Cos’è che ci sta rendendo tutti sempre più infelici
L'Italia risulta il paese occidentale in cui gli adolescenti sono più infelici, ma neanche la situazione negli Stati Uniti è così rosea
Il benessere generale degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni che vivono nei paesi occidentali più ricchi è calato molto dal 2010, e nel 2017 un bambino su quattro ha dichiarato di soffrire di disturbi mentali.
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A dimostrarlo è un rapporto Unicef, all’interno del quale l’Italia risulta il paese occidentale in cui gli adolescenti sono più infelici: il 36,5 per cento – più di uno su tre – degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni ha affermato di avere il morale basso ogni settimana, di essere irritabile o nervoso, e di avere disturbi del sonno.
Questi dati non comprendono altri paesi ricchi quali gli Stati Uniti, l’Australia e la Turchia, ma anche lì la situazione non è così rosea: gli studi concernenti il livello di benessere statunitense tra i giovani della Generazione Z – o iGen, i nati dalla seconda metà degli anni Novanta in poi – indicano un declino nella loro salute mentale, a causa della maggiore diffusione di disturbi come depressione, autolesionismo e suicidio.
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Inoltre, l’iGen è caratterizzata da una minore autostima e sicurezza di sé, rispetto alla generazione dei millennials, ottimisti e costantemente positivi.
Un’analisi di The Conversation, basata su un milione di adolescenti statunitensi, ha cercato di individuare il motivo di tale abbassamento del livello medio della felicità, e dunque quali attività svolte nel tempo libero fossero correlate con la felicità, e quali no.
Per realizzare l’analisi, sono stati presi in considerazione i dati di MTF, dai quali è emerso che gli adolescenti che passano il proprio tempo libero all’aria aperta, escono con gli amici, praticano qualche sport, svolgono servizi di volontariato o religiosi, fanno i compiti o leggono, sono i più felici.
Al contrario, i ragazzi che spendono la maggior parte del loro tempo su internet, giocando al computer, usando i social network, scrivendo messaggi o comunicando attraverso video chat, guardando la televisione, sono molto più infelici dei primi.
Il risultato è un divario piuttosto ampio tra una categoria di adolescenti e l’altra, tant’è che i ragazzi che passano più di cinque ore di fronte a uno schermo hanno il doppio delle probabilità di essere infelici di chi ne passa meno di una.
A questo punto si potrebbe pensare che le persone infelici preferiscano passare il proprio tempo libero in solitudine di fronte a uno schermo, qualsiasi esso sia, ma un esperimento ha dimostrato il contrario, e cioè che è il troppo tempo dedicato alla tecnologia a causare l’infelicità, e non viceversa.
L’esperimento prevedeva che i partecipanti smettessero di utilizzare Facebook per una settimana. Alla fine del periodo di prova le persone che avevano abbandonato i loro profili social risultavano più felici, meno sole e meno depresse rispetto a chi aveva continuato a usarli.
A quanto pare, dunque, l’infelicità è legata a doppio filo con la tecnologia, considerato soprattutto il fatto che tra il 2006 e il 2016 il tempo che passiamo online è raddoppiato e l’82 per cento degli adolescenti usa i social network tutti i giorni, cioè il 51 per cento in più rispetto al 2008.
Questo discorso, però, non vale solo per i più giovani, ma anche per gli adulti.
Uno studio di SAGE dichiara che i trentenni di oggi sono meno felici rispetto a quindici anni fa, senza contare che fanno meno sesso.
La CNN inoltre dichiara che i giovani adulti statunitensi passano più di 10 ore al giorno davanti a uno schermo. E con ogni probabilità, le cose sono collegate: ormai si passa molto meno tempo a socializzare in maniera diretta, e questo include anche i partner sessuali.
Comunque sia, dai vari studi realizzati sul tema emerge anche un altro dettaglio importante: gli adolescenti che non usano affatto la tecnologia sono leggermente più infelici di quelli che la usano con moderazione.
Le persone più felici, insomma, risultano essere quelle che non disdegnano in toto passare del tempo davanti a uno schermo, ma non tutto il tempo.
La durata più adatta sarebbe meno di un’ora al giorno, per poi uscire a fare qualcos’altro.