Lombardia: Bussolati ricostruisce la vicenda dell’ospedale (vuoto) in Fiera Milano
Nel suo libro "Giù la maschera. Perché la Lombardia è stata messa in ginocchio dal Coronavirus", il consigliere regionale affronta punto per punto le tappe della vicenda lombarda. TPI ne anticipa in esclusiva un brano decisamente interessante
Presentato in diretta Facebook con la presenza della segretaria metropolitana del PD milanese Silvia Roggiani, con l’europarlamentare PD Pierfrancesco Majorino (autore della prefazione) e Selvaggia Lucarelli, “Giù la maschera. Perché la Lombardia è stata messa in ginocchio dal Coronavirus“, è il libro che il consigliere regionale del PD Pietro Bussolati ha pubblicato sul caso Covid-19/Lombardia. Edito da Laurana, il libro servirà anche ad aiutare il Fondo di Mutuo Soccorso del Comune di Milano, al quale verranno destinati i diritti.
TPI ha il piacere di pubblicare in anteprima un estratto riguardante una vicenda di centrale importanza: l’Ospedale realizzato nei locali di Fiera Milano.
“Siamo nella prima metà di marzo. Gallera lancia pubblicamente un progetto di tre strutture, una a Bergamo, una a Brescia e l’altra a Milano, realizzati sotto il diretto coordinamento di Regione. Successivamente il progetto si trasforma e prende piede la realizzazione di un unico maxi ospedale in Fiera a Milano. Fontana in un’intervista annuncia una struttura da 600 posti da realizzare i 10 giorni, Gallera dopo qualche giorno corregge il tiro e dice che i posti saranno 500. In ogni caso, tutti sono 2concordi: la Cina ha realizzato in pochi giorni un nuovo Ospedale, la Lombardia farà meglio”.
Ma ci sono esperti che segnalano qualche preoccupazione: perché e a cosa serve concentrare 500 posti di terapia intensiva in un’unica struttura? Le ambulanze hanno tre ore di autonomia di ossigeno, pertanto già da Mantova, Sondrio o Piacenza, raggiungere il centro di Milano non sarebbe del tutto agevole”.
“Inoltre i posti di terapia intensiva necessitano di medici di altre specializzazioni che sono rintracciabili facilmente in un ospedale tradizionale, ma sarebbero invece assenti in Fiera, con il rischio che, in caso di complicazioni riguardanti ad esempio l’apparato cardiaco, non si disponga del tempo e del modo necessari per raggiungere la struttura preposta”.
“Non è chiaro infine perché non si pensi di utilizzare le strutture ospedaliere già in parte attrezzate ed abbandonate da Regione nel corso degli anni, come ad esempio Legnano. Viene scelto Bertolaso come commissario, il quale insieme a Pazzali, in data 17 marzo si impegna a concludere l’opera entro 10 giorni. Nel mentre l’esercito, in particolare il Corpo degli Alpini, realizza due ospedali da campo in Lombardia, uno a Bergamo e uno a Crema”.
“Il 18 marzo il Sindaco Giorgio Gori, pubblica su Facebook un post allarmante dal titolo: ‘Bergamo: la Regione non è più sicura di fare l’ospedale da campo’. L’ospedale da campo, allestito dal Corpo degli Alpini, con il supporto del personale sanitario di Emergency e da medici provenienti dalla Cina e della Russia viene messo in standby dalla Regione per carenza di personale e di macchinari”.
“Ma se manca personale per un Ospedale da campo, come potrà esserci per il mega impianto in Fiera?”
“Il sospetto è che Regione fosse indispettita perché, mentre l’Ospedale in Fiera presentava tutta una serie di problematiche di realizzazione, gli Ospedali da campo dell’esercito procedevano spediti”.
“E per fortuna! Perché avere centri il più possibile vicini al centro della crisi sanitaria era indispensabile in quel frangente, si pensi a Bergamo e alle immagini delle bare trasportate dai camion”.
“Una mobilitazione imponente di sindaci, parlamentari, consiglieri e ministri obbliga Regione a fare marcia indietro e i lavori a Bergamo ripartono. Durante una commissione consiliare regionale, Gallera spiegherà che la colpa del blocco dei lavori a Bergamo deriva (facile immaginarlo) dal Governo, reo di non aver inviato sufficiente personale. Il consigliere ex Forza Italia (attualmente nel Gruppo Misto) Paolo Franco chiederà a Gallera se Regione avesse mai chiesto il personale alla protezione civile nazionale. La risposta di Gallera è davvero eloquente: ‘Dovevano capirlo, visto che ci sentiamo tutti i giorni’”.
Il gioco del duo Fontana-Gallera quindi è sempre il medesimo: non interloquire con il Governo, non chiarire la strategia, intestarsi ciò che può funzionare e scaricare sul livello nazionale i costi delle loro negligenze.