“I miei 4 giorni di silenzio assoluto nell’hotel monastero: cellulari spenti e divieto di conversazione”
“Tre anni fa ho deciso di provare il mio primo ritiro silenzioso”. Inizia così il racconto di Irene Maria Scalise, giornalista di La Repubblica, sulla sua esperienza nell’eremo laico Eremito, a Parrano, in Umbria.
“Dopo varie indagini ho capito che non ero pronta per un’esperienza estrema come dieci giorni di mutismo assoluto. E ho scelto una soluzione intermedia: quattro giorni in un hotel monastero dalle norme non troppo punitive. Il nome, Eremito, era una garanzia”, spiega ancora la giornalista.
“Queste le regole: obbligo di spegnere i cellulari, divieto di conversare nella zona notte e silenzio durante i pasti. Assoluto. Dopo poche ore ero alla finestra cercando d’intercettare un segnale con il telefono. A distanza di tre giorni ero felicissima”, racconta Scalise.
“L’Eremito si trova in Umbria e la strada per raggiungerlo è sterrata. I miei compagni avevano età varie. Dopo una breve presentazione ci siamo trovati ad affrontare la prova più difficile: la cena. Uno scampanellio ha annunciato la fine del diritto di parola. Il refettorio era d’atmosfera: tavoli in legno e candele accese. Sedersi senza banalità del tipo ‘Vai tu per primo’ o ‘Preferisci guardare fuori?’ creava una galanteria muta genere Ridolini”, continua la giornalista.
A servire la cena erano due camerieri, “silenti come sfinge”, scrive la giornalista, ma guai a ringraziarli: la regola severa del divieto di conversazione lo vietava. L’autrice del racconto cerca di rispettarla immergendosi nella sua immaginazione e fantasticando sulla vita dei suoi commensali. Senza chiedere, ovviamente.
“Sgranocchiare il pane provocava una eco clamorosa. Per non parlare del coltello sul piatto. Dopo un’ora il suono della campana ci ha reso liberi. Dialogare, a quel punto, sembrava superfluo. Ci siamo salutati piombando nel silenzio delle celle”, racconta ancora la giornalista.
All’inizio non è stato facile abituarsi al silenzio, alle regole, alla lontananza dal mondo frenetico: “Il sogno di tutti è dormire in un’oasi di pace? Non illudetevi. Mi sono rigirata nel letto come un’ossessa chiedendomi perché fossi finita in quella prigione silenziosa. Sotto il cuscino il maledetto cellulare inutilmente acceso”.
“Una notte infernale”, spiega Scalise, che precisa però che “dal secondo giorno, la strada si è fatta in discesa. I pasti, da prove terrificanti, hanno cominciato ad essere un piacere. Il sonno è arrivato ristoratore. Il momento di parlare si è trasformato in una innaturale condizione rispetto al silenzio. L’ultima colazione l’ho fatta pensando che dal pasto successivo avrei parlato. E, improvvisamente, ho sentito quanto ero felice così. In silenzio”, conclude il racconto la giornalista.