Perché le prime lettere della tastiera che usiamo tutti i giorni sono QWERTY?
Il 12 settembre 1873 Christopher Sholes, uno degli inventori della macchina da scrivere, commercializzò per la prima volta una macchina con una tastiera identica a quelle che usiamo tutti i giorni
Il 12 settembre 1873 è entrata in commercio la prima macchina da scrivere con una tastiera QWERTY, la stessa utilizzata dalla maggior parte dei computer del mondo.
L’invenzione di questo schema dattilografico si deve a Christopher Sholes, uno dei padri della macchina da scrivere. Ma perché Sholes decise di usare proprio queste lettere, senza seguire la sequenza dell’alfabeto?
In realtà l’inventore che sarà poi eletto anche senatore del Wisconsin tentò in prima battuta di seguire la sequenza dell’alfabeto. Il problema con cui si scontrò Sholes fu la difficoltà di collegare tutte le lettere della tastiera al meccanismo che permetteva di “battere” il testo sul foglio.
Le macchine da scrivere erano infatti strumenti piuttosto piccoli rispetto ad altri in uso all’epoca, l’era della miniaturizzazione non era ancora iniziata, ma Sholes era riuscito a inserire decine di collegamenti meccanici nello spazio di una scatola di pochi centimetri.
Furono proprio queste difficoltà a spingere l’inventore statunitense a passare a un sistema di scrittura che privilegiasse la semplicità dei collegamenti meccanici interni alla macchina, piuttosto che la sequenza alfabetica delle lettere.
Una macchina da scrivere che semplificasse la trasmissione dei caratteri dalla tastiera al foglio aveva il vantaggio di ridurre il rischio che lo strumento si inceppasse.
Quest’invenzione nasconde infatti un complicato sistema meccanico di molle, leve e nastro per l’inchiostro che devono convivere con la rapidità di battitura di chi scrive. L’inventore statunitense decise di coniugare diversamente la comodità di questo strumento con la sua efficienza.
Sholes inserì così all’interno della propria tastiera due barrette orizzontali in rilievo in corrispondenza delle lettere “F” e “J” dove il dattilografo potesse poggiare i due diti indici della mano destra e della sinistra per poi raggiungere mnemonicamente tutti gli altri tasti.
Come ha fatto però questo schema di tastiera a giungere fino ai giorni nostri? Il comico britannico Stephen Fry, in un programma radiofonico della BBC, descrisse infatti il computer con la tastiera QWERTY come un “aereo di ultima generazione trainato da somari, anzi da cammelli”.
La risposta a questo quesito riguarda la standardizzazione. Sholes concluse un accordo con la statunitense Remington Rand Corp. che diventerà poi una delle prime aziende produttrici di computer al mondo.
L’idea dell’azienda era quella di smettere di vendere macchine da scrivere con tastiere personalizzate e produrre in serie strumenti a cui tutti i dattilografi potessero adattarsi. Nonostante l’azienda non riuscì a superare gli anni Sessanta, questa invenzione ebbe un successo enorme.
In breve tempo così, la tastiera QWERTY divenne il principale schema utilizzato nella maggior parte delle lingue occidentali per battere a macchina e poi per scrivere al computer.
Questo tipo di invenzione non è però “ergonomica” secondo Koichi Yasuoka, professore all’istituto di ricerche umane dell’Università di Kyoto. Pochi sanno infatti che esistono tipi di tastiera più comodi e che permettono a chi scrive di farlo anche più velocemente.
Il 12 maggio 1936 August Dvorak, uno psicologo e insegnante statunitense, brevettò un altro tipo di tastiera, i cui primi sei caratteri erano composti dall’apostrofo, dalla virgola, dal punto e poi dalle lettere PYF.
Quest’invenzione effettivamente permette a chi scrive di comporre un numero maggiore di caratteri al minuto rispetto alla tastiera inventata da Sholes nel XIX secolo. Nel 2006 poi una versione modificata di questa nuova invenzione, denominata Colemak, risultò essere ancora più efficiente, eppure quasi nessuno dei produttori di tastiere del mondo ha scelto di sostituire la tastiera QWERTY.
La forza dell’invenzione di Sholes è dovuta proprio alla standardizzazione. Se infatti un operatore avesse bisogno di un sistema di scrittura più veloce, utilizzerebbe il metodo stenografico.
Questo metodo di battitura, utilizzato nelle aule dei tribunali come in quelle parlamentari con una macchina composta da 22 tasti che ricorda per forma un piccolo organo, garantisce infatti la scrittura di tre parole al secondo.
Ma il metodo stenografico, a differenza della tastiera QWERTY, è difficile da imparare e richiede una professionalità di cui l’invenzione di Sholes non ha necessità. La sua enorme diffusione poi garantisce alle aziende produttrici di tastiere di non doversi preoccupare di un’eventuale diminuzione delle vendite dovuta a un cambiamento che andrebbe contro i desideri dei consumatori.
Insomma, le persone sono troppo abituate alla tastiera QWERTY per cambiare.