Il lato oscuro di Telegram, dove gli utenti si scambiano foto di donne senza il loro consenso
Telegram non è come WhatsApp, e si sa. Quello che che ancora non si sa abbastanza è che le chat qui possono trasformarsi in un ricettacolo di depravati.
Perché non su WhatsApp? Perché Telegram è estremamente più sicuro dell’app di messaggistica che tutti abbiamo sullo smartphone. Questa sua prerogativa, però, se da un lato ci permette di scambiare messaggi senza troppe preoccupazioni, può nascondere un risvolto negativo. Telegram diventa così il nascondiglio perfetto per chi non vuole farsi scoprire. Così si scopre che esistono canali – grosse chat di gruppo in cui gli utenti con interessi comuni si ritrovano e si scambiano informazioni – in cui ci si passa foto e video di donne, senza il loro consenso.
Lo ha fatto vedere il programma di Mediaset Le Iene e lo spiega ancora meglio Wired che, infiltrandosi in queste comunità fingendosi “uno di loro”, ha fotografato la depravazione di certi utenti.
C’è un canale in particolare a destare l’attenzione del giornalista di Wired. Si chiama Canile 2.0 e non serve una laurea per capire che quello che ci si passa su quel gruppo è materiale relativo a donne. Anzi, a cagne. Perché è così che i mostri che si muovono in quel canale considerano le donne.
Attivo dal 2016, oggi il Canile conta 2.300 iscritti. È un canale crittografato: se non lo sai, non lo troverai mai. Ma anche cercandolo, la ricerca non porterà a niente. Per entrare, nemmeno bisogna specificarlo, serve un invito di uno che è già dentro.
“È tutto quello che ho”, scrive un tale dopo aver inviato la foto di una ragazzina. “È ancora minorenne, sta ora in secondo liceo”, spiega. Le minorenni pare siano particolarmente apprezzate sul gruppo. “W le minorenni maiale”, scrive un signore, “Mi fa salire il pedofilo”, scrive un altro.
L’amministratore del Canile manda una foto della sua ex e scrive che è del 2000, ma tranquilli tutti: la foto è vecchia, sarà almeno di quattro anni fa, quando la ragazza aveva appena 14 anni. “Mo mi arrestano”, aggiunge, per poi tornare indietro e accorgersi che è al sicuro su Telegram: “Per questo ho usato anonymize bot. Non si sa mai”. E no, non si sa mai.
A un certo punto, però, Wired riporta lo screenshot di un post che farebbe venire i brividi al più cinico maschilista. Un utente, vigliacco come pochi, che si nasconde dietro il nickname Danonimous e al posto dell’immagine profilo ha la solita banale maschera di V for Vendetta, scrive in un italiano al limite del leggibile: “Scusate se dico la mia ma perché ci sono questi rompicoglioni moralisti legalisti che sfracellano la michia con queste cazzate?.. Questo non si fa, questo è illegale.. Ma fottetevi mezze seghe! Telegram esiste apposta per fare tutto quello che è illegale e perverso, per dare libertà a tutti i nostri istinti porcellini.. Tutto quello che altrove viene censurato qui si fa! Altrimenti andate su facebook dove tutto è censurato. Le femmine sono soltanto carne da fottere e stuprare, da sbattere in rete punto e basta. […] Ma levatevi dai coglioni froci!”.
“Concordo con tutto quello che hai detto”, risponde l’amministratore, che aggiunge: “Si, stupriamole tutte ste troie!”.
Questi utenti non sanno che, anche se protetti da nickname, stanno perpetrando dei reati online. La pubblicazione di una foto sul web senza il consenso del soggetto è un illecito. E se la foto in questione crea un danno, l’autore rischia fino a tre anni di reclusione, secondo l’articolo 167 del codice della privacy. Se il reato invece è quello di diffamazione, si rischia da sei mesi a tre anni e una multa.
Ovviamente la situazione cambia se il soggetto della foto è un minore. In tal caso l’accusa diventerebbe di accusa di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. Pena: reclusione da uno a cinque anni e una multa che può arrivare a oltre 50mila euro.
I casi di “stupri virtuali” di minorenni sono raddoppiati dal 2016 al 2018, secondo i dati diffusi dalla polizia postale.
La cosa inquietante è che sono sempre più frequenti gli episodi di stalking e vere e proprie vendette sul web nei confronti di ex.
Su Telegram le chat come Canile 2.0 proliferano. È qui che gli stupri di gruppo online avvengono con più facilità. Un utente condivide un contatto sul gruppo: “Che vendetta dare il suo numero a 1000 lupi”, risponde un altro. “Quella stronza deve pagare il torto che mi ha fatto”, replica il primo.
Le “tecniche” utilizzate per ricavare foto e spammarle nei gruppi sono diverse. In molti banalmente cercano profili su Facebook e “rubano” foto di utenti. Poi le condividono sui vari gruppi.
La situazione può degenerare ancora e succede quando dal virtuale si torna nella realtà. Telegram diventa il posto perfetto per scambiarsi certe informazioni: “quanto è facile reperire del ghb da usare come droga dello stupro? Se fossi femmina avrei paura di bere dai bicchieri”. E continua: “Te lo tirano dietro, 200 euro e ti danno i litri, poche gocce ti bastano per fare quel che devi fa”.
La legge per punire il revenge porn non esiste in Italia. E, come precisa l’associazione Insieme in rete, senza una denuncia di reato si può fare poco, al massimo fare appello alla legge sulla privacy. Il problema, però, è più serio di quello che sembra, soprattutto se vede uomini violenti e ciechi coalizzarsi contro le donne.