Farsi tatuare per provare dolore
Quando lo scopo di una sessione per un tatuaggio non è l’estetica finale ma il dolore stesso potrebbe trattarsi di una delle opere del collettivo italo scozzese Brutal Black Project: un progetto nato dalla collaborazione di tre tatuatori Valerio Cancellier, Cammy Stewart e Phillip 3Kreuze.
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È risaputo che tatuarsi sia doloroso e che la sofferenza spesso rappresenti una barriera psicologica da superare durante una sessione di tatuaggi, ma, proprio per questo, i tatuatori sono molto attenti alla soglia del dolore del proprio cliente e cercano di rendere il processo il più confortevole e sopportabile possibile, facendo lunghe pause e, se necessario, dividendo l’operazione in più sessioni.
È decisamente anormale osservare qualcuno che si piega agonizzando per sfuggire alle penetrazioni dell’ago o, addirittura, vedere un corpo o un volto che si contorcono e si deformano per il dolore.
Ne tantomeno è molto comune cogliere un’allegria sadica nelle espressioni di un tatuatore mentre su quel corpo disegna con forza linee lunghe, spesse, veloci e volutamente pesanti, senza accennare a una pausa.
E invece tutto questo è possibile.
Concepita inizialmente proprio come una collaborazione estetica tra i tatuatori Valerio Cancellier e Cammy Stewart per realizzare lavori grafici veloci e caotici (Phillip si è unito al collettivo più recentemente), la coppia ha subito incontrato una connessione energetica unica, tanto da ricreare persino momenti ritualistici come la pseudo morte e rinascita simbolica durante le loro sessioni.
Così, anche se il tatuaggio rimane al centro del loro progetto, gli unici disegni che i clienti ottengono dai tre tatuatori sono lunghe linee scure e profonde incise sul proprio corpo.
“Quando lavoro normalmente, la cosa più importante è il risultato finale. Ma questo è completamente diverso per me. Non sto dicendo che questo tipo di tatuaggio sia per tutti, ma questo concetto fa a pezzi ciò che ritengo sia diventato il tatuaggio: una gomma da masticare di plastica, senz’anima, abbattuta dalla moda, dai media e dalla cultura popolare” commenta Cammy.
In effetti, se fino a qualche anno fa tatuarsi era un atto profondamente distintivo, oggi, svuotato dei significati simbolici originali è diventato un uso più che comune.
Addirittura, ciò che le persone che si tatuano ricercano negli ultimi anni, rifiutando e dimenticandosi della ritualità che aveva questo processo in origine, è proprio un prodotto artigianale di altissima qualità, spesso definito arte.
I tatuaggi rientrano in ciò che viene definito body modification, una pratica che racchiude in sé numerose tecniche e significati, tutti accomunati dal fatto di essere atti indelebili compiuti sul proprio corpo per valorizzarlo o potenziarlo.
Dai tatuaggi ai piercing alla ‘scarnificazione’ fino all’installazione di ‘impianti’ sottocutanei, la body modification è un fenomeno che deriva invece da quelli che erano originariamente antichi riti di passaggio e usanze tribali.
Il progetto Brutal Black Project ricerca e porta all’esasperazione questi processi dimenticati, concentrandosi quasi esclusivamente sul momento del dolore.
“Mi piace l’energia condivisa sia con i clienti che con i tatuatori, è davvero intenso per tutti, ma in senso positivo. A volte è bello spingerti un po ‘più in là di quanto pensi sia possibile, sia come artista sia per quanto riguarda la resistenza e la determinazione del cliente. Non esiste uno scopo finale, la vita è una serie di eventi, questo è solo uno di questi” spiega Cammy Stewart.
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Così, secondo il collettivo, il tatuaggio può aiutare a ritrovare le proprie radici e imparare che il dolore, come il piacere, può essere elaborato in qualsiasi modo si desideri. Non altro che un momento intenso in una vita per lo più piena di sentimenti ed emozioni che possono essere facilmente dimenticati.
“Un modo per spingersi di nuovo verso la propria natura tribale, una volta eri un guerriero: ricordalo. È facile diventare un automa nel mondo insipido in cui siamo costretti a esistere”, conclude il tatuatore.