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La rivoluzione dei monopattini: così cambia il nostro modo di spostarci in città

Immagine di copertina
Credit: Afp/Federico Gambarini/dpa

Hoverboard, segway, monopattini elettrici e monowheel stanno trasformando la mobilità. Ma il nuovo decreto Toninelli, che ne regolamenta l'utilizzo, non piace ai Comuni

La rivoluzione dei monopattini

Se alla stazione Termini una macchina Enjoy non resta in sosta più di 6 minuti prima di essere noleggiata, tra poco a contendersi il primato arriveranno anche i monopattini elettrici. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale prende ufficialmente inizio da parte dei Comuni italiani la sperimentazione del decreto Toninelli che attua una norma dell’ultima Legge di Bilancio che dà avvio alla cosiddetta micromobilità elettrica, ovvero alla circolazione su strada di hoverboard, segway, monopattini elettrici e monowheel, oggi non previsti dal codice della strada.

È lo stesso ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, a commentare a TPI l’inizio di questa nuova era per la mobilità cittadina: “Prende avvio, grazie alle nostre riforme, la rivoluzione dell’intermodalità urbana e della mobilità dolce, che a breve cambierà il modo di spostarsi di tanti di noi e persino il volto delle nostre città”, dice il ministro. Il decreto arriva, come dice il ministro, ad aggiungere altri mezzi di trasporto ecologici alla mobilità urbana che è sempre più condivisa e meno di proprietà.

Come cambia il nostro modo di spostarci in città

In Italia, nel 2018 si sono registrati 33 milioni di spostamenti su mezzi in condivisione, in media 60 al minuto, il doppio del 2015. A contarli è stato l’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility, l’organismo nato nel 2015, promosso dal Ministero dell’Ambiente, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con l’obiettivo di creare una piattaforma di collaborazione tra istituzioni pubbliche e private, operatori di mobilità condivisa e mondo della ricerca per analizzare, sostenere e promuovere il fenomeno della sharing mobility in Italia.

Durante la terza Conferenza nazionale della sharing mobility che si è svolta lo scorso giugno a Roma, sono stati diffusi i numeri di un settore che continua a registrare un trend in crescita nelle città, dove i cittadini rispondono in maniera positiva di fronte all’apertura dei nuovi servizi. In assoluto, nelle flotte condivise sono disponibili 7.961 auto, 2.240 scooter in sharing e circa 36.000 bici, anche se in quest’ultimo caso si registra un calo dei mezzi disponibili a causa di alcune società che hanno abbandonato il mercato lasciando alcune città, come Roma, senza il servizio di bike.  La rivoluzione ha coinvolto 271 Comuni dove sono attivi complessivamente 363 sevizi di mobilità condivisa per un totale di 5,2 milioni di iscritti (anche se spesso gli utenti sono iscritti a più servizi di sharing).

Negli ultimi anni, poi, oltre ai servizi offerti dalle grandi società, si è fatta strada anche un’altra forma di sharing: quella degli utenti che condividono tragitti con auto private come il caso di Blablacar o il carpooling aziendale che permette di condividere il trasporto da/verso il lavoro tra colleghi. Il comparto oggi conta in Italia appena 17mila iscritti e 1.600 auto, ma secondo l’Osservatorio potrebbe offrire grandi vantaggi e una maggiore elasticità per gli utenti abituati a condividere ogni giorno lo stesso tragitto.

In un mondo che cambia, cambia anche il modo di muoversi soprattutto tra le nuove generazioni, dove il possesso della macchina non rappresenta più uno status symbol e i costi derivanti dal possesso di un mezzo sono per alcuni non sostenibili.

Tuttavia, secondo un’analisi condotta da Deloitte, per 6 italiani su 10 spostarsi è ancora una fonte di preoccupazione quotidiana, con impatti sul tempo libero. E sebbene l’auto privata sia ancora il mezzo di trasporto preferito dagli italiani, aumenterà nei prossimi tre anni l’utilizzo dei nuovi servizi di mobilità purché vi sia: convenienza economica, facilità di accesso al servizio e chiarezza dell’offerta.

Secondo alcune ricerche condotte dall’Aci, gli effetti di questa rivoluzione urbana già si vedono nella vita pratica: infatti sono molte le famiglie che hanno rinunciato alla seconda auto, affidando parte degli spostamenti ai mezzi condivisi, risparmiando centinaia di euro l’anno tra assicurazione, manutenzione e rifornimenti delle vetture private.

Il decreto Toninelli che non piace ai Comuni

Le norme volute dal ministro Toninelli vanno proprio in questa direzione. L’immissione di monopattini elettrici, hoverboard, segway e monowheel nel traffico urbano sarà consentita, previa delibera comunale, su aree pedonali, percorsi pedonali e ciclabili, su corsie riservate e zone con limite di velocità di 30 chilometri orari. Ai Comuni spetterà quindi il compito più difficile: quello di individuare le zone di circolazione per questo tipo di veicoli e accollarsi i costi della nuova segnaletica. Ma non sono molti gli enti locali che hanno preso sul serio l’invito arrivato dal governo, perché non tutti sono in grado di sostenere spese nei bilancio.

Mostra prudenza l’assessore alla Mobilità del Comune di Firenze, Stefano Giorgetti, che interpellato da TPI mostra le sue perplessità sull’attuazione del decreto: “La valutazione deve tenere conto dei benefici ma anche delle problematiche che vengono evidenziate nelle altre città dove è già in atto questo tipo di sperimentazione. Quando avremo un quadro più completo, la Giunta deciderà”, dice.

Secondo l’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility è Milano la città campionessa di sharing con circa mille scooter e una flotta di circa 14mila biciclette con un rapporto di una ogni 100 abitanti: a breve sarà presentata al Consiglio comunale meneghino una delibera attuativa del decreto ministeriale. TPI ha chiesto un commento sulle novità introdotte dal governo all’assessore alla Mobilità del Comune, Marco Granelli, che ha seguito l’iter del decreto fin dalla sua fase preparatoria.

“Il ministero è stato molto prudente e ha scelto la via della sperimentazione con un atteggiamento rigido, lasciando ai Comuni il compito di individuare dei percorsi. Non mi interessa fare un tratto, ma che il monopattino possa spostarsi ordinariamente nei percorsi quotidiani e non una cosa per il turismo (come a Rimini)”, spiega. “Ci è dispiaciuto che nel decreto abbiano inserito l’obbligo della segnaletica. Quando nel codice della strada si è detto che le biciclette potevano andare nelle zone pedonali non si è chiesto di cambiare tutti i cartelli delle zone pedonali. Questa cosa per Milano vuol dire 200 cartelli minimo e circa 300mila euro di spesa, più le ordinanze e i pali. Questo complica parecchio le cose”.

Tuttavia, la circolazione di questi nuovi mezzi nelle strade pone degli interrogativi sulla sicurezza e sull’opportunità di introdurre delle assicurazioni da attivare in caso di incidenti. Su questo l’assessore Granelli mostra prudenza, ma ricorda: “Il monopattino non è un giocattolo, bisogna rispettare il codice della strada. In alcuni paesi hanno introdotto la targa per la bicicletta, io credo che sia un tema sui cui riflettere, perché ricordiamoci che siamo in strada e può accadere che questi mezzi sono coinvolti in sinistri”.

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