vaccini e un’altra buona notizia è rappresentanza nell’annuncio della partenza delle somministrazioni agli Over 80: si comincia giovedì 18 febbraio, con la possibilità di prenotarsi da lunedì 15 presso il proprio medico di famiglia, in farmacia o attraverso la piattaforma online vaccinazionicovid.servizirl.it  (al momento non ancora attivo).

 

La strada imboccata è quella corretta e ovviamente speriamo che tutto vada per il meglio. Questo perché, come riportato ieri, diversi addetti ai lavori sono scettici sul fatto che la campagna vaccinale possa essere completata entro il prossimo giugno, come indicato da Guido Bertolaso. I loro dubbi nascono dal fatto che per riuscirci servirebbero oltre 44.000 vaccinazioni al giorno, traguardo piuttosto ambizioso per via della carenza di personale che si era riscontrata già prima dello scoppio della pandemia.

Non solo, un medico di base come Mietta Venzi, tra le fondatrici della Casa Medica al Quartiere Corvetto di Milano, che rappresenta una case history portata a modello per la riforma della sanità lombarda, descrive una realtà completamente diversa: “Moratti dichiara che i cittadini da lunedì possono prenotare il vaccino dal proprio medico di base. Peccato che noi non ne sappiamo nulla”.

“Non sappiamo dove la prenotazione debba essere registrata, non sappiamo con quale vaccino vaccineremo (solo ieri abbiamo ricevuto un questionario da parte di ATS da compilare entro venerdì, in cui ci si chiede la disponibilità in termini di orari e con quale vaccino vogliamo vaccinare… entro venerdì… perché in quel giorno sono stati convocati in riunione i coordinatori di territorio CRT, si suppone per illustrare il piano vaccinale”.

“Le associazioni sindacali mai convocate ai tavoli per la gestione delle vaccinazioni). Ricevo via SMS prenotazioni. Mi sono laureata in medicina per fare da segretaria ad ATS, perché è a questo che ci ha relegato professionalmente questa regione. Se il piano vaccinale fallirà secondo voi di chi sarà di nuovo la responsabilità?“.

Ma c’è anche un altro problema: la carenza di spazi fisici idonei alla gestione delle vaccinazioni, che richiedono caratteristiche particolari. Il tema viene messo nero su bianco dalla lettera inviata mercoledì 10 dall’ATS Insubria ai sindaci del territorio, per chiedere loro la disponibilità a titolo gratuito di “strutture con potenzialità per eseguire varie centinaia di vaccini al giorno, quali Palazzetti dello sport, Centri sportivi, Tensostrutture, Magazzini industriali o commerciali di ampie dimensioni alle quali possa afferire la popolazione di vari comuni”.

ATS sta cercando di individuare “una struttura per ogni 40.000 abitanti”, ma che rispondano ai requisiti evidenziati nella stessa lettera. Le strutture devono infatti fornire la “possibilità di allestimento di differenti ambienti suddivisi in attesa, preaccettazione, accettazione e registrazione, somministrazione del vaccino, attesa post vaccinazione di 15 minuti”.

Altri aspetti da valutare nell’individuazione di questi luoghi sono: “Disponibilità di personale di supporto quali volontari della Protezione Civile o delle associazioni di Volontariato e personale ammnistrativo per la fase di accettazione; Allestimento di un punto di primo soccorso con dotazione strumentale e farmaci per interventi di emergenza; Sanificazione della sede e smaltimento rifiuti e disponibilità di linea internet per accettazione e registrazione vaccinazione”.

A fronte di tutte queste specifiche – assolutamente di buon senso, oltre che conformi alle linee guida nazionali e regionali – ATS Insubria chiede di poter ricevere la risposta dei comuni entro nove giorni, ovvero il 19 febbraio. Si sa che i sindaci, di qualunque colore politico, sono spesso abituati a fare dei piccoli miracoli quotidiani per rispondere alle esigenze dei loro cittadini nonostante le ristrettezze economiche. Speriamo che ci riescano anche stavolta.

LA LETTERA DI ATS INSUBRIA AI SINDACI
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