“Con la caduta del muro è caduta la DC ma non i democristiani”: Cirino Pomicino a TPI
"È stata tangentopoli, non la caduta del muro che ha distrutto i partiti e aperto la strada ai populisti. Io ora voto Pd"
Caduta muro di Berlino, Cirino Pomicino a TPI: “Fu la distruzione dei partiti”
“La caduta del muro di Berlino è stata la fine della Prima Repubblica”. Paolo Cirino Pomicino, l’uomo che forse più di tutti incarnò la Democrazia Cristiana e la politica di quegli anni racconta a TPI il suo 9 novembre 1989.
In quel momento fu rimesso in discussione mentre misteri, scandali, “toppe peggiori del buco” avviliscono la vita della Prima Repubblica. Molti episodi contribuiscono ad accrescere il distacco fra le forze politiche e la società civile.
Il crollo del muro di Berlino trova i maggiori partiti politici italiani, Democrazia cristiana e Partito comunista, alle prese con una crisi strisciante. In crisi anche i piccoli partiti: politicamente inesistenti i liberali, screditati i socialdemocratici, sempre meno influenti i repubblicani. Cirino Pomicino spiega come le conseguenze della caduta del muro risuonarono fino al Belpaese.
Ero a casa con qualche amico politico, stavamo discutendo di alcune vicende di attualità. Io ero appena diventato ministro delle Finanze e stavamo parlando della finanziaria. Quello che capimmo subito è che era caduto in quel momento il comunismo a livello internazionale. Ed erano trascorsi 17 anni da quando Berlinguer aveva detto che si sentiva più sicuro nella Nato che nel patto di Varsavia.
Il vecchio PC ha avuto un ritardo enorme sulla sua evoluzione. Questo ha determinato un danno significativo al paese. Quei 17 anni sarebbero stati sufficienti per creare in Italia un grande partito socialista che sarebbe stato o il competitore naturale della Democrazia cristiana o anche un possibile alleato.
Il ritardo era culturale, prima ancora che politico del partito comunista. Questo ritardo se lo è portato dietro anche nella Seconda Repubblica. Ancora oggi quel partito comunista continua a non chiamarsi partito socialista, come ovunque in Europa.
Non fu la vittoria della democrazia, ma fu una vittoria del capitalismo e una sconfitta dello statalismo. Non bisogna dimenticare la storia di questo paese: ci sono stati enormi conflitti tra l’economia di mercato e chi immaginava che il salario fosse una variabile indipendente.
Nel 1991, due anni dopo la caduta del muro, nel mio ufficio del ministero dell’Economia fummo testimoni dell’eliminazione della scala mobile. Che conflitto con i sindacati! Bruno Trentin firmò, ma poi si dimise subito dopo. Per dire qual era lo scontro e come era vissuto in maniera “alta” tra partiti di massa. Oggi è vissuto con la storia degli interessi personali, della storia del singolo, del bullismo di periferia. Questa è la differenza.
Sì, cambiò qualcosa. Ma analizziamo un dettaglio: proprio in quegli anni ci furono le elezioni amministrative e le elezioni europee e andarono a votare l’80 per cento delle persone. Un’affluenza che oggi è un sogno lontano. I numeri erano totalmente diversi da quelli di oggi: per esempio nelle elezioni dove la Dc andò peggio fece il 29 per cento. Cifre che oggi fa il primo partito.
Una volta sconfitto il partito comunista, il cosiddetto salotto buono del capitalismo italiano immaginò dilettantescamente di poter prendere il paese diventando la testa di un nuovo assetto politico in cui i guardiani di questo nuovo sistema era il vecchio partito comunista che aveva una presa diffusa sul territorio, ma che politicamente come si dice dalle mie parti non aveva più né cielo da vedere né terra su cui camminare.
Io infatti ebbi una visita di Carlo De Benedetti nella primavera del ’91, mentre a Rimini il PC si spaccava e lui mi venne a dire che lui insieme a una serie di altre persone tra cui Agnelli, Pirelli, Tronchetti Provera che stavano pensando a un disegno politico con cui volevano cambiare il sistema politico italiano. Mi chiesero se io volevo essere uno dei loro ministri. Io risposi di no, spiazzato. In quegli stessi giorni con Andreotti avevamo pensato ad un progetto del genere.
Io non accettai, ma forse qualcuno accettò. Anche nella nostra grande DC. Fu una cosa per cui fummo avvertiti da un grande comunista sotto l’influenza Cruciana, di Benedetto Croce, che si chiama Gerardo Chiaromonte. Lui nel 1992 avvertì tre persone, tra cui il sottoscritto, di quello che stava per succedere con tangentopoli, dove il Partito Comunista aveva preso l’occasione giudiziaria per raggiungere il potere.
