La campagna per una “bellezza diversa” lanciata da una ragazza sopravvissuta a un attacco con l’acido
Il 35 per cento del suo corpo è stato bruciato quando le è stato lanciato addosso dell'acido a Zanzibar
La giovane britannica Kate Gee e la sua amica Kirstie Trup erano a Zanzibar, in Tanzania, nell’agosto del 2013 quando due uomini su un motorino hanno lanciato loro addosso dell’acido per batterie, allontanandosi poi in fretta.
Le due si trovavano lì per un progetto di volontariato, insegnando l’inglese ai bambini del luogo.
Il 35 per cento del suo corpo è stato bruciato dall’acido e la ragazza ha dovuto sottoporsi a una sessantina di operazioni per tornare ad una certa normalità. Ha perso, però, l’orecchio destro per sempre.
L’uso dell’acido per colpire volontariamente un altro essere umano provoca raramente la morte della vittima, ma ha effetti gravissimi sul corpo umano, spesso permanenti: chi getta l’acido contro qualcuno lo fa per menomarlo, sfigurarlo o accecarlo.
Cinque anni dopo, Katie ha 23 anni e ha ricominciato a far parlare di sé su Instagram (il suo profilo è @katiejgee). La ragazza ha lanciato una campagna, #SETTINGTHESTANDARD, per celebrare ogni tipo di bellezza al di fuori dagli standard imposti dalla società.
Lontana da quell’Instagram pieno di filtri dove le vite (e i corpi) degli altri sembrano perfetti, sotto l’hashtag creato da Katie si trovano quasi 24mila post in cui tantissime persone raccontano i propri difetti, reali o percepiti.
La giovane ha deciso di lanciare l’hashtag dopo che una pubblicazione a cui aveva raccontato la propria storia l’aveva descritta come “orribilmente sfigurata”.
“Io non mi considero orribilmente sfigurata. Come comunità dobbiamo aggiornare i nostri punti di vista e celebrare TUTTI i tipi di bellezza nei media: più inclusione, più diversità, meno ideologie, meno norme”, ha scritto su Instagram la ragazza.
“Credo che sia bellissimo che così tanta gente abbia partecipato”, ha detto Katie a The Independent, “spero che continui a diffondersi e a raggiungere più persone possibili”.
La speranza è che, ammettendo pubblicamente che tutti abbiamo qualche difetto, si allevino le pressioni che spesso proviamo stando sui social network e ci si accetti più.
“Vedere così tante persone coinvolte in un movimento del genere rende tutto più facile – è più facile riconoscersi negli altri. È un promemoria del fatto che non dovremmo credere a tutto quello che vediamo sui social media”, ha aggiunto Katie, che si è recentemente laureata in Sociologia all’Università di Nottingham.
Katie è anche attivista di Changing Faces, un’organizzazione benefica che aiuta le persone che, per un motivo o per l’altro, hanno visto il proprio corpo o volto cambiare.