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Home » Interviste

Michela Murgia a TPI dopo l’incendio di Notre Dame: “Il cuore dell’Europa è altrove”

Immagine di copertina
Credits: Facebook
Michela Murgia, scrittrice e autrice teatrale pluripremiata. Abbina alla scrittura sempre un impegno nel sociale. Questa mattina ha pubblicato un post polemico sulle reazioni all’incendio della cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Ci spiega come ha reagito all’incendio?

È stato un dispiacere per il fatto in sé, ma certamente ho il senso della misura.

Non è un incendio doloso, è uno di quegli incendi che può capitare a strutture che hanno quella composizione e quell’età. Non è il primo incendio che la cattedrale affronta, è una vecchia Signora che ha avuto molte ricostruzioni, infatti il tetto che è andato a fuoco è della metà dell’ottocento.

Le reliquie sono al riparo, le opere sono state salvate, la struttura portante è salva e non è morto nessuno, alla luce di questo direi che titoli enfatici come: “È l’11 Settembre dell’Europa” o “Colpo al cuore dell’Europa” sono titoli che catturano l’attenzione da parte dei giornali ma sono del tutto impropri a descrivere quanto successo.

Nel post fa notare due pesi e due misure. Da un lato appunto la disperazione per Notre-Dame, dall’altra l’indifferenza per i morti nel Mediterraneo.

Quello che mi offende è l’enfasi sul “cuore dell’Europa” perché non ho capito dove dovrebbe essere. Dall’inizio dell’anno al 18 marzo, quindi un mese fa, nel Mediterraneo sono stati accertati 274 morti.

Erano persone partite con la speranza di vivere e con un’idea d’Europa che però non è stata accolta anche a causa dell’assenza dei corridoi umanitari e per la criminalizzazione delle navi civili che fanno servizio di salvataggio.

Quindi se stiamo cercando il cuore dell’Europa a Notre-Dame probabilmente stiamo guardando dal lato sbagliato.

Lei pensa che ci sia un distacco tra gli intellettuali e il popolo?

Non c’è un distacco, in Italia non è mai stato così coeso il fronte intellettuale a sostegno dei diritti umani. L’esperienza di “Corpi” (lanciato da Sandro Veronesi la scorsa estate, ndr) e di “Non siamo pesci” sono le declinazioni visibili del lavoro sottotraccia che stiamo facendo e sono un unicum nella storia italiana dagli anni ’70 ad oggi.

Non c’è mai stata un’esposizione diretta e un impegno così grande da parte di persone che nella vita scrivono articoli, scrivono libri, fanno film. Poi se c’è qualche inadeguatezza personale non inficia assolutamente la straordinarietà e l’importanza del lavoro collettivo.

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