ESCLUSIVO TPI – Siria, comandante delle Forze democratiche siriane: “La coalizione internazionale a guida Usa ha ucciso civili”
Intervista al comandante Abu Khawle, che guida le FDS a Deir Az Zor, vicino al confine con l'Iraq: "La popolazione ci sostiene, ma la coalizione internazionale ha fatto molti errori che noi abbiamo pagato caro"
Siria in guerra | Il comandante delle Forze democratiche siriane accusa la coalizione internazionale
ESCLUSIVO • The Post Internazionale (TPI.it) di Benedetta Argentieri – “Sono stati fatti molti errori, e oggi paghiamo il prezzo”. Abu Khawle non nasconde l’amarezza quando parla delle ultime incursioni delle forze della coalizione internazionale a Deir Az Zor, a est della Siria, al confine con l’Iraq. Qui la guerra non è finita, anzi. Questa è un’area in cui c’è grande tensione a causa delle cellule dormienti dello Stato islamico che si sono nascoste tra i civili.
Durante alcuni raid sono stati colpiti indirettamente anche dei civili, inasprendo i rapporti con la popolazione locale stanca, esausta, delle violenze che da anni li affliggono. “Le forze britanniche hanno ucciso per errore cinque bambini e la loro a madre a Shheell (un villaggio della zona ndr) solo per catturare un membro di Daesh (Isis, ndr). È ovvio che la gente protesti. Ci vedono come se fossimo la stessa cosa, ma non lo siamo”.
Incontrare il comandante Kahwle non è semplice. Percorrere le strade lungo l’Eufrate è molto pericoloso. La tensione è palpabile. Nella zona non si viaggia, l’accesso è ristretto ai mezzi blindati o auto locali, proprio a causa delle continue autobombe. La sua base è a Rubaydah, in una parte isolata del villaggio. Il perimetro ha un lungo muro di cinta, rinforzato da filo spinato. Diversi soldati dal viso coperto e fucile spianato, stanno di guardia all’ingresso. Non appena si apre il cancello, si scorgono diversi edifici, e al centro una casa color mattone che si affaccia su un giardino. “Abbiamo piantato molti alberi, ma ci metteranno anni a crescere”, spiega quando ci accoglie all’entrata.
Siria in guerra | L’intervista al comandante delle Forze democratiche siriane
Kahwle è alto quasi un metro e 80, una corporatura robusta, e ha pochi capelli grigi, tagliati a spazzola. Ha 33 anni, e ha cominciato a combattere a Kobane nel 2014. Prima, e per un paio di anni, è andato in Turchia. È arabo ma fin da subito dice di aver capito l’importanza della rivoluzione e di combattere il regime al fianco dei curdi per costruire un’alternativa politica. Oggi comanda 11.500 soldati arabi che fanno parte delle Forze democratiche siriane (FDS), l’ombrello che raggruppa appunto milizie di diverse etnie e religioni, tra cui i curdi siriani. Non solo, la settimana scorsa è stato eletto emiro di 30 tribù sparse in tutto il territorio, tra cui la vicina Iraq, per un totale di 350.000 persone.
“Non è vero che la popolazione locale non ci ama, altrimenti non sarei stato eletto emiro di così tante persone”, spiega a TPI seduto su una poltrona marrone, fumando una sigaretta nel suo ufficio. Su tutte le pareti ci sono gigantografie di martiri caduti nel conflitto. “Questi sono i nostri figli”, dice indicandoli. Ammette che i problemi sono davvero molti, ma spiega che i media non fanno differenza e che le notizie delle proteste che vogliono le FDS fuori dalla zona non sono accurate.
“I cittadini di Deir Az Zor non vogliono avere un sistema imposto, ma auto-governarsi”. Nonostante la sconfitta militare dello Stato islamico a Baghouz lo scorso marzo e la dichiarazione di vittoria, la guerra continua, e questa zona ne è la riprova. Molti affiliati dell’Isis e cellule terroristiche si sono nascoste nei villaggi. Gli attacchi contro i civili sono quotidiani. Per contrastarli, le FDS e la coalizione internazionale continuano con raid mirati. L’obiettivo è arrestare i terroristi ma spesso incontrano resistenza armata.
“Molti soldati venuti da fuori non conoscono bene il territorio e a volte commettono degli errori che paghiamo duramente. I civili non riescono a distinguere la differenza tra noi e le forze internazionali e questo alimenta la tensione”, spiega Kahwle. A peggiorare la situazione, la presenza del regime di Assad che controlla il centro della città di Deir Az Zor. A supportarlo ci sono truppe russe e iraniane, uno dei motivi per cui gli Stati Uniti hanno almeno un migliaio di soldati a pochi chilometri.
Il presidente statunitense, Donald Trump, a dicembre aveva annunciato a sorpresa il ritiro delle truppe dalla Siria scatenando le ire del Pentagono e una serie di dimissioni a catena tra cui quelle di Jim Mattis, a capo della Difesa americana, che non voleva lasciare la Siria. Poi con l’inasprimento del rapporto di Washington con Tehran, Trump ha dovuto fare marcia indietro, su spinta del suo consigliere di sicurezza nazionale John Bolton, per non lasciare il campo ai terroristi dell’Isis e soprattutto agli Ayatollah. Infatti l’Iran ha supportato il regime fin dall’inizio del conflitto, e le guardie rivoluzionarie sono nel Paese dal 2011.
“Le cellule dell’Isis vengono pagate dal regime per continuare gli attacchi e destabilizzare la situazione”, aggiunge il comandante, che sostiene di aver ricevuto anche lui delle offerte di denaro per cambiare parte. “Milioni di dollari”, sottolinea, anche se non vuole dare un numero esatto. E non solo da Damasco: “Anche gli iraniani ci hanno provato”, continua sorridendo. A preoccuparlo è soprattutto il presidente turco Erdogan. “Se la Turchia ci attaccasse non so come faremmo a resistere. Fanno parte della Nato e hanno una grande forza militare potente. Sarebbe un massacro”. Nonostante le paure e i continui attacchi, Kahwle dice che il futuro è roseo. “Ce la faremo, ne sono sicuro”, dice prima di salutarci.
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