La tremenda gaffe di Versace in Cina
Su una linea di t-shirt è "negata" la sovranità cinese su Macao e Hong Kong: l'azienda si scusa
Dopo le polemiche che lo scorso anno investirono Dolce e Gabbana, un altro prestigioso marchio del fashion italiano è finito nella bufera in Cina: si tratta di Versace. La casa di moda ha lanciato sul mercato una nuova linea di t-shirt e felpe su cui sono stampati i nomi di alcune città abbinati a quelli della nazione di appartenenza. Sui capi che recano la scritta “Macao” e “Hong Kong”, però, è stata commessa una grossolana gaffe: le due regioni autonome, infatti, non sono state attribuite alla sovranità cinese, ma sono indicate come stati indipendenti.
Il caso è stato sollevato dai media cinesi. L’azienda è subito intervenuta a scusarsi e la stilista Donatella Versace, sorella di Gianni, il fondatore del marchio, ha pubblicato un post sulla pagina Facebook della casa di moda in cui si dice “profondamente dispiaciuta per lo sfortunato recente errore”. “Non ho mai voluto mancare di rispetto alla sovranità nazionale della Cina”, scrive Donatella Versace.
Sulle t-shirt e le felpe sono indicati i nomi di città del mondo in cui la linea è venduta e della relativa nazione. Ad esempio “Milan-Italy” e “Berlin-Germany”, ma anche “Bejing-China” e “Shanghai-China”. Nel caso di Macao e Hong Kong, invece, c’è scritto “Macau-Macao” e “Hong Kong-Hong Kong”, come se le due regioni autonome fossero indipendenti.
Dopo la rivolta sui social, l’attrice cinese Yang Mi ha deciso di interrompere la cooperazione con Versace, accusando la casa di moda di voler attentare all’integrità nazionale. Versace ha fatto sapere di aver ritirato le magliette dai negozi il 24 luglio scorso e di averle poi distrutte.
L’azienda, inoltre, fa sapere che sta verificando “le azioni per migliorare il modo in cui operiamo giorno dopo giorno per diventare sempre più coscienziosi e consapevoli”. Lo scorso autunno Dolce e Gabbana erano finiti nella bufera in Cina per uno spot ritenuto offensivo, che aveva portato alle scuse dell’azienda e all’annullamento di alcune sfilate.