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Home » Gossip

Twitter censura i post scorretti del politici: ecco le nuove regole con cui Trump e colleghi dovranno cinguettare

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Twitter nuove regole politici | Dichiarare guerra, offendere i più deboli, diffondere odio. Molto spesso i politici hanno abusato dei social per fare una propaganda spietata, a cui Twitter ha deciso di mettere un freno imponendo nuove regole.

Twitter nuove regole politici | Donald Trump

Da Donald Trump che usa Twitter per dichiarare guerra ai nemici dell’America o Matteo Salvini che cinguetta di abbandono di vite umane in mare aperto, la questione è piuttosto urgente.

“In passato, abbiamo consentito a determinati tweet che violavano le nostre regole di rimanere su Twitter perché erano nell’interesse pubblico, ma non cera un criterio definito per il trattamento di questi messaggi”.

Così l’azienda di San Francisco ha deciso di passare dalla teoria ai fatti impostando una “tendina” per quei tweet considerati inopportuni.

Twitter nuove regole politici
Credit: https://blog.twitter.com

Le nuove regole di Twitter valgono per gli account di personaggi politici verificati, che hanno oltre 100mila follower.

A decidere quando e perché bannare il tweet lo deciderà un comitato incaricato dalla multinazionale di San Francisco: in quel caso una sorta di  evidenziazione in grigio chiaro indicherà la violazione avvenuta.

Non si tratta di una censura totale ma di una restrizione di visibilità dei post ritenuti di interesse pubblico e in qualche modo risultati lesivi.

Twitter nuove regole politici | Facebook

Stessa sorte tocca a Facebook, Google che lavorano con Youtube e da tempo sono in cerca di soluzioni per limitare i post di odio e offensivi.

Il social network di Zuckerberg sta cercando una via diversa per coniugare politica aziendale e non offensività dei post.

Youtube invece questo mese prima ha bannato dei video pro nazismo, poi li ha reinseriti online con la dicitura “offensivo”.

Dunque dare libertà assoluta o limitare la diffusione di determinati post fake o carichi di odio? Questo è il dilemma del 2019: la democrazia digitale è davvero possibile?

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