Perché ci sembra di essere sempre stanchi?
La risposta potrebbe risiedere nei cosiddetti ritmi circadiani, un orologio biologico interno che organizza le attività del nostro corpo per tutta la nostra giornata
Ci sono casi in cui svegliarsi presto o riuscire ad addormentarsi non troppo tardi diventa particolarmente arduo, e capita di chiedersi il motivo di tanta stanchezza immotivata.
La risposta, come rivela in un articolo sul sito Quartz il professor Giles E. Duffield dell’Università di Notre Dame, Stati Uniti, potrebbe risiedere nei cosiddetti ritmi circadiani, un orologio biologico interno che organizza le attività del nostro corpo per tutta la nostra giornata.
Questo orologio umano può esssere influenzato da diversi fattori, in parte legati all’ambiente e in parte genetici: tra i primi, ad esempio, c’è la quantità di luce a cui siamo esposti (sia solare che elettrica), che per esempio favorisce il sonno in caso di buio e ci tiene più reattivi quando invece percepiamo che è ancora giorno.
Il professor Duffield, insieme al suo gruppo di ricerca presso l’Università di Notre Dame, si occupa di studiare i meccanismi molecolari di questi orologi cellulari, cercando di capire come i geni e le proteine controllano i ritmi delle nostre funzioni corporee sulle 24 ore della giornata, e tentando di scoprire nuove terapie per aiutare chi soffre di disturbi legati al sonno e all’affaticamento.
Sono almeno 15 i geni che gestiscono gli ingranaggi dei meccanismi circadiani, dunque ogni persona può presentare profonde differenze circa i propri ritmi sonno-veglia, facendo sì che alcuni di noi siano più mattinieri e altri tendenti a fare le ore piccole.
In realtà però gli “orologi” circadiani sono presenti in quasi tutti gli organi del nostro corpo, e quando questi sistemi non sono sincronizzati tra loro, per esempio quando si è sottoposti al jet lag o a turni di lavoro variabili, possono incorrere problemi metabolici perché i tempi dei processi tra gli organi non sono più correttamente coordinati.
Proprio per questo motivo, come rivelato nell’articolo su Quartz, il team di ricercatori dell’Indiana ha pubblicato sulla rivista scientifica Cell uno studio in cui, modificando le funzioni di un gene, gli effetti del jet lag potrebbero essere ridotti, facilitando l’adattamento a un nuovo fuso orario.
Nell’attesa che i risultati degli esperimenti del prof. Duffield possano essere adottati su larga scala, ci sono però alcune accortezze che è già possibile avere per evitare fastidi legati ai ritmi circadiani: per esempio, evitare di utilizzare dispositivi elettronici come smartphone subito prima di dormire, in quanto l’esposizione alla luce non facilita il sonno, ma anzi confonde il corpo.
Allo stesso modo, lavorare o svegliarsi senza una fonte di luce è negativo, in quanto il corpo, nonostante l’ora possa essere quella giusta, potrebbe non avere la percezione di doversi attivare senza un’adeguata illuminazione.
Da questo punto di vista, tutto è cambiato con l’avvento dell’illuminazione elettrica nella seconda metà del Diciannovesimo secolo: se fino ad allora i nostri ritmi di vita erano strettamente collegati ai ritmi naturali del giorno e della notte, da quel momento in poi il buio è stato sempre meno un ostacolo alle attività umane.
Il risultato è che oggi, dopo più di cento anni da quest’innovazione, la maggior parte delle persone sia sottoposta a troppa poca luce durante il giorno e troppa durante la notte, questo perché è difficile che si dorma in una camera da letto completamente buia e che si passi la maggior parte della giornata all’aperto, se si lavora in ambienti chiusi.
Un altro buon metodo per evitare danni dovuti ai ritmi circadiani è quello di mantenere una routine quanto più possibile fissa sui propri orari, così da evitare che, come nel caso estremizzato del jet lag, il proprio corpo finisca per essere confuso sui tempi da dedicare alla veglia o al sonno.