“Non siamo criminali, siamo lavoratori che pagano le tasse”: il reportage di TPI nei canapa shop romani
Canapa shop | L’intervista ai commercianti di Roma
All’indomani della Sentenza della Corte di Cassazione di giovedì 30 maggio che mette al bando i prodotti derivati dalla cannabis light, nei canapa shop di Roma si respira un’aria di grande insicurezza.
Insicurezza data dal fatto che nella Sentenza, che è informativa, si specifica che ad essere interdetta è “la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante“.
“Ma quali sono i criteri per definire i limiti di ‘effetto drogante’?” È la domanda che si pongono Gianluca*, Dario e Giulio, commercianti e titolari di canapa shop incontrati da TPI venerdì 31 maggio.
“Noi oggi abbiamo aperto, ma con il terrore che arrivi qualcuno a sequestrarci tutto”, racconta Gianluca*, che ha chiesto di restare anonimo per paura che testimoniare possa compromettere la sua attività.
“I prodotti che abbiamo venduto finora rientrano nei limiti consentiti dalla legge del 2016, vale a dire con una quantità di THC non superiore allo 0,5 per cento”, ci spiegano.
“Ora stiamo cercando di capire cosa intende la Cassazione per ‘effetto drogante’. Siamo in una terra di nessuno”, continua Gianluca, che, nell’incertezza, ha rimosso dalle vetrine tutti gli articoli contenenti THC (il negozio ha in effetti un’aria molto spoglia).
Interrogato sulla sua opinione in merito alla crociata contro i negozi di cannabis light intrapresa dal nostro ministro dell’Interno, Gianluca risponde:
“A Matteo Salvini, che dice di volere abolire il mercato della droga in Italia, dico che il problema non sono i canapa shop che vendono prodotti derivati da cannabis light, ma gli spacciatori che lavorano illegalmente pilotati dalle mafie. Noi siamo lavoratori onesti che pagano le tasse”
Cambio di scenario: in via Reggio Emilia, al Green Monkey, l’atmosfera è molto diversa. Le mensole non sono spoglie e Giulio, uno dei giovani titolari, ha l’aria accogliente, seppur preoccupata. Giulio ha infatti deciso di tenere tutta la sua merce esposta in vetrina, cannabis light compresa.
“Non ho niente da nascondere, perché dovrei sentirmi un criminale?”, afferma.
“È dal 2017 che noi commercianti viviamo nell’incertezza, eppure paghiamo regolarmente le tasse allo Stato, siamo lavoratori onesti come gli altri”.
Allo Stato, Giulio chiede più chiarezza. “Chiedo risposte chiare sul metodo con cui bisognerà lavorare d’ora in avanti. Che sia stabilito un limite chiaro su cosa è stupefacente e cosa non lo è. Il problema, è che in merito ai cannabinoidi c’è sempre molta confusione e questa distinzione non è mai stata veramente chiarita”
Canapa shop | L’intervista ai commercianti di Roma
Questa confusione, continua Giulio, ha spesso la conseguenza di gettare i commercianti in uno stato di ansia.
“Ci si sente trattati come criminali. Per esempio, a febbraio dell’anno scorso qui è venuta la Guardia di Finanza e ha ritirato tutti i nostri prodotti, che erano perfettamente in regola. Non è la prima volta che attraversiamo momenti di crisi, ormai ci siamo abituati”.
Al Cannabis Store di Amsterdam di viale Libia, il titolare, Dario, si dice dello stesso avviso. “Non si rendono conto che mettere al bando la cannabis light finisce per avvantaggiare il mercato illegale”.
Mentre si attendono le precisazioni della Corte di Cassazione sulla definizione di “effetto drogante” (valgono ancora i criteri della legge del 2016, cioè limite di THC fissato entro lo 0,2 e lo 0,5 per cento?), alcuni commercianti stanno preparando una class action per protestare in via preventiva contro la chiusura dei negozi che vendono prodotti derivati da cannabis light.
La proposta di organizzare una class action è venuta dal titolare di canapa shop di Sanremo, “Ho chiuso una pizzeria da asporto per aprire questo negozio, ora ci vogliono mettere sul lastrico dall’oggi al domani e senza alcuna colpa. È come se volessero combattere l’alcolismo vietando la vendita di birre analcoliche. Organizzeremo una class action”, ha affermato Gioel Magini, titolare del “Cannabis Amsterdam Store”.