I ricordi sono versioni idealizzate di un passato che non è mai esistito
La memoria è una risorsa preziosa per costruire il futuro, ma può diventare una trappola se ci blocca in una nostalgia che ci impedisce di vivere il presente
Pensa al tuo primo ricordo. Probabilmente sarà abbastanza banale e risalirà a quando avevi all’incirca quattro anni. Il mio è questo: “Mi trovo in cucina, aggrappata con le dita al bordo del tavolo, cerco di sollevarmi verso l’alto quanto basta per riuscire a vedere la formica per la prima volta al livello dei miei occhi.”
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Un ricordo tutto sommato noioso, ma memorabile e – cosa molto più importante, ed è questo il motivo per cui è rimasto impresso nella mia mente – si tratta di un ricordo preciso e coerente.
C’è una narrazione chiara: ero riuscita a fare qualcosa per la prima volta, qualcosa che non ero mai stata in grado di fare prima. E aggrapparsi al tavolo di una cucina per riuscire a vedere una formica dritta negli occhi, a quell’età non può che essere considerata un’impresa memorabile. Ero riuscita a vedere il mio piccolo mondo in una nuova prospettiva.
Adesso invece pensa al tuo ricordo preferito. Ora, se sei come la maggior parte delle persone, non te n’è venuto in mente uno soltanto, ma diversi. Starai riesaminando/passando in rassegna vari ricordi della tua infanzia, dei tempi del liceo, di martedì scorso e starai cercando di stabilire quale tra questi abbia un senso, un significato, un valore per te oggi.
Potrebbe essere lo stesso ricordo preferito che hai avuto per anni, o potrebbe essere uno totalmente nuovo, ma una cosa è certa: prima di dirlo ad alta voce, lo avrai sottoposto a un ultimo rapido controllo di valutazione.
È così: prima di rispondere alla domanda “Qual è il tuo più bel ricordo?”, nella nostra testa esaminiamo un archivio di ricordi obbiettivi, ma inevitabilmente opteremo per una valutazione soggettiva di essi.
Sebbene l’essere umano abbia sviluppate abilità di calcolo, resta il fatto che non siamo delle macchine. Questo significa che non possiamo arrivare alla risposta definitiva del più bel ricordo di sempre.
Infatti potresti aver dimenticato il tuo più bel ricordo, o la cosa più bella che ti sia mai successa, e così ti aggrapperai a qualcosa di simile, che rientri nella categoria, che ti faccia comunque provare un senso di nostalgia.
È questa debolezza della mente umana che fa proprio della nostalgia un potere, ma che al tempo stesso la rende anche un’emozione problematica. Un ricordo può farci sentire grandiosi, fin quando non svanisce. Puoi ricordare gli abbracci di tuo padre, fino a quando non ricordi anche gli schiaffi che ti ha dato, o magari il fatto che sia morto.
Puoi ricordare il giorno del tuo matrimonio, e poi mezzo secondo dopo che sei divorziato. La parola nostalgia deriva dal greco: nostos “ritorno a casa” e algos che significa “dolore”. Il dolore del ritorno. Certo, alcuni ricordi sono sicuramente gioiosi, ma ogni volta che ci viene chiesto di ripensare ai momenti felici, inevitabilmente andiamo a scovare quelli che fanno riemergere il dolore. Non potremmo funzionare diversamente.
Ma questo lato individuale della nostalgia non costituisce la parte problematica. La difficoltà nasce quando la nostalgia diventa un affare sociale, quando la nostra storia ci viene riproposta in una forma idealizzata e ci si ritrova in una sorta di farsa del presente, dove le lezioni più dure della storia sono messe da parte e ricoperte da una patina luccicante.
Per esempio la nostalgia dei “simpler times” nell’America degli anni ’50, può condurre a quel tipo di nazionalismo dell’uomo bianco che abbiamo visto all’opera nella campagna elettorale e nella presidenza di Donald Trump. “Make America great again” è la missione del presidente, nostalgico forse di quegli anni. Il suo movimento ignora volutamente i grandi passi significativi per l’uguaglianza che sono stati compiuti nel corso degli ultimi sessant’anni.