Carlo De Benedetti fu arrestato, anche se solo per un giorno e le indagini e i processi continuarono per anni. Quindi fu un’ottima intuizione rispondere quel no quel giorno.
Tutti quegli imprenditori, nella maggior parte dei casi, hanno venduto, si sono distaccati dalla politica e tengono molto meno ai lavoratori italiani. La verità è che quel capitalismo “buono” manca nell’Italia di oggi.
Il mantra di quegli anni era “maledetta identità”. Dal pezzo scritto tra l’altro dal giornalista Gad Lerner. Il Partito comunista, avendo perso la sua identità, costringeva anche gli altri a perdere la propria. Una follia totale.
Dal 1994, data dell’inizio della Seconda Repubblica con la vittoria di Silvio Berlusconi, si ruppe la Democrazia Cristiana, e una parte andò a destra e l’altra parte andò a sinistra.
Ma fu più tangentopoli che il muro di Berlino ad ammazzare la DC. Da lì, spiegandolo con un proverbio napoletano, le fodere combattono e le sciabole sono appese al muro.
La differenza è abissale, secondo me, perché la storia di tangentopoli ruotò all’epoca intorno al finanziamento, non del tutto corretto va bene, ma della politica e dei partiti, per il bene dei partiti. Ha mai visto utilizzare quei soldi da qualcuno a titolo personale? Oggi la corruzione è per ingrossare il portafogli dei singoli.
Quelli erano soldi che servivano per le campagne elettorali! Il Movimento Cinque Stelle che urla alla corruzione dovrebbe studiarsi un po’ di storia.
Lasci stare, ovvio che non era morale. Ma allora non era morale neanche il finanziamento dell’Unione Sovietica a Cossuta e al PCI. Tutti erano nella sostanza coinvolti.
Ma davvero non veniva spesa una lira per l’interesse personale. Pensi che ero uno degli uomini più potenti d’Italia e né io, né la mia prima moglie, né le mie figlie abbiamo una casa. Però ho fatto 12 anni di processi e come me molti altri.
Basta guardare ai nomi dei partiti, quando non hanno al loro interno dei rifermenti di cultura politica significa che sono allo sbaraglio. Italia Viva di Renzi? Ma cos’è?! Dove sta il nome “socialista”, “liberali”? Senza una cultura di riferimento la politica è allo sbando.
Ecco perché è nato il trasformismo che nella Prima Repubblica non c’era. Prendo atto che in tutta Europa esistono i partiti socialisti, verdi, democristiani, liberali, nazionalisti. In Italia no.
Il Partito Popolare ha un ruolo storico che conserva appieno. Per esempio in Germania, in Svizzera, in Austria è ancora molto forte. Là dove non viene accettato questo ruolo il paese va in stallo. Dove i socialisti rifiutano un’alleanza con il partito popolare fanno un errore madornale.
Oggi la vera sfida del partito popolare è rioccupare questo spazio di centro e di democrazia. L’Europa deve cercare di completare il suo progetto di democrazia parlamentare. Io lo dico sempre: il parlamento è come la salute, si apprezza quando non c’è più.
Io mi sento l’una e l’altra. Perché sono abituato a un rapporto tra eletto ed elettore molto stretto. Io ero il rappresentante di chi mi votava, in questo sono stato popolo.
Sono anche élite perché credo nell’Italia della politica alta, degli imprenditori, di chi ha scalato i partiti, di chi si sa muovere in questo modo. Io ero popolo e divenni élite, ma senza dimenticare di essere popolo.
Sì, sì è verissimo. In casa eravamo tanti fratelli e tanti figli. ma proprio perché la pluralità e la libertà politica è sempre stata importantissima in famiglia abbiamo spesso visioni diverse.
Quando negli anni ’80 mia figlia mi venne a dire che avrebbe votato comunista, me lo disse con una lettera. Ma non litigammo mai.
i democristiani della seconda repubblica erano stati contagiati da n virus che ha sconvolto il paese, il virus della personalizzazione. Ognuno voleva fare il suo partitino, perché l’utilità marginale lo inebriava.
Questo virus, introdotto da Berlusconi nel sistema politico italiano, aveva contagiato anche i partiti prima di massa.
Io perché l’ultima volta ho votato il Partito Democratico? Perché non sapevo chi votare.
No! Il Pd non è niente, né democristiano, né comunista, né socialista. Poca cultura politica, il Pd arranca ed è sulla stessa cifra del Partito comunista quando si spaccò dopo la caduta del muro di Berlino: con le correnti interne, senza riferimenti e in cerca della sua “maledetta identità”.