Mika: “Gay a 13 anni, quel giorno in bagno in cui capii tutto”
Mika: “Gay a 13 anni, quel giorno in bagno in cui capii tutto”
Mika a 13 anni aveva già capito di essere gay. Non è facile, nel mondo in cui viviamo, rivelare la propria omosessualità. Non è facile nemmeno ammetterlo a se stessi. La pop star libanese-britannica a 13 era già consapevole di chi era. E un giorno, chiuso in bagno, decise chi sarebbe diventato.
Mika ne ha parlato in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera in vista del lancio del suo nuovo album Il mio nome è Michael Holbrook, in uscita il 4 ottobre.
“Ricordo ancora il momento chiave. Avevo 13 anni. Ero in bagno, ormai consapevole della mia omosessualità”, racconta. “Era un gigante, un mostro chiuso nel mio armadio. Mi sono chiesto come avrei fatto a essere me stesso, a cercare quello che mi attrae nella vita, senza finire male. Mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: o riesco a diventare uno di enorme successo o sono morto”.
“Da quel giorno”, dice Mika, “ho cominciato a combattere tenacemente per diventare un artista importante. Duro, perfino maniacale anche con me stesso, per conquistare un successo che per me significava libertà, salvezza. Così oggi posso parlarti di quel giorno in bagno e dei miei mostri nell’armadio senza vergogna”.
“Quando ero vittima dei bulli resistevo grazie a un pensiero fisso: un giorno questi che adesso mi perseguitano verranno ad applaudirmi ai concerti. Beh, è successo”, sorride.
Mika racconta di aver vissuto negli ultimi anni una fase “di crisi di creatività”. Con Il mio nome è Michael Holbrook, confessa, “sono andato a cercare ispirazione nei miei anni giovanili. Tornando a immergermi nelle gioie ma anche negli incubi di un’ infanzia comunque difficile. Lo scontro coi professori, l’espulsione da una scuola di Londra, il bullismo. La spinta al successo, la ricerca della perfezione è cominciata qui”.
“Mi è piaciuto fare televisione, mi ha dato molto”, dice Mika. “Ma la tv è anche una gabbia: regole, complessità, vincoli organizzativi che uccidono la creatività. Per questo ho deciso di bruciare la mia identità televisiva. E per cambiare, per ritrovare me stesso, non potevo che tornare indietro: riscoprire la mia famiglia, i profumi, le emozioni e anche gli incubi della mia adolescenza”.