Ed è lì che il ricordo – se diretto, o trasmesso dagli anziani o dalla cultura pop – può essere più soggettivo e veritiero. Nonostante il presente talvolta possa sembrarci insoddisfacente, dobbiamo riflettere sul fatto che le persone che vivevano in quei “simpler times” in realtà avevano minor accesso all’istruzione, alle cure sanitarie, meno agevolazioni economiche e progresso sociale rispetto ai giorni nostri.
È un po’ come quando cediamo al falso mito che si stava meglio in passato, senza pensare che in realtà, un tempo, la maggior parte della popolazione era composta prevalentemente da modesti contadini e che si poteva morire di malattie alla nascita.
La nostalgia per un luogo o un tempo al quale non possiamo più far ritorno è qualcosa che si insidia nel nostro presente e che influisce anche nel nostro rapporto con gli altri, isolandoci. Invece che goderci e vivere le emozioni reali del nostro presente, siano esse di gioia, dolore o noia, cediamo alla trappola della nostalgia e ci facciamo cullare da questo dolce dolore che ci porta a desiderare di tornare in circostanze passate che non potranno più ripetersi, e che forse mai veramente sono esistite.
Non c’è nulla di sbagliato nel ricordare, al contrario, la memoria collettiva sta alla base della civiltà. Il mio primo ricordo significativo (l’episodio della formica) definisce chi sono oggi. E al tempo stesso un ricordo personale legato alla famiglia, agli amici e ad altri momenti speciali, è parte di ciò che costituisce la nostra persona e il nostro senso di identità.
Desiderare di far ritorno al passato – o meglio, desiderare una versione idealizzata di un passato che non è mai esistito – ci allontana invece dal confronto con le nuove sfide e le nuove opportunità che ci offre il presente. Il passato non è un’opzione.
La nostra cultura è in parte colpevole di aver incrementato progressivamente questa trappola della nostalgia. Dalle videocassette “I love the ‘90s” ai quiz virali di Buzzfeed sui ragazzi degli anni Ottanta, dalla riedizione di Star Wars all’universo Marvel e i suoi infiniti film sui fumetti.
I mass media sembrano determinati a spingerci verso il passato. Come le celebrazioni degli anniversari di amicizia su Facebook, particolarmente strani, dal momento che includono solo il tempo in cui le persone sono state amiche sul social network, ma non nel mondo reale. Tutti questi fenomeni soffocano lo sviluppo di nuove culture, nuove connessioni, nuove idee e nuove esperienze.
E allora come si affronta questa trappola della nostalgia? Come molte altre trappole, la prima cosa da fare è prendere consapevolezza della sua esistenza. La seconda è comprendere che ci si è dentro. Pochi se ne rendono veramente conto.
E allora qual è la soluzione? Per quanto possa sembrare paradossale, la via d’uscita è ricordare. Ricorda di tutto, il bello e il brutto. Inizia un nuovo paragrafo quando ti abbandoni ai ricordi dei vecchi tempi, anche se non sai come andrà a finire. Studia attentamente la storia, così da non fraintendere o idealizzare. Pensa a quanto è bello imparare qualcosa di nuovo e creare un nuovo ricordo e una nuova memoria.
La nostalgia deve essere vista come un privilegio. L’idea che non ci sia niente nel nostro reale o immaginario passato a cui possiamo tornare significa che siamo stati fortunati in questo mondo. Quindi, invece di guardarsi indietro e contare le nostre fortune accumulate – reali o immaginarie – dovremmo rivolgere i nostri sguardi in avanti e pensare a come creare un presente e un futuro che un giorno potremmo ricordare, senza il bisogno di addolcirlo, e che sarà sicuramente meglio di quello che abbiamo vissuto in passato.