Perché indossiamo i pantaloni invece della tunica?
Gli antichi romani conobbero questo indumento grazie ai popoli barbari, considerandola un’abitudine volgare e incivile
La storia dell’abbigliamento degli ultimi 2000 anni ci dice che i rappresentanti maschili delle popolazioni che hanno abitato l’Italia sono passate dal vestire tuniche e toghe all’indossare pantaloni. Ma da dove arriva questo abbigliamento e perché Giulio Cesare, diversamente da noi, passeggiava per Roma con le gambe scoperte?
La moda dell’uso dei pantaloni proviene dalle popolazioni considerate barbare dagli antichi greci e dagli antichi romani. È stata proprio la vicinanza, lo scontro e il mescolarsi di queste popolazioni a permettere ai romani e ai popoli mediterranei di essere influenzati dalla cultura dei nomadi provenienti dal nord e dall’est Europa.
Una moda barbara
L’abbigliamento, la cura e l’estetica sono sempre stati parte del modo in cui gli esseri umani esprimono la propria personalità. Questo semplice concetto, valido per gli individui, è riscontrabile anche nella storia dei popoli.
Esattamente come oggi consideriamo il kilt – il pezzo di stoffa arrotolato in vita, simile a una gonna femminile – l’indumento maschile più rappresentativo della tradizione scozzese (nonostante sia stato inventato da un industriale inglese nel XVIII secolo) così nell’antichità un certo abbigliamento era rappresentativo dell’identità di un popolo.
I rappresentanti maschili degli antichi romani, come degli antichi greci, vestivano con tuniche e toghe, mentre i popoli barbari indossavano quelle che i romani chiamavano “bracae”.
Gli stessi autori latini infatti, all’atto di fondazione della città di Narbona, nell’attuale Francia meridionale, cominciarono a distinguere la Gallia togata, corrispondente all’attuale nord Italia, dalla Gallia bracata, l’attuale Francia del sud.
Era infatti l’abitudine di portare le “bracae”, quindi i pantaloni, che faceva della nuova provincia un luogo di barbarie, contrapposto al nord Italia dove invece era già in voga la toga, simbolo di civiltà.
Nella sua orazione Pro Manio Fonteio, Marco Tullio Cicerone, che difendeva in un processo l’ex governatore della Gallia Narbonense (quella che i romani chiamavano Gallia bracata), indicò proprio l’abbigliamento maschile tipico dei barbari come un segno della loro innata aggressività.
“Avete forse dei dubbi, signori giudici, sul fatto che queste popolazioni non solo nutrano, ma pure mettano in atto la loro naturale inimicizia nei confronti dello stato romano? Pensate che questi se ne vanno in giro tutto il giorno con i loro mantelli e i loro pantaloni, lanciando minacce per tutto il foro con il loro linguaggio barbaro”, si può leggere nell’opera classica di Cicerone.
I pantaloni erano così un simbolo di diversità, che identificava agli occhi dei romani tutti gli esseri incivili che non godevano della cultura classica.
La visione romana in proposito cominciò a cambiare appena un secolo dopo, quando lo storico Publio Cornelio Tacito, che nacque quasi 100 anni dopo la morte di Cicerone, descrisse i pantaloni come un’abitudine “esotica” dei Germani.
Tacito, continuava a utilizzare questo indumento maschile come un simbolo distintivo dei barbari, ma non lo considerava più un segno di inciviltà.
I cittadini romani maschi non indossavano tutti la toga, che era un indumento riservato a senatori, magistrati, sacerdoti e cittadini agiati, ma non portavano nemmeno i pantaloni.
L’abbigliamento maschile più comune nella Roma antica era rappresentato probabilmente da una semplice tunica che lasciava scoperte le gambe, il clima mediterraneo infatti non richiedeva necessariamente di indossare del tessuto dal ginocchio ai piedi.
Tuttavia, con l’espansione dell’impero e il mescolarsi dei popoli, cambiò anche l’abbigliamento maschile e questo fu dovuto soprattutto alle abitudini militari.
Le legioni integravano fin dall’epoca repubblicana unità di barbari che venivano affiancate ai soldati romani.
Queste unità erano chiamate “auxilia”, erano infatti nate con l’obiettivo di essere solo unità ausiliarie.
Con il declino dell’impero però e con la necessità di affrontare nuovi metodi di combattimento, sempre più barbari cominciarono a militare nell’esercito di Roma, finché, tra il III e il IV secolo d.C., si arrivò addirittura a vedere comandanti di origine germanica alla guida delle legioni.
All’aumentare della presenza di barbari all’interno dell’esercito di Roma, si impose così la moda di indossare i pantaloni, un indumento certamente più comodo per i freddi teatri di guerra del nord Europa.
La diffusione a Roma
Come tutte le innovazioni pratiche inventate in ambito militare – si pensi al GPS o a Internet – anche i pantaloni si diffusero rapidamente all’interno della società civile.
Alla fine del IV secolo, nel 397 d.C. questa usanza era diventata così diffusa nell’impero romano che i due fratelli Onorio, imperatore d’Occidente e Arcadio, imperatore d’Oriente, vietarono per decreto l’utilizzo di questo capo di abbigliamento.
Secondo il codice Theodosianus, la raccolta di leggi che prende il nome dal padre dei due imperatori, la pena per chi fosse stato scoperto indossare dei pantaloni era la confisca dei beni e l’esilio.
Questa norma però non va intesa come un tentativo di repressione culturale. Il decreto infatti aveva l’intento di impedire ai civili di indossare quello che era considerato un capo prettamente militare.
In un momento storico in cui gli imperatori erano continuamente minacciati da guerre civili, colpi di stato e rivolte, era fondamentale per chi deteneva il potere riuscire a identificare le possibili minacce.
Nonostante la minaccia alla loro diffusione rappresentata dai divieti imperiali, alla fine i pantaloni si imposero definitivamente come l’abbigliamento principale per gli uomini in tutto l’impero.
Gli storici non concordano sul perché questo avvenne, se per questioni culturali oppure meramente pratiche, eppure questa moda, nata sotto il segno dello scherno e come simbolo di inciviltà, si diffuse così tanto che oggi, alle stesse latitudini, le popolazioni che abitano l’Europa indossano ancora quelle che i latini chiamavano “bracae”.