“Io, arrestato senza sapere di cosa sono accusato, vi racconto le condizioni disumane in cui si vive nelle carceri di Israele”
Israele usa la detenzione amministrativa come arma contro i palestinesi, di conseguenza la misura perde il carattere di prevenzione dei reati per assumere una valenza meramente punitiva. L'obiettivo è trasformare i prigionieri in oggetti privi di identità politica e umana
Immaginate di essere nella tranquillità della vostra casa, da soli o in compagnia dei vostri cari: all’improvviso uomini armati varcano la soglia, vi intimano di seguirli, vi ammanettano e vi trascinano via senza darvi il tempo di capire cosa sta succedendo, né tanto meno perché.
La mente corre veloce, cercate di capire cosa avete fatto, lo chiedete ai militari che vi stanno portando via, ma non avete risposta, non potete saperlo. Volete conoscere le accuse contro di voi, ma questo diritto vi viene negato. Neanche il vostro avvocato può saperlo. È un segreto tra il Tribunale militare e i giudici.
Tutta questa riservatezza però un nome ce l’ha: si chiama detenzione amministrativa ed è una delle misure a cui sono sottoposti i palestinesi della West Bank, che vivono sotto il controllo di Israele. La loro unica “colpa” è che un giorno potrebbero essere una minaccia per la società, per cui vengono incarcerati preventivamente, senza accuse a loro carico, senza aver commesso un reato. E senza sapere se e quando saranno scarcerati, perché la detenzione amministrativa può essere rinnovata ogni sei mesi per un massimo di altri sei mesi, all’infinito.
Per capire cosa vuol dire vivere sulla propria pelle la detenzione amministrativa TPI ha intervistato Salah, un avvocato detenuto nella prigione di Al-Naqab per più di un anno e attuale collaboratore di Addameer, una Ong che offre aiuto legale ai carcerati palestinesi.
Non ci sono ragioni specifiche dietro il mio arresto. Non mi hanno mai detto quali erano le accuse a mio carico. La detenzione amministrativa si basa sulla segretezza e solo il Tribunale militare e i giudici sanno quali sono le accuse mosse contro chi viene arrestato. Né io né il mio avvocato abbiamo avuto accesso alla documentazione.
Sono stato arrestato il 23 agosto 2017, mentre ero nella mia casa a Kufr Aqab, Gerusalemme est. Dopo alcuni giorni mi hanno condannato a sei mesi di detenzione amministrative e l’ordine è stato rinnovato il 26 febbraio 2018 per altri quattro mesi. Il mio arresto è stato prolungato una terza volta per altri tre mesi. Sono stato rilasciato il 30 settembre 2018, dopo più di un anno.
In prigione si vive in condizioni disumane, la vita è difficile e la detenzione è usata da Israele come uno strumento per eliminare ogni traccia di umanità dai prigionieri palestinesi e trasformarli così in semplici oggetti privi di identità politica e umana. Considera che la detenzione amministrativa può essere rinnovata ogni sei mesi per un tempo indeterminato: puoi passare anche una vita intera in carcere.
Certo, mentre ero in prigione non sono stato mai torturato, ma noi prigionieri siamo costantemente controllati ogni singolo minuto fin dal momento dell’arresto dall’efficiente apparato tecnologico di Israele.
La detenzione inoltre è usata per separarci su base geografica a seconda della zona di provenienza e alla lunga questo tipo di isolamento mira a distruggere la nostra cultura e i nostri valori politici: ci porta a pensare che non siamo un “popolo palestinese”, ma che apparteniamo a semplici comunità isolate con valori differenti.
Non lo so con certezza, sono stato in carcere per più di un anno e in quel lasso di tempo molte persone sono state incarcerate e rilasciate. In genere però ci sono più di 450 persone in carcere in detenzione amministrativa. La misura viene applicata anche contro i minori.
La detenzione amministrativa: cos’è e come funziona
La detenzione amministrativa prevede che una persona possa essere trattenuta senza subire necessariamente un processo e senza aver commesso un reato, ma solo perché l’autorità ritiene che in futuro potrebbe violare le leggi. Si tratta di una misura preventiva basata sull’articolo 78 della Convenzione di Ginevra, anche se con alcune eccezioni.
La norma infatti prevede la residenza forzata o l’internamento del soggetto ritenuto non pericoloso, ma Israele, grazie altre tre leggi del proprio ordinamento, ha trasformato la detenzione amministrativa in una misura carceraria.
A impartire l’ordine di arresto è il comandante militare regionale sulla base di prove che non vengono rivelate al carcerato per “motivi di sicurezza”. In questo modo i detenuti non possono difendersi, non sapendo di quali reati sono accusati, e la detenzione può essere rinnovata ogni sei mesi per un tempo indeterminato.
I soggetti posti in detenzione amministrativa devono essere portati dinanzi a un giudice militare entro otto giorni dall’emissione dell’ordine di detenzione originale o dalla sua estensione: il giudice può confermare l’ordine, respingerlo o abbreviare il periodo di detenzione richiesto.
Qualunque sia la decisione, sia il detenuto che il comandante militare possono ricorrere in appello presso la Corte d’appello militare e, in seguito, presso l’Alta Corte di giustizia (HCJ).
La detenzione amministrativa viene usata da Israele come arma contro i palestinesi, di conseguenza perde il carattere di prevenzione dei reati per assumere una valenza meramente punitiva.
I palestinesi sono stati sottoposti a questa misura fin dai tempi dell’occupazione israeliana del 1967, anche se era già applicata ai tempi del mandato britannico. La frequenza dell’uso della detenzione amministrativa ha subito diverse fluttuazioni durante l’occupazione israeliana ed è aumentata costantemente dallo scoppio della seconda Intifada del settembre del 2000.
Prima di quella data, i detenuti amministrativi erano solo 12, mente due anni dopo, tra la fine del 2002 e l’inizio 2003, c’erano oltre mille palestinesi in detenzione amministrativa. Tra il 2005 e il 2007, il numero medio mensile di detenuti è rimasto stabile intorno alle 765 persone.
Un nuovo picco si è registrato a dicembre 2018 con l’arresto di 482 palestinesi: nove sono membri del Consiglio legislativo palestinese.