Il corto animato che mostra come la routine quotidiana può distruggere la nostra vita
L'artista Valeria Dakhovich ha rappresentato la routine come un mostro che cresce dentro di noi di giorno in giorno, fino al punto in cui non siamo più in grado di liberarcene
Routine quotidiana | Il corto animato | Video
Un mostro che cresce lentamente, ogni giorno, ad ogni nostro gesto ripetuto in maniera stanca e svogliata, finché non siamo più in grado di liberarcene: la routine.
È questo il messaggio che vuole comunicare Valeria Dakhovich, un’artista che ha realizzato un corto animato intitolato, appunto, “Routine”.
Nel corto si ripercorrono le giornate sempre uguali di un impiegato: la sveglia, la colazione, il percorso in metro per andare al lavoro, l’occupazione meccanica che è chiamato a svolgere, il rientro a casa.
Tutto stereotipato, uguale a se stesso di giorno in giorno. L’uomo appare annoiato, privo di qualsivoglia emozione, e sopratutto maledettamente solo. Non parla con nessuno, non è circondato dal calore di amici o colleghi di lavoro. Non c’è felicità né soddisfazione nelle sue azioni.
A fargli compagnia c’è solo un’ombra, un piccolo mostro che cresce di giorno in giorno, man mano che la routine quotidiana prosegue nella sua immutabilità, fino a diventare enorme.
È qui che il protagonista del corto ha un sussulto di ribellione. Uscito di casa, accortosi delle dimensioni che il “mostro routine” ha ormai assunto, si volta verso di lui con aria di sfida.
Proprio in quel momento, però, si rende conto che non c’è più nulla da fare, che la routine ormai ha preso il sopravvento e non potrà mai più liberarsene.
L’immutabilità della vita è il cibo che nutre quel mostro, che cresce ogni giorno, finché non raggiunge il punto in cui dirige l’uomo, lo fa funzionare con una sorta di pilota automatico. A quel punto, semplicemente, è troppo tardi per cambiare.
Il corto rappresenta in maniera efficace un problema che affligge tante persone, sopraffatte da una vita incasellata in una serie di mansioni da ripetere meccanicamente e senza gioia, per la mera necessità di tirare avanti, portare a casa uno stipendio, fare ciò che la società impone di fare.
Ma, avverte questo corto, arriva sempre il momento in cui la parte autentica di noi stessi sente il desiderio di liberarsi e chiede il conto. Il rischio, come detto, è che a quel punto sia troppo tardi per poter cambiare, e che l’unico modo per sopravvivere consista nel reprimere nuovamente quel sussulto di libertà.
Ecco il corto animato di Valeria Dakhovich:
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